"Scrittore, attivista politico e reporter, compagno di Sahra, papà di Andrea e Filippo”
Chi è Alessandro Di Battista, turista militante che ha il cervello di Homer Simpson
Se fosse una serie televisiva potrebbe intitolarsi “Il mistero Di Battista”. Fitto, ma non troppo. “Chissà che fine ha fatto Eugenio, barba da mascalzone, chissà che fine ha fatto Eugenio, barba portafortuna, chissà che sogni che si inventa e sogni che si fuma…”, qualche anno fa, così Francesco De Gregori cantava pensando a un ragazzo non più pervenuto all’attenzione degli amici.
Molti, pensando invece a Di Battista, hanno pensieri e domande meno assoluti: che avrà in mente l’uomo, il ragazzo, l’escursionista o, per dirla sempre con il cantautore, il giovane esploratore Alessandro? Assodata la nebulosa sulle sue intenzioni nell’immediato, e ancora di più sul suo impianto politico-attitudinale, nei giorni scorsi mi sono così interrogato sul senso della persona, facendo ricorso, sia detto senza ironia, cercando dunque di rispettare gli imparaticci di una narrazione doverosamente neo-ideologica, come si conviene ragionando di pentastellati, ritrovando l’immagine in sezione del cervello di Homer Simpson: fallato da un pennarello, chissà come lì presente, tra la materia grigia conficcato, risposta chiara ai suoi limiti. Per la mente mobile di Alessandro Di Battista, escludendo da subito presenza di corpi estranei, si fa fatica a comprenderne le esatte bussole politiche, più semplice semmai inquadrarla antropologicamente, invidiabile turismo militante.
Di sé, su Facebook, la persona dice d’essere “scrittore” e ancora “attivista politico e reporter, compagno di Sahra, papà di Andrea e Filippo”. Dunque, profilo basso e insieme ciclopico. Quanto al suo podcast, c’è da rilevare un titolo degno di De André e degli stessi anarchici: “Ostinati e contrari”. Un senso di marcia che talvolta viene fatto proprio anche da certa destra diffusa post-montanelliana con altrettante venature di turismo ideologico. Su tutto, una “weltanschauung” accompagnata giustamente da ragioni narcisistiche; e, cosa nota, al narcisismo non si comanda. O forse, mantenendo il discorso sul piano di realtà, per ragionare di lui occorrerebbe fare ritorno all’Assente. Forse solo in apparenza lontano dalla nostra serie, Beppe Grillo, autoclave primaria dell’intera avventura pentastellata, titoli di coda compresi. Il titolo di Assente, lo diciamo per precisione storiografica, ebbe già modo di ottenerlo, nei giorni del 1936, altri tempi, José Antonio Primo de Rivera, fondatore della Falange Spagnola. Sebbene fosse stato fucilato dai “rossi”, i suoi, rifiutando di ammetterne la caduta, preferirono immaginarlo solo temporaneamente lontano dal fronte, da qui il titolo di “Ausente”; circonfuso di mito e aureola.
L’Assente Grillo, nel nostro caso, mostra una narrazione meno tragica: da simposio pomeridiano d’autofficina di moto enduro, e tuttavia va forse immaginato più interessato al futuro del Movimento di quanto non appaia, intanto che l’altro assente a se stesso, in questo caso per ragioni di non pervenuto talento, Giuseppe Conte, rischi di ritrovarsi completamente a secco di carburante, costretto a fare ritorno ai faldoni d’avvocato da cui, miracolato, giunge. Il “Garante” potrebbe allora essere lì a fare opera di riscaldamento proprio per Di Battista, se non proprio da commissario tecnico, certamente da un massaggiatore, pronto a curare e coltivare i muscoli del giovane, che intanto si diletta a Mosca, così implicitamente da assecondare l’opinione diffusa nell’ampio contesto perfino rosso-bruno che Putin sia lui parte lesa, “Agnus Dei” di una sporca guerra che in verità andrebbe addebitata all’Occidente, la Nato, gli Usa, tutti desiderosi di rapinare loro le risorse dell’incolpevole Russia. “Dibba” come Molotov e von Ribbentrop, due in uno, per restare nella metafora motociclistica delle marmitte.
D’altronde, cosa fatta capo ha, e ciò che rimane dell’accrocco del Movimento non va buttato allo sfascio come fosse un vecchio “Corsarino 50”, perfino a dispetto dei sondaggi che lo indicano in picchiata dopo l’età dell’oro dei consensi plebiscitari. Allora, sia pure da una posizione minoritaria, si fosse anche ristretto come il Psdi di Tanassi a Nicolazzi, vale tenere alta la carburazione, e sono pur sempre possibili nuovi voti, il bacino populista, antisistema, novax, terrapiattista, “Insieme per la Colla Vinilica” (la definizione è dello stesso Alessandro per indicare il gruppo parlamentare che vede protagonista l’ex amico Luigi Di Maio), pro-Assange, filopalestinese, filocurdo, ecc. è ampio, e i voti, così come il denaro, non puzzano, sono sempre ben accetti. Un po’ come quando l’esercente decide di tenere aperta la propria concessionaria sotto casa, “tanto le mura sono mie e quindi non devo neanche pagare la pigione”. Quale allora migliore assistente per salvare l’officina a cinque stelle, se non di Battista?
Lo “scrittore” Di Battista è d’altronde “giovane”, porta con sé un appeal “casual” così come il centauro Andrea Scanzi e la madrina di gara Selvaggia Lucarelli presenti nei dintorni del circuito, certamente ci sarà anche Travaglio a dare manforte con il suo Fatto Quotidiano, alla fine non occorrerà neppure piazzare il cartello “Nuova gestione!!!!”. A un certo punto, l’Assente si mostrerà accanto proprio a Di Battista, come investitura post mortem del primo M5s. Adesso qualcuno potrà obiettare che questa modestissima metafora motociclistico – imprenditoriale fa torto alla complessità delle cose e dei nodi, ma a costoro basterà forse rispondere con le parole pronunciate dallo stesso Di Battista per rassicurare il popolo di riferimento: “Si appellano al senso di responsabilità quelli, che negli ultimi anni, sono stati responsabili solo del loro culo, tra l’altro flaccido come la loro etica. Parlano di rispetto delle Istituzioni coloro i quali, soprattutto nell’ultimo anno e mezzo, hanno violentato la massima Istituzione del Paese, il Parlamento, togliendogli ogni dignità”. Voglia di dignità nuova saltami addosso. Broooommm! Broooommm!
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