Se vi ricordate Il barone rampante di Italo Calvino, si assiste verso la fine al deludente incontro fra l’aristocratico uomo scimmia che vive da una vita solo passando da un albero all’altro e Napoleone in visita nel Cuneese. Alberi della libertà e bandiere spiegate, i due si incontrano uno sopra e l’altro sotto, ma senza avere nulla da dirsi: «So che voi vivete sugli alberi», dice l’uno. E l’altro: «E voi siete imperatore di Francia». Sissì, vabbè, mi saluti l’imperatrice e poi ognuno se ne torna tra le sue frasche. Lunedì notte un simile incontro avverrà, via Skype o Webinar, fra i due leader delle superpotenze che si minacciano la guerra facendo finta che tutto vada, se non benissimo, almeno benino. I due leader sono lo svagato “sleepy Joe,” ovvero Biden che spesso non ricorda la fine della frase appena iniziata, e il neoimperatore della Cina Xi Jinping perché il Congresso del Partito comunista cinese sta per appuntarlo segretario generale a vita, come era accaduto solo a Mao Zedong e a Deng Xiaoping.

Il Congresso lo eleverà formalmente l’anno prossimo e girano voci secondo cui Xi sarebbe malato, starebbe benissimo, cercherebbe un successore, conta sull’unanimità assoluta, deve combattere contro una nuova banda dei quattro, le solite scatole cinesi. Biden, come si sa, ha inaugurato una politica estera molto più aggressiva di quella di Trump sia nei confronti della Russia di Putin – con cui i democratici non hanno mai finito di regolare i conti – che con la Cina. Con la Cina sono attivi due roventi casus belli: il destino di Taiwan e quello del Mare cinese del Sud che non è affatto cinese e da cui si controllano i due terzi del traffico marittimo mondiale. Parleranno di questi due punti roventi i due grandi della Terra? Risposta: no, faranno il contrario perché le diplomazie dei due Paesi hanno deciso che lo scopo di questo incontro sarà precisamente l’opposto. Ossia parlar d’altro, come Napoleone e il Barone sugli alberi. È un buon segno? No, dicono le cancellerie: è un brutto segno. La ragione servita dalle diplomazie è questa: i due Paesi – Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese – sono così vicini a uno scontro armato, da aver deciso di provare a disinnescare il rischio crescente di una guerra per sbaglio, per ordini malintesi e bizzarrie umorali di qualche diplomatico o generale o ammiraglio.

Mentre si prepara l’incontro, l’Unione Europea tenta di disinnescare la situazione prebellica fra Polonia e Bielorussia invocando l’intervento di Putin impegnato ad ammassare truppe alla frontiera con l’Ucraina dove due auto-proclamate repubbliche ribelli di etnia russa, di cui il Donbass è la più armata hanno chiesto e ottenuto non solo protezione militare dal Cremlino, ma anche una tariffa speciale per le loro esportazioni. Si tratta di una guerra latente che dura da sette anni ma aumentano le voci di una imminente resa dei conti con una rapida “Guerra d’inverno” che nelle intenzioni di Kiev dovrebbe trascinare la Nato in un conflitto e costringere l’Europa molto irritata con la Bielorussia e con Putin, a sospendere l’infernale situazione creata usando migliaia di esseri umani immigrati congelati e disperati portati a bussare con rabbia alla frontiera della Polonia che pretende di erigere un muro.

L’Ucraina è per Putin uno dei due “buffer” states, una zona cuscinetto come la Bielorussia, grandi quanto basta per tenere le distanze con le forze della Nato. La Nato fu spinta alle frontiere con l’ex Unione Sovietica quando gli Stati Uniti si considerarono, dopo la fine della Guerra Fredda, uno Stato unico al comando del mondo, nel tentativo di costringere la Russia a uniformarsi totalmente agli schemi occidentali, esperimento che fallì per una lunga serie di motivi legati per lo più alla corruzione e al rifiuto dello stile di vita occidentale. Da quando l’Ucraina ha fatto una scelta occidentale aspettando di essere inclusa nella Nato, la Russia ha sviluppato una politica di continue intimidazioni per renderla debole in perenne attesa di una invasione che potrebbe avvenire o restare un fantasma come nel Deserto dei Tartari. Ma l’ammassamento di truppe russe alla frontiera ucraina è reale e se un’invasione avvenisse, alla fine Kiev perderebbe una nuova quantità di terreno e diventerebbe ancora più irritata e debole.

In questo momento la situazione europea è quella più pericolosa e questa è la ragione per cui Biden e Xi hanno deciso di giocare una mano di poker solo per dire “passo” e rinviare a un altro mazzo. Perché la Cina rientra nel conflitto europeo? Il motivo è semplice: Xi Jinping ha ottenuto da Putin un contratto – non un trattato – di reciproca assistenza militare in caso di conflitto e i due eserciti, russo e cinese, hanno da tempo iniziato operazioni militari di frontiera scambiandosi codici e mettendo alla prova la reciprocità dei rispettivi ordini di comando. Una guerra del futuro è estremamente complicata e non soltanto militare in senso classico perché dovrebbe comunque partire da un attacco cibernetico in grado di paralizzare le infrastrutture nemiche nonché il passaggio di protocolli militari. In questo senso, Cina e Stati Uniti sono già in questo tipo di guerra fra loro da un paio di anni, da quando cioè la Cina ha messo in mare un numero di navi da guerra che eguagliano e spesso superano in qualità quelle americane. Il Pentagono è stato costretto a mettere in mare una seconda flotta di ricambio per sostenere un turnover delle truppe e delle macchine, mentre i computer dei comandi militari sia cinesi che americani si impegnano in videogiochi costosissimi che hanno lo scopo di affaticare e impegnare il potenziale nemico il nemico, fingendo lanci di missili virtuali, ma di cui non si può mai conoscere l’eventuale realtà.

È una guerra di logoramento mai vista prima cui concorrono gli inglesi con la loro super portaerei Elisabetta II che è la regina tecnologica dei mari di tutti i tempi, la flotta giapponese che ha adottato anche quella del Vietnam continuamente minacciato dalle incursioni cinesi nei suoi mari di pesca, e poi la flotta australiana potenziata – fra qualche anno – da sottomarini a propulsione nucleare ottenuti da Canberra negli Stati Uniti, facendo saltare il contratto che gli australiani avevano con la Francia per sottomarini a combustibile non nucleare. Questa storia dei sottomarini è stata una sorta di “guerra nella guerra” quasi del tutto ignorata in Italia, per cui si è assistito all’inedito show di Parigi che richiama i propri ambasciatori da Washington, Londra e Canberra. La faccenda si è poi ricomposta con un incontro tra Macron e Biden (“Scusi Monsieur le president, forse siamo stati un po’ cafoni…”) durante il G20 organizzato da Draghi e la Francia ha avuto garanzie di essere considerata con maggior rispetto dal grande club mondiale dei “Cinque Occhi” all’interno del quale si è costituito il super Club. anticinese chiamato Aukus (UK, Usa, Canada, Australia, Nuova Zelanda) in cui non sono bene accolti Paesi che non siano di lingua inglese.

Tuttavia, sia la Francia che la Germania della Merkel si sono affrettate a spedire navi da guerra operative nel Mar cinese del Sud, aspettando l’ora “X” dell’attacco della Cina Popolare a Taiwan che il governo giapponese ha già ufficialmente indicato come un inevitabile casus belli. In questo clima e con una tale agenda in tumultuosa evoluzione, Joe Biden e Xi Jinping hanno deciso di farsi una bella chiacchierata informale parlando di problemi minori di natura prevalentemente commerciale. Guardandosi bene dal nominare i luoghi roventi della loro disputa e in particolare Taiwan, Hong Kong, il Tibet e la questione centrale del “trade”, il commercio sul mare e la libertà di navigazione. Per capire se l’incontro potrà far emergere qualche punto di utilità reale, occorre vedere in queste ore come evolverà la pressione sulla frontiera polacca di un pugno di esseri umani disperati che sono stati scaraventati come arieti sacrificali contro la Polonia, perché il presidente Alexander Lukashenko è furioso per le restrizioni e sanzioni decise da Bruxelles.

Fra polacchi e bielorussi media Angela Merkel ancora in carica benché sia agli sgoccioli della sua carriera, ma che può contare su un buon rapporto personale con Vladimir Putin (il quale parla tedesco per aver diretto come tenente colonnello la sede del Kgb a Dresda durante la guerra fredda). Di nuovo l’Europa e il mondo si trovano ad affrontare un’epoca densa di nubi e di radiose speranze, morte e vita, mentre tutto sembra dipendere dal fattore umano degli attori che si trovano in gioco. Fra questi i capi delle superpotenze che stanno per salutarsi con finto rispetto e vivo rammarico mitigato da inestimabile amicizia, con l’intesa che una guerra è non solo possibile, ma anche per alcuni desiderabile purché sia agganciata ad altri teatri di guerra. I calcolatori lavorano sugli algoritmi e l’umanità sembra molto distratta di fronte al suo possibile destino.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.