Chiariamo i punti oscuri del Fatto
Caso Consip, perché Gasparri ha accusato Romeo? Tutti i dubbi del processo d’argilla…

Il Fatto Quotidiano riporta alla ribalta il caso Consip e il ruolo di Alfredo Romeo, che è il principale imputato ed è anche l’editore di questo giornale. Lo fa con un ampio articolo di Vincenzo Bisbiglia e Vincenzo Iurillo nel quale si dà conto dei due esposti presentati da Romeo a varie Procure, al Csm e alla ministra Cartabia, nei quali si racconta di parecchie irregolarità che hanno accompagnato le indagini, soprattutto, sembra, nella loro fase iniziale. Curiosamente – permettetemi questa osservazione scherzosa – l’articolo è corretto, non contiene eccessive asprezze polemiche, e illumina abbastanza bene alcune – almeno alcune – goffaggini di questo processo. Dico “stranamente” perché sinora il Fatto era sempre sembrato, sul caso Consip, la voce ufficiale dell’accusa. Tuttavia l’articolo lascia alcuni punti un pochino oscuri, e qui proviamo a chiarirli.
Il Fatto spiega che tra le tante irregolarità segnalate da Romeo la principale riguarda la non spontaneità della chiamata di correo di tal Marco Gasparri nei suoi confronti. E osserva che se per caso dovesse essere accertata la non spontaneità di quella chiamata di correo, cadrebbe la deposizione di questo Gasparri e il processo potrebbe andare a carte quarantotto, perché si regge tutto su questo atto di accusa. Vediamo di capire di cosa si tratta: Romeo è sotto accusa in due processi, anche se i fatti contestati sono sempre gli stessi. Uno dei due processi è quello dove ci sono tanti imputati eccellenti (tra gli altri Verdini, Lotti e il papà di Renzi) per il quale i Pm avevano chiesto l’archiviazione, respinta però dal Gip Sturzo e ora si dovrà andare all’udienza preliminare. Chiamiamolo Consip 1. Il secondo processo invece è ad hoc: solo contro Romeo. Questo secondo processo (chiamiamolo Consip 2) si fonda interamente sulla testimonianza di questo Marco Gasparri, un ex funzionario Consip che negli anni passati veniva spesso a trovare Romeo.
A quale fine? L’accusa sostiene che Romeo lo pagò in cambio di un aiuto per vincere le gare Consip. Appalti per centinaia di milioni, che la Romeo – prima azienda italiana nel settore del “facility management” – vince da svariati anni. I fatti però dicono quattro cose: primo, questo Gasparri non aveva nessuna possibilità di influire sull’esito delle gare, e Romeo lo sapeva. Secondo, dalle intercettazioni e dagli interrogatori dei dirigenti Consip che decisero l’esito delle gare risulta che non ci fu nessun favoritismo nei confronti di Romeo ma ci furono favoritismi verso altre aziende e a danno di Romeo. Terzo, dopo lo scandalo furono istituiti controlli rigorosissimi nelle gare successive; recentemente si sono concluse le gare per otto lotti. Chi sono le aziende che le hanno vinte? Una sola azienda e le ha vinte tutte con largo distacco: la Romeo Gestioni. E questo fa sospettare che la Romeo vincesse (e non sempre) le gare non perché tramava ma perché era largamente la migliore. Circostanza, peraltro, che tra gli addetti ai lavori era stra risaputa
Quarto, Gasparri ha sostenuto di avere avuto dei soldi da Romeo, ma non ha mai saputo dire né quando, né come, né dove, né perché, né cosa abbia fatto di questi soldi. Non c’è traccia del denaro, nessuno ha mai trovato traccia. Romeo ha sempre negato. I colloqui tra Romeo e Gasparri da sempre sono intercettati e in nessun colloquio si è parlato di soldi.
Bene. Il processo ora è in corso e volge al termine. Si gioca tutto attorno l’autoaccusa di Gasparri che ha patteggiato una pena modesta e ha evitato il carcere (Romeo invece ha fatto molti mesi di carcere, che poi la Cassazione ha giudicato immotivato). Recentemente però è giunta una novità davvero clamorosa, e che rovescia la situazione. Gli avvocati di Romeo hanno potuto ascoltare 20 mila intercettazioni che sono state depositate all’altro processo (quello con Lotti, Verdini e Tiziano Renzi) e sono intercettazioni che fino a qualche mese fa erano segrete. Dalle intercettazioni – come racconta il Fatto – emergono elementi che suggeriscono molto concretamente l’idea che la perquisizione a casa di Gasparri sia stata concordata, che l’avvocato di Gasparri al momento della perquisizione stesse nell’ufficio del Pm, che l’atto di autoaccusa sia stato preparato e concordato in varie forme e non avesse nulla di spontaneo. Dunque che sia inutilizzabile.
Cosa manca nella ricostruzione del Fatto? Un particolare abbastanza importante. Le intercettazioni che mettono in mora Gasparri e le sue accuse sono state negate alla difesa per anni. E se il Gip dell’altro processo (il Consip 1) avesse accettato la richiesta di archiviazione sarebbero scomparse. Le conosceva il Pm (del Consip 2 che è lo stesso Pm del Consip 1) ma non la difesa. E quando la difesa le chiese, perché sapeva che esistevano, il Pm disse che garantiva lui che in quelle intercettazioni non c’era nulla che riguardava l’affare Gasparri. Non era vero. Ora è evidente che non era vero. Che Dio lo benedica!
Beh, non è un particolare da niente. Così come non è da niente il particolare che le indagini sull’esposto di Romeo siano state assegnate proprio al Pm che sta sostenendo l’accusa contro Romeo, cioè all’oggetto dell’esposto. La Procura gli ha detto: guarda un po’ qui, fai un’indagine su te stesso e poi dicci se hai ragione o torto… Non fanno così neanche nei tribunali di Maduro. Il Fatto ci informa però che il Pm ha avviato le indagini su se stesso e ha interrogato il maggiore dei carabinieri Giampaolo Scafarto, che è il protagonista delle perquisizioni dolci a casa di Gasparri. E ci dice anche che l’indagine contro Scafarto sarà archiviata. Ce lo dice, evidentemente, utilizzando doti di preveggenza delle quali noi non disponiamo (ma a pensarci bene ne disponiamo un po’ anche noi: sì, sarà archiviata…).
Del resto è stato proprio il Pm che sta indagando – evidentemente con molta imparzialità come farebbe chiunque di noi se gli chiedessero di indagare su se stesso…- ad aver dichiarato, in una recente udienza del processo a Romeo, che le ipotesi dell’esposto di Romeo sono un “film”. Cioè fantasia, cioè infondate. E questo spiega con quanta cura e meticolosità si svolgerà l’indagine sull’esposto. Il Pm si riserva di decidere se si tratta di un film di fantascienza o di fantasia. Fin qui i fatti.
Poi c’è la domanda insinuante che il Fatto Quotidiano pone – fuori dall’articolo -, in prima pagina, con grande evidenza. Questa: “Il dirigente Gasparri patteggia per tangenti da Romeo e questo solleva dubbi sulla confessione. Ma perché dovrebbe confessare reati non commessi?” Naturalmente è una domanda che non necessariamente richiede una risposta. In giurisprudenza una chiamata di correo non è di per sé una prova di colpevolezza. Occorrerebbero dei riscontri. Non a caso esiste, ad esempio, il reato di autocalunnia. E i riscontri toccano all’accusa. Tuttavia voglio venire incontro agli amici del Fatto perché, siccome da diversi mesi seguo questa vicenda, una risposta io ce l’avrei. Dunque – come dice giustamente l’articolo di Bisbiglia e Iurillo – dopo la condanna, Gasparri è stato licenziato da Consip e ha cambiato vita. Come? Ha iniziato a lavorare, insieme a suo fratello, per un’azienda che era concorrente dell’azienda di Romeo nella gare Consip.
Questa azienda, che non era specializzata nel settore del facility management e infatti non aveva mai vinto gare in passato, fu sconfitta da Romeo. Era in gioco un appalto bello grosso. Un miliardo, 51 milioni e 400 mila euro. Questo appalto, per via delle accuse di Gasparri a Romeo, è stato tolto a Romeo e assegnato alla società alle cui dipendenze era passato Gasparri. La Team Service. Diciamo che Gasparri aveva circa un miliardo di ragioni per accusare Romeo, non vi sembra?
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