«Coltivare e detenere cannabis con la specifica finalità di erogarla a soggetti che abbiano diritto di assumerla a scopo terapeutico non può in alcun modo interferire con il mercato della droga e con la circolazione di quest’ultima a scopo ricreativo (con tutte le implicazioni criminogene che esso implica), né può minare la sicurezza e l’ordine pubblico o mettere in pericolo le nuove generazioni, perché, al contrario, questo tipo di condotta si inserisce, semmai, nell’ambito della concreta attuazione del diritto alla salute ex art. 32 Cost, diritto fortemente compromesso dal fatto che il SSN distribuisce la sostanza ai malati sotto forma di farmaci di vario tipo (per esempio il Bedrocan) ma a condizioni economiche proibitive». Così conclude la Seconda Sezione della Corte d’Appello di Firenze nel ribadire l’assoluzione espressa già nei confronti della disobbediente Rita Bernardini, difesa dall’avvocato Giuseppe Rossodivita, dal Tribunale di Siena.

Tra le righe della motivazione sembra di scorgere, nemmeno troppo nascosto, il plauso per l’operato di chi combatte una battaglia politica con la disobbedienza civile conquistando diritti di rango costituzionale non adeguatamente tutelati dall’ordinamento. Il principio di offensività in concreto della condotta della persona sottoposta a giudizio deve guidare il giudice del merito al quale è affidato il compito di accertare se l’agire oggetto di valutazione possa essere inalveato nell’ambito del penalmente rilevante incarnando i tratti di pericolosità per il sociale che danno senso e scopo alle fattispecie punitive. L’accusa formulata dai capi di imputazione è cessione di cannabis per la sola Rita Bernardini e di coltivazione finalizzata alla cessione a terzi anche per due coimputati che solo a menzionarli si spezzano le corde della commozione e della memoria: Marco Pannella e Laura Arconti. Una storia d’amore Radicale, d’amore e di disobbedienza, nel segno di una concezione della legalità che non è mai supina accettazione di ogni regola imposta ma ricerca indefessa, coraggiosa, doverosa e convinta dello Stato di Diritto e della Giustizia giusta.

Da Marco Pannella a Rita Bernardini corre un filo di continuità di ideazione e di azione: transitare tutto e tutti nello Stato di Diritto attraverso i segni sulla propria carne degli scioperi della fame per con-vincere; attraverso la violazione consapevole e pubblicizzata di norme disancorate dalla realtà, dal buon senso, dal sentire comune, da fondamenti giuridici sorretti da una tensione ideale di ampio respiro, ispirati ai diritti inalienabili della persona, alla centralità dell’uomo nel sistema costituzionale, alla tutela di tutte le diversità, di ogni vulnerabilità, della libertà piena di ciascuno di fare e di essere ove non confligga con le libertà degli altri. Dall’obiezione di coscienza all’aborto, alla rimozione delle barriere architettoniche a tutela dei diritti delle persone portatrici di handicap, al divorzio, all’eutanasia legale, al pluralismo dell’informazione declinazione del motto radicale “conoscere per deliberare”, alle battaglie di uguaglianza di genere, alla cannabis terapeutica. Storie d’amore per i diritti e per le libertà, di utopie perseguite disegnandone il cammino e rendendole possibili, un passo alla volta, attraverso la lenta e inesorabile affermazione della loro esistenza, della loro accettazione e del riconoscimento sociale, della loro affermazione naturale, della condivisione.

Questa l’azione politica del Partito Radicale di Marco Pannella condotta oggi come allora da Rita Bernardini e da luminosi interpreti fuori e dentro il Partito Radicale. Si pensi a Marco Cappato e a Mina Welby con l’Associazione Luca Coscioni, assolti da processi in cui rischiavano fino a 12 anni di pena detentiva per inseguire il diritto di ognuno di scegliere di morire ove la condizione del vivere sia ormai uno stillicidio di sofferenza e non offra più alcuna speranza, alcuna prospettiva; di salutare con dolcezza la vita e i propri affetti a protezione di un sentire intimo ed esclusivo che appartiene ad ogni persona quale entità unica. La disobbedienza come dovere imposto da un credo politico, dalla coscienza sociale, dalla convinzione di poter essere, a proprio rischio, strumento di trasformazione dell’esistente, commettendo condotte illegali ma giuste, portando davanti ai giudici azioni ancora valutabili come criminose per rendere palese, tangibile, l’iniquità delle previsioni normative, ponendo sé stessi nella condizione di indagati, di imputati, di condannati, affrontando l’alea dei processi, accettando la possibilità della privazione della propria libertà, per forzare con la nonviolenza le leggi a trasformarsi, a recepire un’evoluzione che già è, per la dignità delle persone tutte, per le libertà di ognuno.

Chi vive oggi ha raccolto libertà e diritti conquistati da persone come loro, dai disobbedienti, dai trasgressori, dai sognatori, da chi persegue l’utopia e la invera.
Come Marco Pannella, Rita continua a disobbedire, ad essere processata, a chiedere di essere arrestata quando ritiene che la Procura le riservi un trattamento di favore per smorzare la forza della sua voce, ad incarnare il cambiamento, ad essere Speranza. Tornano in mente le parole della prefazione di Marco Pannella al libro “Underground a Pugno chiuso” di Andrea Valcarenghi riconosciuto da molti come un autentico manifesto del pensiero Radicale: “Brucare o fumare erba non m’interessa per la semplice ragione che lo faccio da sempre. Ho un’autostrada di nicotina e di catrame dentro che lo prova, sulla quale viaggia veloce quanto di autodistruzione, di evasione, di colpevolizzazione e di piacere consunto e solitario la mia morte esige e ottiene. Mi par logico, certo, fumare altra erba meno nociva, se piace, e rifiutare di pagarla meno cara, sul mercato, in famiglia e società, in carcere. Mi è facile, quindi, impegnarmi senza riserve per disarmare boia e carnefici di Stato, tenutari di quel casino che chiamano “l’Ordine”, i quali per vivere e sentirsi vivi hanno bisogno di comandare, proteggere, obbedire, torturare, arrestare, assolvere o ammazzare, e tentano l’impossibile operazione di trasferire i loro demoni interiori (di impotenti, di repressi, di frustrati) nel corpo di chi ritengono diverso da loro e che, qualche volta (per fortuna!), lo è davvero”. “Quando te ne vai – diceva Marco nelle sue ultime ore – bisogna solo poi vedere quanti sono coloro che fanno della tua mancanza nella morte, una tua presenza nella vita”. Rita lo fa, ogni giorno. Regala le sue parole ai sordi, “con un canestro di parole nuove a calpestare nuove aiuole”.