In soccorso di Davigo anche le toghe progressiste di Area: «Non ci ritroviamo in diverse sue posizioni, e anzi in più occasioni le abbiamo confutate pubblicamente. Tuttavia, riteniamo inaccettabile e contrario alle regole fondamentali del vivere democratico discriminare chiunque in base alle opinioni espresse, e ancor di più tentare di privarlo del diritto di parola.
Le idee non condivise si contrastano con argomenti nell’ambito del confronto e del dibattito. Tutto il resto è frutto della degenerazione culturale che il nostro Paese sta vivendo, e gli avvocati italiani dovrebbero esserne ben consapevoli». Più soft, invece, il comunicato dell’Anm milanese, dispiaciuta per quanto accaduto e per la «mancanza di rispetto verso l’Ordine giudiziario ed il Csm». A fare da scudo umano sabato prossimo a Davigo ci sarà il ministro della Giustizia in persona.

Bonafede, invece di recarsi in distretti “problematici”, come ad esempio Catanzaro, dove sono stati rimossi, oltre al procuratore generale, il procuratore di Castrovillari ed il procuratore aggiunto, e dove ci sono decine di magistrati indagati per reati gravissimi o sottoposti a misure cautelari, come il presidente della Corte d’Assise, accusato di taroccare le sentenze, ha deciso di accompagnare Davigo nella passerella milanese. La “battaglia” sulla presenza di Davigo, comunque, ha anche un’altra lettura. Più importante.  E cioè la sua permanenza in servizio. A ottobre il magistrato compirà settant’anni e dovrà andare in pensione. Senza Davigo, un certo modo di vedere la giustizia è destinato a sciogliersi come neve al sole. E questo il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede e i grillini lo sanno molto bene. Come lo sanno molto bene anche al Fatto Quotidiano.