Domani inizia il processo a Salvini. Ragionevolmente sarà solo una sceneggiata messa su da un pezzetto della magistratura (quella che fa riferimento al partito dei Pm) per far sfoggio del proprio potere. Il partito dei Pm vuole dimostrare la sua forza – specialmente in questo momento difficile e di perdita di credibilità per via del caso Palamara – e l’occasione è ghiotta: processare un parlamentare ed ex ministro, con accuse cervellotiche, sfidando il buon senso e l’evidenza, farlo in modo raffazzonato, irrazionale – come stanno facendo – serve a dire: “noi siamo superiori a tutto, siamo superiori agli altri poteri, siamo superiori allo stato di diritto, siamo superiori alla ragionevolezza; la democrazia e lo stato di diritto, se vogliono sopravvivere, devono sottomettersi e accettare di essere subordinate a noi”.

Come mai la parte più aggressiva e sovversiva della magistratura è arrivata a disporre di così tanto potere da poter mettere non solo in soggezione ma persino alla berlina i leader della politica nazionale? Lo sanno tutti perché: perché la politica glielo ha permesso. In parte perché impaurita, in parte perché si è fatta trascinare dai partiti giustizialisti e populisti. Così si arriva al processo a Salvini che certamente avrà delle ripercussioni sulla politica italiana e sui rapporti tra magistratura e potere democratico. È stato il Parlamento, stavolta a dare il via libera, persino con il voto di quelli che spalleggiarono Salvini nel blocco dei porti e nel respingimento degli immigrati e dei naufraghi. La vicenda la conoscete tutti. Quella della nave Gregoretti, alla quale, nel luglio del 2019, per diversi giorni fu impedito di far sbarcare più di cento naufraghi. La scelta del governo Lega-5 Stelle, guidato da Conte, fu sicuramente una scelta sciagurata: usare la sofferenza e la disperazione di decine e decine di migranti – che avevano rischiato la vita in mare – per ottenere dei vantaggi elettorali o politici, a me sembra una cosa pessima. Del resto, tutti i partiti compiono le loro scelte sui temi dell’immigrazione calcolando i costi e i benefici. Ricordo che lo stesso governo di centrosinistra, quello di Gentiloni, rinunciò all’ultimo momento a votare lo Ius Soli (cioè una elementare legge che garantiva ai migranti diritti riconosciuti dalla dichiarazione dei diritti dell’uomo ) per paura di perdere voti. E ancora in questi giorni – come scrive Angela Azzaro – il Pd traccheggia nell’assalto ai 5 Stelle perché non se la sente di modificare davvero i decreti-Salvini, quelli approvati dal Governo Conte 1 e ispirati a una idea repressiva e xenofoba. Perché il Pd esita? Non se la sente di sfidare la parte più plebea, ma anche più larga, dell’opinione pubblica che non ne vuole sapere di misure di accoglienza verso gli immigrati.

Da diversi anni i politici subiscono l’opinione pubblica, su questi temi, e al tempo stesso sobillano l’opinione pubblica. Viene nostalgia per i bei tempi dei governi di pentapartito, quelli Dc-Psi del secolo scorso, nostalgia per il ministro Scotti, per il ministro Martelli. Erano partiti e leader politici che tenevano conto degli umori popolari, ma anche di alcuni principi che a loro parevano insormontabili. L’impressione è che oggi nessun principio sia considerato insormontabile. In questa situazione di debolezza estrema della politica si è inserita la magistratura. In modo assai disinvolto e spavaldo. Prima prendendo l’iniziativa di radere al suolo il sistema delle Ong e dei soccorsi ai naufraghi, mettendo fuorilegge i soccorsi, sequestrando le navi dei volontari, provocando enormi disastri nel Mediterraneo. E trascinando sulla linea del muro anti-naufraghi la Lega di Salvini e i 5 Stelle di Di Maio, ma anche una parte del Partito democratico, guidata dall’allora ministro dell’Interno Minniti. Fu la magistratura a guidare l’attacco -vincente- alle Ong.

Poi, con una rapida virata, la magistratura è partita all’attacco di Salvini, che aveva seguito esattamente la linea indicata dalla magistratura siciliana. E lo ha incriminato accusandolo del folle reato di sequestro di persona. Come un gangster, un bandito, un rapitore. Certo, Salvini sarà assolto, perché il processo non sta in piedi. Ma quel che interessa al partito dei Pm è avviare i processi, vincerli è del tutto secondario. Il risultato politico è il processo, non è la sentenza. Guardate quel che è successo a Nicola Cosentino. Assolto e sconfitto. La magistratura ha perso il processo ma ha ottenuto la distruzione della vittima prescelta. E sarà così anche con Pittelli, l’ex parlamentare calabrese, sequestrato e messo al carcere duro senza indizi e senza reati. È del tutto evidente che l’accusa a Salvini non regge. La sua è stata una scelta politica chiarissima: usare la mano forte e il terrore mediatico per fermare gli sbarchi di migranti e di naufraghi. Dare alla lotta alla clandestinità il ruolo di bandiera politica della Lega. È una scelta terribile, secondo me. Ma è una scelta politica, non un reato. Io avrei fatto la scelta opposta: aprire tutti i porti all’accoglienza, e probabilmente Salvini e molti altri avrebbero considerato la mia scelta una scelta terribile. Ma non un reato.

Che poi se davvero la magistratura avesse pensato che Salvini stava sequestrando più di cento persone, dal momento che sapeva perfettamente dove fosse il luogo del sequestro, perché non ha interrotto il reato mandando i Nocs o la forza pubblica a liberare i prigionieri? Sapeva: è stata complice? Dobbiamo incriminare per concorso in sequestro metà magistratura siciliana? Ieri, in un bellissimo articolo di fondo sul Corriere della Sera, Paolo Mieli ha spiegato come sull’immigrazione tutti i partiti si sono comportati più o meno nello stesso modo. Contro Salvini si levarono molte voci autorevoli, soprattutto di intellettuali, artisti, attori. Che chiedevano umanità, diritti. Perché ora che la politica di Salvini è stata perfettamente clonata dal nuovo governo non si muove nessuno? Nel mese di settembre – osservava Mieli – in una sola settimana ci sono stati sei naufragi che hanno provocato la morte di 190 persone. Una cifra spaventosa. Perché 190 morti? Perché non ci sono più in mare le navi dei soccorsi, bloccate dalla magistratura e dal governo. Se Salvini dovrà rispondere in tribunale per le sofferenze di quei 131 naufraghi della Gregoretti, che però alla fine sono usciti incolumi dall’odissea, chi dovrà rispondere – per esempio – per questi 190 morti ? I magistrati? I politici? I governanti vecchi e nuovi? Quelli che, cinici o ignoranti, hanno definito i gommoni pencolanti “taxi del mare”? E qual è il reato ipotizzabile: strage?

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.