Da 12 anni una rete di associazioni della società civile compila un Libro Bianco per offrire a istituzioni e opinione pubblica una valutazione indipendente dell’impatto del Testo Unico sulle droghe 309/90. Quest’anno grande attenzione è stata data all’anniversario dell’adozione della Convenzione unica sulle droghe del 1961 – la pietra miliare del “controllo internazionale delle droghe”.

Il 30 marzo 1961 gli Stati dell’Onu si presero l’impegno solenne di eliminare, “whatever it takes”, le produzioni illegali di oppio entro il 1984 e quelle di cannabis e coca entro il 1989. Quel documento, che doveva anche garantire l’accesso universale a terapie stupefacenti, divenne la giustificazione di massicce e sistematiche violazioni dei diritti umani in tutto il mondo. L’escalation delle punizioni anche per l’uso personale delle sostanze sotto controllo internazionale iniziò a seguito dell’adozione della terza Convenzione Onu sulle droghe, implementata in Italia dalla Legge Jervolino-Vassalli del 1990 – tutt’oggi la fonte normativa delle politiche antidroga.

Negli ultimi mesi ci sono almeno tre novità che potrebbero far intravedere un futuro di segno diverso: il 2 dicembre 2020 l’Onu ha cancellato la cannabis dalla IV Tabella delle sostanze poste sotto controllo internazionale; all’inizio di aprile la Ministra Dadone ha annunciato di voler convocare la Conferenza Nazionale sulle droghe (che manca da 9 anni) e poco dopo la Ministra Cartabia ha incentrato le sue proprie priorità per la giustizia attorno alla proporzionalità della pena e il carcere come extrema ratio. Per questi motivi, forse come raramente è accaduto in passato, il Libro Bianco sulle Droghe rappresenta un vero e proprio promemoria per il governo. E’ attesa la relazione del Dipartimento per le Politiche Antidroga coi dati ufficiali, ma oltre a documentare occorre valutare quanto accaduto complessivamente dal 1990.

Infatti, in 31 anni di applicazione del Testo Unico gli effetti penali sono stati devastanti. In particolare il famigerato articolo 73 è divenuto il principale veicolo di ingresso nel circuito penale di centinaia di migliaia di persone. Infatti, in assenza di detenuti per art. 73. o di quelli dichiarati tossicodipendenti, quasi 15.000 detenuti, l’Italia non conoscerebbe il sovraffollamento carcerario! Malgrado le timide scarcerazioni dell’anno scorso e i vari lockdown che ci hanno bloccati in casa, il 30,8% degli ingressi in carcere è legato alle droghe. Sui 53.364 detenuti presenti negli istituti di pena italiani al 31 dicembre 2020 ben 12.143 lo erano a causa del solo articolo 73 del Testo unico (sostanzialmente per detenzione a fini di spaccio). Altri 5.616 in associazione con l’articolo 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), solo 938 esclusivamente per il. 74.

La presenza in carcere di tossicodipendenti rimane ai livelli della Fini-Giovanardi (26,5%), alimentata dal continuo ingresso in aumento costante da oltre 5 anni, che raggiungono il record quest’anno: il 38,60% di chi entra in carcere è considerato “tossicodipendente”. Passano i governi, si alleggeriscono le pene ma la situazione non cambia. Impressionante anche il numero di persone coinvolte in procedimenti penali pendenti per violazione degli articoli 73 e 74 per un totale 235.174, il dato più alto da 15 anni a questa parte – sette procedimenti su 10 per droghe terminano con una condanna. La “filiera” del Testo Unico sulle droghe è incredibilmente lineare ed efficiente: perquisire, arrestare e condannare per droghe una persona sembra essere la cosa più facile nel nostro sistema penale. Siamo sicuri che sia una priorità per il nostro paese?

I massimi storici delle misure alternative segnalano che siano diventate un’alternativa alla libertà piuttosto che alla detenzione. Si tratta di misure che ampliano l’area del controllo invece di limitare l’approccio coattivo-penitenziario.
I lockdown hanno frenato l’aumento delle persone segnalate al Prefetto per consumo di sostanze illecite: “solo” 31.016 nel 2020 di cui circa 3000 minorenni. Più delle segnalazioni diminuiscono le sanzioni: 8.587 nel 2020. Irrilevante la vocazione “terapeutica”: solo 94 persone sono state sollecitate a presentare un programma di trattamento sociosanitario, nel 2007 erano 3.008!

La repressione colpisce principalmente persone che usano cannabis (74,4%, il 97% è minorenne), por cocaina (19%) ed eroina (5,01%) e in maniera irrilevante altre sostanze. Dal 1990, 1.312.180 i segnalati per possesso di sostanze stupefacenti a uso personale di cui un milione per derivati della cannabis. Il libro offre ulteriori dati relativamente alla qualità e quantità di servizi esistenti o offerti, nuovi approcci terapeutici e raccoglie proposte di modifiche e aggiornamenti legislativi che concorrerebbero un governo del fenomeno “droghe” facendo tesoro (anche) di esperienze, ormai consolidate, in altri paesi. Le Ministre Dadone e Cartabia ci pensino.

Marco Perduca, Leonardo Fiorentini

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