La storia della politica italiana è sempre stata piena di scissioni, da quella di Livorno in poi diversi sono stati i momenti che hanno visto delle formazioni politiche spaccarsi per dare vita ad altro, soprattutto nella seconda Repubblica. Nel nostro Paese vive de facto un regime proporzionalista perenne che più che unire divide e che costringe all’aggregazione solo in vista del momento elettorale al fine di superare gli sbarramenti che di volta in volta il parlamento determina. Così ci troviamo di fronte a veri e propri cartelli elettorali che scompaiono non appena dal Viminale arrivano i dati ufficiali delle elezioni e non a nuovi partiti che nascono dalla fusione di esperienze e storie diverse. Unire in questo Paese è maledettamente difficile. Eppure i tempi ci chiedono un importante cambio di registro.

Il 2021 è stato l’anno del G20 Ambiente a Napoli, del G20 a Roma e della COP 26 a Glasgow, a ciò si aggiunga che durante questi dodici mesi in Germania è nata la coalizione semaforo tra verdi, liberali e socialdemocratici che, tra le altre cose, ha posto come obiettivi al governo lo stop al carbone entro il 2030 e le rinnovabili all’80%. La somma di tutti questi eventi così importanti è inversamente proporzionale a quello che succede in Italia: ossia il nulla. Sabato 11 dicembre abbiamo organizzato a Roma la convention Hic et Nunc proprio per lanciare un appello di unione a tutte le forze ambientaliste e a chi, come noi, sente con urgenza il rispetto degli accordi di Parigi. A questo primo importante spazio dove ragionare sul da farsi hanno partecipato, tra gli altri, Emma Bonino, Rossella Muroni, Angelo Bonelli, Francesco Rutelli, Enrico Letta, Edo Ronchi.

L’intento non è quello di creare un nuovo partito ma di invitare tutti coloro che si occupano giorno dopo giorno della sfida della transizione ecologica ad individuare alcune iniziative da portare avanti congiuntamente. Insomma nel 2022 l’unica novità politicamente rilevante potrebbe essere quella di mettere insieme il frastagliato mondo ambientalista italiano intorno ad un tavolo per scegliere alcuni temi condivisi. Una volta scelti gli obiettivi il secondo passaggio potrebbe essere quello di individuare gli strumenti adatti per portarli avanti: la Costituzione ne fornisce diversi, tenendo bene a mente che senza la partecipazione dei cittadini il Pnrr è a serio rischio e con esso i fondi europei. A mio avviso, in questo contesto nazionale e transnazionale, già avrebbe dignità politica decidere di portare avanti con altri la battaglia contro i sussidi ambientalmente dannosi che in Italia valgono 19 miliardi di euro oppure scrivere una legge di iniziativa popolare sul clima e sul suolo.

Sono solo alcuni esempi per sottolineare come prima di un eventuale contenitore l’urgenza è trovare le iniziative comuni. È importante evidenziare che la riuscita di un’operazione politica del genere dipenda anche da quale ruolo avranno i cittadini. I successi del referendum per la legalizzazione dell’eutanasia e del referendum per la legalizzazione della cannabis stanno lì a dimostrare quanto sia ampia la voglia di partecipazione. Soprattutto in questi momenti di forti restrizioni. Le piazze piene di giovani che manifestano per il clima ci raccontano tutto il resto. Questi eventi vanno in una direzione diametralmente opposta alla sempre crescente disaffezione degli italiani verso il momento elettorale. A ciò si aggiunga che la questione democratica riveste un ruolo centrale rispetto alla transizione ecologica italiana.

Il nostro Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede l’installazione di 70 GW di potenza da rinnovabili entro il 2030 (8.8 GW anno) per ottenere il 72% dell’elettricità da rinnovabili, ciò vuol dire che dovranno essere installati numerosi impianti su tutto il territorio nazionale. Senza un patto chiaro con i cittadini ogni impianto necessario alla transizione correrà il rischio di essere contestato così come è stato osteggiato fino ad oggi soprattutto a causa degli errori delle istituzioni. Per mettere in moto questa enorme macchina non bastano risorse e soldi. Senza democrazia e trasparenza non si va da nessuna parte. Ecco allora che per affrontare la sfida ecologica che è la sfida del nostro tempo c’è bisogno di un approccio pragmatico e di un fronte ambientalista ampio: serve una collaborazione tra ambientalisti che, anche sui territori, aiuti e favorisca la rivoluzione verde che ci aspetta.