L’abrogazione dei decreti sicurezza salviniani è urgente e in ogni caso tardiva. Basti considerare che quelle norme hanno dispiegato i loro effetti disastrosi sotto l’attuale governo per un periodo di tempo praticamente equivalente a quello trascorso sotto il governo che li aveva varati. Per l’ennesima volta, ieri è tornato a circolare il testo di un decreto “imminente” (così viene definito da un paio di mesi almeno) e che si troverebbe sulla scrivania del premier Conte. Andrebbe detto, una volta per tutte, che non si commentano le bozze che entrano a palazzo Chigi, ma i provvedimenti che da lì escono approvati dal Consiglio dei Ministri. Tuttavia è opportuno, per chi scrive, cogliere questa occasione per ribadire di quale profondo intervento di riforma abbiano bisogno le nostre politiche sull’immigrazione.

I “decreti sicurezza” hanno certamente rivestito un ruolo simbolico, sono stati la quintessenza della politica salviniana che ha trovato nel tema dell’immigrazione – con l’ossessiva evocazione una invasione incontrollata come fonte di tutti i mali – la chiave per ottenere consenso. Le conseguenze nefaste di quei decreti, però, non sono affatto simboliche, ma molto, molto concrete: sono state criminalizzate le Ong, è stata smantellata la parte migliore del sistema di accoglienza, ostacolata l’integrazione e favorita la marginalità dei cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, alimentando la conflittualità sociale in un momento in cui la coesione e la convivenza sono già messe a dura prova. Non si tratta di considerazioni “buoniste”, ma di risultati tangibili e persino misurabili di queste politiche, di un danno che si è perpetrato a lungo, mentre l’attuale maggioranza aspettava la chiusura delle urne regionali per – forse – intervenire.

Per queste ragioni, è molto positivo che il nuovo testo messo a punto dalla ministra Lamorgese preveda la convertibilità di tutti i nuovi permessi di soggiorno in permessi per lavoro, così da scongiurare nuova irregolarità; è positivo che venga ripristinata una sorta di protezione umanitaria come protezione speciale, che l’accoglienza nei centri Sprar sia di nuovo accessibile anche per i richiedenti asilo – anche se continuerà a interessare una minoranza – che si riduca il tempo massimo di trattenimento in vista dell’espulsione. Male, invece, che non si rivedano a fondo le procedure accelerate alla frontiera per l’esame delle richieste di asilo, e non si disciplini la qualità dei servizi nei Centri di accoglienza straordinaria, dove troppo spesso i migranti vivono in condizioni di profondo degrado. Male, inoltre, che nel ridurre le multe alle Ong che fanno salvataggio in mare, si lasci intatto l’impianto sanzionatorio pur rendendolo ipocritamente quasi inattuabile.

Non ci stupirebbe se su questo nuovo decreto si verificasse lo stesso balletto indecente a cui abbiamo assistito sulla regolarizzazione degli stranieri, con il fuoco amico nella maggioranza e le continue condizioni e paletti volti a depotenziare un provvedimento di cui l’economia italiana e la stessa gestione dell’emergenza sanitaria avevano estremo bisogno. È questa, del resto, la dinamica propria della forma di governo “contrattuale” che mette in atto, appunto, un’eterna contrattazione, per lo più al ribasso, su ogni iniziativa in assenza di una chiara condivisione di obiettivi politici.

Auspichiamo sinceramente che questo non avvenga, ma al tempo stesso ci permettiamo di dare un consiglio alla maggioranza e in particolare al segretario del Pd Zingaretti: non presenti l’indispensabile e tardiva abrogazione dei decreti Salvini con toni trionfalistici, come una conquista epocale. Piuttosto la indichi come la chiusura (parziale) di una delle peggiori pagine recenti della politica italiana che deve preparare la strada a una riforma complessiva delle politiche migratorie nel nostro Paese: una riforma che non solo ribalti completamente il paradigma salviniano, ma superi anche i disastri degli ultimi venti anni di politiche fallimentari.

Come? Archiviando definitivamente la legge Bossi-Fini. Lo strumento c’è già grazie a decine di migliaia di cittadini italiani che hanno firmato la legge di iniziativa popolare “Ero straniero” – ora all’esame della prima commissione alla Camera e della quale sono relatore – che prevede l’introduzione di canali regolari di ingresso in Italia e un meccanismo costante di regolarizzazione su base individuale degli stranieri senza titolo di soggiorno già presenti sul nostro territorio. Solo in questo modo si potrà inaugurare una fase di riforme vere e non solo di riduzione dei danni prodotti dai decreti Salvini. E disarmare, anche per il futuro, la demagogica sull’immigrazione.