Una sentenza (anti) storica. Scioccante. Un colpo micidiale inferto all’America dei diritti e al movimento delle donne. Un ritorno indietro di decenni. Con 6 voti a favore e 3 contrari, la Corte Suprema americana ha messo fine alle garanzie costituzionali per l’aborto che erano in vigore da quasi 50 anni. «La Costituzione non conferisce il diritto all’aborto», recita la sentenza shock. La decisione è stata presa nel caso «Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization», in cui i giudici hanno confermato la legge del Mississippi che proibisce l’interruzione di gravidanza dopo 15 settimane. A fare ricorso era stata l’unica clinica rimasta nello Stato ad offrire l’aborto. «L’aborto presenta una profonda questione morale. La costituzione non proibisce ai cittadini di ciascuno stato di regolare o proibire l’aborto», scrivono i giudici.

Le precedenti decisioni della Corte Suprema avevano stabilito che i singoli Stati non possono imporre restrizioni al diritto di una donna di interrompere la gravidanza prima della fase in cui il feto sarebbe in grado di sopravvivere al di fuori del grembo materno, solitamente dopo 24 settimane di gestazione. Il divieto di aborto è pronto per entrare in vigore in 13 stati americani nei prossimi 30 giorni. Si tratta di stati repubblicani che hanno approvato leggi restrittive sull’aborto legandole all’attesa decisione della Corte Suprema. Ora che la decisione è arrivata e la sentenza del 1973 capovolta, i 13 stati possono vietare l’aborto in 30 giorni eccetto nei casi in cui la vita della madre è in pericolo. Fuori dalla Corte è scoppiata la protesta, pochi minuti dopo che i massimi giudici hanno comunicato la decisione.

Presente anche un contingente di anti-abortisti che si sono abbracciati e hanno esultato alla notizia del rovesciamento della storica sentenza del 1973. Sono solo le prime avvisaglie di qualcosa di ben più grave, esteso, drammatico: la “guerra civile” sull’aborto. Una spaccatura che investe le massime istituzioni degli Stati Uniti. A darne conto sono le parole di Joe Biden: “Oggi è un giorno triste per la Corte Suprema e per il Paese”, afferma il Presidente in conferenza stampa. Ribaltare la sentenza del 1973 è “un tragico errore”, frutto di una “ideologia estrema” dominante nella Corte Suprema, ha aggiunto parlando dalla Casa Bianca e ammonendo che ora “sono a rischio la salute e la vite delle donne nel Paese”.

Secondo Biden, annullando la sentenza “Roe v. Wade” – che rafforzava “l’uguaglianza ed il diritto alla privacy” – è stato tolto alle donne il “loro diritto di scegliere insieme ai loro medici libere dai vincoli della politica”. “La Corte Suprema ha tolto un diritto costituzionale agli americani, un diritto già riconosciuto”, ha rimarcato Biden, secondo cui si tratta di una cosa “mai avvenuta prima”, puntando il dito contro i “tre giudici nominati da Trump”. Con la sentenza della Corte Suprema arriveranno leggi “che criminalizzano l’aborto con una logica del 1800, la Corte ha letteralmente riportato indietro l’America di 150 anni”, ha concluso. Una conclusione drammatica. Altrettanto dura è la presa di posizione di Barack Obama. In un tweet , l’ex presidente ha scritto: “Oggi la Corte suprema non solo ha annullato quasi 50 anni di precedenti, ha relegato la decisione più intensamente personale che qualcuno possa prendere ai capricci di politici e ideologi, attaccando le libertà essenziali di milioni di persone”. Una decisione “crudele” e “scandalosa”, un “insulto” alle donne, è stata definita dalla Speaker della Camera, la democratica Nancy Pelosi: “Alle elezioni di novembre – aggiunge – ci sono in gioco i diritti delle donne”.

“Ho il cuore spezzato per gli americani che hanno perso il diritto fondamentale di assumere decisioni informate” in merito al loro corpo, ha commentato Michelle Obama parlando di una “decisione orribile” da parte della Corte Suprema. “Avrà delle conseguenze devastanti”, ha aggiunto. A esultare è l’America fondamentalista, “trumpiana”. La decisione della Corte Suprema è «coraggiosa e corretta. È una storica vittoria per al costituzione e la società». È il commento del leader dei Repubblicani in Senato, Mitch McConnell. «La vita ha vinto», dichiara un esultante Mike Pence, l’”evangelico” vice di Trump alla Casa Bianca. “L’America è da tempo spaccata a metà – dice a Il Riformista Nadia Urbinati, docente di Scienze politiche alla prestigiosa Columbia University di New York- e l’America più retriva, reazionaria , ha la meglio perché ha in mano la Corte suprema. In questo caso, la Corte Suprema ha sposato la “morale” delle comunità religiose evangeliche e di parte del mondo cattolico. Una morale immorale, che contrappone il valore della vita, declinato in senso fondamentalista, a quello della scelta. È una controrivoluzione, se si considera quella dei diritti una rivoluzione pacifica combattuta negli anni ’60-70”.

Amara e al tempo stesso combattiva, come sempre, è Emma Bonino. “Gli Stati Uniti – dice a Il Riformista – era uno dei pochi Paesi che aveva il diritto all’aborto come legge federale, valida per tutti gli stati. Ora la situazione è completamente ribaltata – rimarca la senatrice di +Europa e storica leader radicale -. Sul piano del diritto generale quello sancito dalla Corte Suprema è un enorme passo indietro. Saranno i singoli stati a decidere. Agli stati antiabortisti fa da contrasto lo stato di New York che ha dichiarato che le donne possono andare ad abortire a New York, dando origine a quello che noi conosciamo benissimo e che è il “turismo sanguinario”. Ma questo dimostra – avverte Bonino – che i diritti non sono conquistati una volta per sempre. Se tu non li difendi, non li curi, giorno per giorno, un brutto giorno ti svegli e non ce l’hai più”.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.