I numeri della crisi si fanno sempre più impietosi, un mostro che divorerà solo nei primi mesi del prossimo anno 120mila tra piccole e medie imprese del Paese. Non ce la fanno a sostenere i costi, gli aiuti dello Stato non bastano per niente e l’unica soluzione è quella di chiudere definitivamente le attività. Questo vuol dire che 370mila lavoratori perderanno la loro occupazione. È il bilancio nero di Confcommercio nazionale, spiegato dal presidente Carlo Sangalli intervenuto all’assemblea di Confcommercio Campania.

«Sono emergenze che si sommano alla debolezza strutturale della crescita e dei consumi unita ad una eccessiva pressione fiscale, che caratterizza la nostra economia» ha spiegato. E i numeri chiariscono bene il quadro: secondo gli “Appunti sull’economia del Sud” dell’ufficio studi di Confcommercio, il 2022 si potrebbe chiudere con un’inflazione media al 7,5%. Mentre nel mese di ottobre i prezzi al consumo salirebbero ancora, segnando un rialzo del 9% su base annua (dall’8,9% di settembre). A pesare è sempre il caro-energia: metà dell’inflazione, infatti, è causata dall’energia in modo diretto (tra 60% e 80% in modo anche indiretto comprendendo le materie prime alimentari e non). Ma qui in Campania qual è la situazione?

Ce lo spiega il presidente regionale di Confcommercio Massimo Di Porzio: «Qui sono circa 10mila le imprese che rischiano di chiudere definitivamente i battenti. La crisi ha colpito tutti i settori del commercio, non solo i pubblici esercizi – spiega Di Porzio – Anche Napoli registra numeri allarmanti. L’incremento del costo dell’energia sta mettendo in ginocchio tutte le imprese: quelle che stanno soffrendo di più sono chiaramente quelle che necessitano di maggiore energia, gelaterie e pasticcerie per esempio sono in gravissima difficoltà. Anche la ripresa dei flussi turistici è stata solo un palliativo, una piccola boccata d’ossigeno. Stesso discorso – aggiunge – vale per le misure messe in campo dal Governo: sono aiuti irrisori, non bastano. Il tasso di inflazione è dato al 9% e questo completa il quadro di una situazione economica davvero drammatica. Se chiudono le imprese, i lavoratori perdono il lavoro: in Campania sono a rischio 50mila posti».

E parliamo proprio di occupazione, anche qui i numeri sono tutt’altro che incoraggianti. Analizzando il tasso di occupazione, se il Centro-Nord (65,3%) si avvicina al resto d’Europa (68,4%), il Sud (44,8%) ne resta troppo lontano, soprattutto nella componente femminile (33,2%). Le cose vanno peggio in Campania: tasso di occupazione totale 41,3% e di occupazione femminile 29,1%. Sarà anche per questo che dal 2007 a oggi, più di 800mila persone hanno lasciato le città del meridione per emigrare al Nord. Una tendenza destinata ad accentuarsi in futuro: nel 2030 i residenti nell’area dovrebbero scendere da 19,9 a poco più di 18 milioni, e nel 2050, il calo del Mezzogiorno rappresenterà quasi il 70% di quello atteso per l’intero Paese.

«Sono dati allarmistici, purtroppo il Sud sconta una carenza strutturale che non consente di lavorare in maniera legale e stabile – commenta Di Porzio – Al Nord senz’altro ci sono più opportunità e soprattutto arrivano prima: subito dopo la laurea o la fine del liceo. È per questo che chiediamo da tempo di creare un’asse scuola-lavoro cioè una rete tra le università e le aziende. Bisognerebbe agevolare le imprese che assumono e formano giovani lavoratori che vanno a loro volta stimolati e incentivati a crescere professionalmente. Dare contribuiti a pioggia a chi non ha un lavoro serve a poco, diamo le risorse economiche alle aziende e creiamo lavoro».

E arriviamo al Pnrr, per tutti l’ultima occasione che ha il Sud di mettersi in pare con il Nord. Anche su questo punto il presidente di Confcommercio Sangalli è scettico: «La messa a terra del Pnrr non ha dato ancora i frutti sperati, ma pesano anche i soliti deficit sistemici, anche in termini di capacità di progettazione, esecuzione e vincoli burocratici». D’accordo anche il presidente regionale Di Porzio: «Manca la capacità progettuale, abbiamo i soldi ma non sappiamo fare i progetti. Pesa molto anche la scarsa capacità associativa, ognuno viaggia per sé mentre il Pnrr ha come obiettivo proprio la coesione sociale, il fare insieme progetti per lo sviluppo del nostro territorio».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Affascinata dal potere delle parole ha deciso, non senza incidenti di percorso, che sarebbero diventate il suo lavoro. Segue con interesse i cambiamenti della città e i suoi protagonisti.