Il Pd tra nuove Agorà e vecchio correntismo. Ne abbiamo parlato con Enrico Gasbarra, Vice sindaco di Roma nella giunta Veltroni, presidente della Provincia di Roma, deputato e parlamentare europeo.

Afferma Massimo Salvadori in una intervista a questo giornale, a proposito della definizione di “riformismo” declinata da Goffredo Bettini su Il Riformista: «Tutti vorrebbero accorciare le distanze tra chi sta sopra e chi sta sotto, ma non sanno cosa fare. Oggi la sinistra è il regno sovrano dei manifesti, dove sono finite le soluzioni?».
Ho stima e rispetto per il professore Salvadori e concordo sul fatto che negli ultimi anni ci siamo “arrotolati” troppo spesso in parole vuote, ma liquidare in tal senso il testo elaborato da Bettini è ingiusto e ingeneroso. Il manifesto de “Le Agorà” mette al centro del dibattito politico la persona, unendo nei principi fondamentali esperienze e sensibilità diverse. Raccoglie le speranze, analizza le paure e le solitudini, schierandosi dalla parte di chi ha meno. Si immerge nelle radici del socialismo e del cristianesimo per costruire un nuovo umanesimo sociale. Quasi un appello sturziano rideclinato in “liberi dai forti”.

Uno dei temi più dibattuti è l’asse strategico Pd-5Stelle. Michele Prospero ha sostenuto che scegliendo questa linea, il Pd si consegna mani e piedi all’antipolitica grillina.
Ritengo che per dare risposte alle difficoltà dei più deboli e opportunità a chi non ne ha, per rimuovere le disuguaglianze e governare il post Covid non si può non ripartire da Conte, 5 stelle e dalle forze che fino all’ultimo lo hanno sostenuto. Certo, vanno sentite e coinvolte anche le altre forze civiche, politiche e sociali alternative alle destre sovraniste.

Enrico Letta intende riformare il Pd, dando più voce e potere agli iscritti e meno alle correnti. Ma perché dovrebbe riuscire laddove Nicola Zingaretti ha fallito?
Mi permetta un paragone un po’ forte. Senza le sorprendenti dimissioni di Benedetto XVI, non ci sarebbe stata nella Chiesa la svolta di Papa Francesco. Grazie allo shock, alla durezza e al coraggio che le dimissioni di Zingaretti hanno rappresentato, di sicuro Letta potrà riformare il Pd.

Lei ha un lungo trascorso di amministratore di Roma. Il Pd ha deciso le primarie per scegliere il suo candidato a sindaco, Calenda si è chiamato fuori e correrà da solo, mentre la sindaca uscente Raggi ha annunciato la sua ricandidatura denunciando “pressioni esterne” perché si ritirasse. Come si esce dal caos romano?
La Capitale ha bisogno di una guida prestigiosa e preparata, ma soprattutto di un grande progetto di rilancio internazionale come fu con il “modello Roma”. Vedo tanti possibili candidati di valore e la strada delle primarie, indicata dal Pd, mi sembra l’unica percorribile per arrivare a una scelta, la più democratica possibile. Svolgerle con la partecipazione di tutti, da Calenda a Raggi, sarebbe stato un bell’esempio per il campo progressista, ma capisco che i tempi non sono maturi. Peccato!

Da Roma al quadro nazionale. Salvini torna a vestire i panni del “guastatore”: un piede nel Governo l’altro a contendere consensi a destra a Fratelli d’Italia.
Giuseppe Conte, che ha servito la Nazione con dignità e onore, dopo “l’inquietante” caduta del suo Governo, sebbene mai sfiduciato dal Parlamento, si è subito messo da parte per non far correre rischi all’Italia, piegata dalla pandemia. Grazie a questo gesto e al senso di responsabilità del Pd il Presidente Mattarella, dimostrando per l’ennesima volta amore istituzionale, ha potuto insediare un esecutivo guidato da Mario Draghi. Autentica eccellenza. La soluzione adottata è stata di alto profilo, ma la repentina adesione di Salvini all’appello di unità lanciato dal Quirinale, non mi ha mai convinto. La destra sovranista-nazionalista, al di là del bene dell’Italia, si collocherà sempre con chi strilla di più per guadagnare un voto in più. D’altronde nazionalismo e patriottismo non sono e non saranno mai la stessa cosa, come è scritto nel manifesto de Le Agorà di Goffredo Bettini. Le forze democratiche, liberali e cattoliche, come FI e Udc alleate di Lega e Fratelli d’Italia, prima o poi dovranno riflettere su questo tema. Non credo che il Governo cadrà e non so se sarà necessario un Draghi bis senza la Lega, ma ormai è chiaro che con questa destra nazionalista è difficile, se non impossibile, governare anche in condizioni di emergenza.

La grande sfida per il rilancio si chiama Recovery plan. Una maggioranza così eterogenea reggerà a questo passaggio cruciale?
L’Italia deve cogliere questi obiettivi a tutti i costi altrimenti è out. L’esecutivo precedente ha elaborato buone proposte su infrastrutture, innovazione e digitale. Da quelle basi si può varare velocemente un grande piano di rilancio a partire dalla Rete Unica. Certo, se un terzo dei ministri si astiene per divergenze sul coprifuoco la vedo dura, ma incrocio le dita.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.