Diciamo che ci sono tre ipotesi. La prima è che al centrodestra riesca il colpo di mano e imponga un candidato suo, probabilmente Elisabetta Casellati, con l’appoggio dichiarato o sottobanco di un pezzo dei 5 Stelle. Qualcosa del genere successe nel 1971 quando la Dc impose Leone col voto dei neofascisti, rompendo col Psi e facendo naufragare l’alleanza di centrosinistra.

La seconda ipotesi è che prevalga la ragione e ci si decida per una elezione a larga maggioranza di Mario Draghi, con la motivazione che Mario Draghi è quello più adatto e più dotato per rappresentare l’Italia nel mondo e anche per guidare discretamente dal Quirinale la politica. Sarebbe una buona idea, ma proprio per questo non è la più probabile.

La terza ipotesi è che si cerchi una mediazione, non per scegliere la figura più forte ma quella che fa meno danni ai vari schieramenti. E allora ci sono due nomi in ballo: o Pierferdinando Casini, l’unico sopravvissuto della sua generazione, o Sergio Mattarella costretto ad accettare il sacrificio e a rinunciare – come dice Mastella – al gran rifiuto stile Celestino Quinto.

Chi sono Casini e Mattarella? Casini è il rappresentante della corrente di Forlani, destra dc. Mattarella un luogotenente di Ciriaco De Mita, sinistra dc. Io ero giovane nel 1994, quando si sciolse la Democrazia cristiana. E pensai che aveva avuto ragione Luigi Pintor , direttore del manifesto, quando – dopo le elezioni politiche del 1983 nelle quali Ciriaco De Mita aveva subito una parziale sconfitta – aprì il giornale con un titolo diventato famosissimo: “non moriremo democristiani”. E invece, evidentemente, anche quella volta il manifesto aveva torto. Quarant’anni dopo quel titolo sono proprio i cavallini di razza della Dc a contendersi il Quirinale e a candidarsi alla successione di Gronchi, Segni, Leone, e Scalfaro.

Dobbiamo stracciarci le vesti? No, per carità. Oltretutto Casini e Mattarella sono due persone degnissime, con una forte preparazione politica, colte e con notevoli doti. Il problema è che una politica che pretende di fare del rinnovamento la sua carta migliore e che poi è costretta a ricorrere agli allievi di Forlani e De Mita è una politica debole assai. Queste elezioni presidenziali potevano segnare una svolta. C’erano dei candidati molto forti. Essenzialmente due: Berlusconi, uomo di destra moderata, e Mario Draghi liberal- socialista. Era possibile con serenità scegliere uno dei due, senza sconvolgere gli equilibri e dando via libera al rinnovamento e alla ripresa di una vera battaglia politica tra destra e sinistra. Niente. Hanno avuto tutti paura. Avanti, Dc!

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.