Le Zone Economiche Speciali (ZES) sono una delle iniziative più innovative per il Mezzogiorno dell’ultimo decennio. Il recente provvedimento del Governo, su proposta del Ministro Fitto, ha modificato ancora le ZES rispetto al loro obiettivo originario. È utile fare il punto sugli obiettivi cui puntavano le ZES, su come questi obiettivi siano stati perseguiti o drasticamente contraddetti, e su cosa si può fare oggi. Obiettivo delle ZES era il rilancio delle esportazioni dai grandi porti nelle aree in ritardo di sviluppo del Sud.

L’OBIETTIVO ORIGINARIO DELLE ZES PORTUALI

Bisogna partire da 10 anni addietro, con la pubblicazione Doing Business 2014, predisposta dalla World Bank, che evidenzia come fattore decisivo per l’export di un Paese il tempo per effettuare un’esportazione. A partire dallo studio della World Bank, nel 2014 la Presidenza del Consiglio predispone un documento, Iniziativa di studio sulla portualità italiana, in cui vengono riportati i tempi per l’esportazione da paesi europei e mediterranei. I tempi ottenuti come media tra i diversi porti di ogni Paese, sono impietosi per l’Italia. Infatti risultano: 19 giorni per l’Italia, 9 per la Germania, 7 per l’Olanda. Cioè in Italia si impiega più di due volte il tempo della Germania e quasi tre volte quello dell’Olanda.

L’abbattimento dei tempi è fondamentale nella competizione internazionale. I grandi porti container del Sud, come Augusta, Cagliari, Gioia Tauro, Salerno, Taranto, partecipano alla competizione se hanno gli strumenti per abbattere questi tempi. Su questa base nel 2015, viene discussa con Bruxelles da alcune Regioni del Sud, e poi presentata al Parlamento la proposta di legge per le ZES. Elemento cardine è l’art 6 in cui si afferma il ruolo portante che deve avere l’Autorità Portuale. L’obiettivo è dare poteri al Presidente per abbattere i tempi per l’esportazione. Ai poteri tradizionali, che riguardano la velocizzazione dei tempi delle navi, bisogna aggiungere poteri che riguardano le merci che sbarcano e che, dopo le lavorazioni, devono essere imbarcate.

Bisogna concentrare nel Presidente tutte le firme necessarie per esportare un container. Altro elemento è la delimitazione della zona industriale connessa con il porto in modo che le merci possano essere identificate, tracciate, velocizzate. Il Ministro per il Mezzogiorno De Vincenti riprende la proposta di legge della Regione Calabria e nel 2017 la trasforma in legge nazionale. Nel 2018, il Ministero emana il Regolamento ZES, rafforzando il ruolo dell’Autorità Portuale: viene istituito un Comitato di indirizzo con a capo il Presidente e vengono delegate tutte le funzioni gestionali al Segretario Generale. I Presidenti devono continuare a lavorare ad efficientare i tempi delle navi, e possono, con i nuovi poteri, lavorare per abbattere i tempi delle merci.

LE ZES ODIERNE DEL MEZZOGIORNO

I Governi successivi intervengono sulle ZES ridisegnandone alcune norme, smontando piano piano il percorso per il perseguimento dell’obiettivo originario di abbattere i tempi, sino a farle diventare un’altra cosa. Il Governo Conte 1 mette a disposizione altri 300 milioni per le ZES, ma non continua con il credito di imposta. Con il Governo Conte 2 viene inserito un pesante elemento distorcente rispetto all’obiettivo originario: viene nominato un Commissario di Governo a presiedere il Comitato di indirizzo in una persona diversa dal Presidente dell’Autorità Portuale. La norma taglia alla radice l’unificazione in una sola persona della responsabilità dei tempi delle esportazioni: invece di rafforzare i Presidenti, dotandoli di ulteriori poteri per abbattere i tempi, viene tolto il ruolo e quindi la responsabilità.

Con provvedimenti successivi la gestione delle ZES passa dalle Segreterie delle Autorità Portuali a nuovi organismi. Sino ad arrivare ad oggi con le ZES estese a tutto il territorio del Mezzogiorno e con coordinamento unico a Roma. Cioè l’esatto contrario della legge iniziale. Sostanzialmente i 4 Governi vanno in direzione diversa rispetto alla necessità del Paese di abbattere i tempi di esportazione. Si possono fare due considerazioni. La prima: è evidente che gli elementi di sburocratizzazione e semplificazione previsti nell’impianto iniziale delle ZES sono utili in tutto il Mezzogiorno o addirittura in tutto il Paese, è altrettanto evidente che condizioni di finanziamento alle imprese, accettate da Bruxelles per le aree in ritardo di sviluppo, sono utili in tutto il Mezzogiorno; è bene che sburocratizzazione e semplificazione vadano estese a tutto il Paese, e che le condizioni di finanziamento vengano estese a tutto il Mezzogiorno. La seconda: è altrettanto evidente che l’obiettivo originario delle ZES, abbattimento dei tempi di esportazione dai porti, è stato completamente abbandonato; l’abbattimento può far crescere la competitività dei porti italiani del Sud e quindi la possibilità di lavorazioni che possano avvenire in un porto, come quelle sui contenitori in transito.

LE NUOVE ASAP

Il nome ZES ormai è stato esteso dal Governo a tutto il Sud. A questo punto, dopo 10 anni, bisogna ripartire da capo se si vuole rendere competitivi i grandi porti. Bisogna riprendere la logica iniziale, dando un nome nuovo, ad esempio ASAP: Aree Speciali Attrazione Portuale. Bisogna puntare a far diventare i porti italiani di acque profonde, competitivi nei confronti dei porti degli altri Paesi europei e del Mediterraneo. È necessario avviare un nuovo programma. Mettere i Presidenti delle Autorità Portuali ai vertici delle nuove aree speciali.

Il Ministro del Mezzogiorno deve lavorare per ridurre i tempi nei porti: serve ai porti, serve alle merci in transito e a quelle in export, serve al Paese. Bisogna concentrare la responsabilità dei tempi delle merci in capo ai Presidenti. Si tratta di impegnarsi subito. Togliere la zavorra dei 19 giorni compete al Governo Nazionale. La vecchia norma ZES ormai è destinata ad altro. È il momento per farne una nuova, ASAP, se si vuole che i grandi porti italiani competano con i grandi porti degli altri Paesi del Mediterraneo e dell’Europa.

Francesco Russo

Autore