Mario Draghi, Mario Monti, il nome di battesimo li accomuna, ma anche altro. Con delle differenze. Draghi quando è si è insediato è stato invocato da tutti i partiti (quasi) come il salvatore della patria, Monti è stato più che altro “sopportato” dal sistema politico. Inoltre, se il curriculum di Draghi era “fuori concorso”, quello di Monti era semplicemente il migliore allora disponibile. Infine, la pandemia e la distribuzione dei fondi del Pnrr hanno consolidato l’immagine di Draghi quale uomo forte al comando. Tutti elementi che evidenziano come i due Super Mario partissero da posizioni diverse nella classifica dei supereroi.

Detto questo, diverse cose, invece, li accomunano e anche per Draghi la luna di miele con i partiti è finita. Dopo l’idillio, emergono in lui gli stessi limiti che caratterizzavano anche Monti. Il fatto di essere avulso dal sistema dei partiti, innanzitutto, ma anche una scarsa propensione a immedesimarsi nei problemi reali della gente, vista la attitudine a gestire banche e multinazionali. Le vicende dell’emendamento al Ddl concorrenza che riguarda i balneari è l’esempio che fa capire la situazione. Draghi come Monti ha la tendenza a tirare dritto senza curarsi di quello che incontra. Nel caso specifico, vuole far decadere entro il 2023 tutte le concessioni demaniali per finalità turistico ricreative, richiedendo per tutti nuovi bandi.

Lo chiede l’ Europa, certo, ed esistono i principi della libera concorrenza, ma non si possono lasciare dall’oggi al domani 30mila piccole aziende e 100milapersone senza un futuro. Per questo, la posizione di Draghi crea diversi problemi sul territorio ai partiti. Questioni da prima Repubblica? Forse, ma l’approccio della politica è diverso da quello di Draghi e Monti: la politica è costretta a mediare, i banchieri ed i professori hanno sempre un preciso obiettivo che perseguono a qualunque costo. Oggi pare si senta il bisogno di più politica.