Quali le conseguenze se il Coronavirus raggiungesse l’Africa? O una vasta zona dove il sistema sanitario non è preparato ad affrontare l’emergenza? Siamo in balia dell’incertezza. Intuiamo la politica di contenimento di Pechino per arginare il morbo. Fino a quando non si scopre e produce in enormi quantità un efficace vaccino, bisogna limitare il contagio contenendo la mobilità delle persone. Si parla di 60 milioni di persone obbligate a non uscire di casa o a ridurre drasticamente gli spostamenti. I pochi dati ufficiali provenienti dalla Cina non sono rassicuranti, dal 27 gennaio la curva dei casi confermati nel Paese segna una costante impennata. Tutto il mondo ha ridotto le occasioni di contatti fisici con gli abitanti della Terra di Mezzo. Questo isolamento che cosa può comportare? In primis, una robusta contrazione del settore delle attività turistiche, congressuali e fieristiche.

Un manager di una importante azienda manifatturiera emiliana che lavora in Cina interpellato dal Riformista dice: «Non so quali siano i numeri reali, ma sicuramente sono molto alti viste le misure messe in atto dal governo cinese. Adesso non solo Wuhan è cordonata, diverse altre città sono nella medesima situazione anche fuori dal Hubei, come Wenzhou e alcuni distretti di Hangzhou nello Zhejiang». La sua analisi economica non è incoraggiante: «L’impatto sarà molto forte, temo che le attività lavorative non possano ripartire entro febbraio, forse solo a singhiozzo e a capacità limitata in alcune province, ma non in tutte. Nel mio scenario personale il primo trimestre è perso». Un’italiana che si trova in una università a Suzhou fa sapere: «andiamo in giro come se fossimo gli uomini della scientifica: mascherine, guanti, unguenti antivirali. Il campus è stato disinfestato e chiuso, anche i ristoranti e le caffetterie.

Prendono tutte le precauzioni del caso: ci misurano la febbre più volte al giorno quando entriamo nei supermercati e nei luoghi pubblici». La mancanza di informazioni non aiuta l’Occidente a comprendere cosa aspettarsi da qui a breve. C’è chi dubita della veridicità dei dati ufficiali: chi li controlla? Si ripropone in scala immensamente più grande il dilemma che assilla tutti quando la piattaforma Rousseau del M5s diffonde i risultati dei sondaggi. La Farnesina, con a capo il ministro Luigi Di Maio molto vicino alla Cina e il suo Capo di Gabinetto ex Ambasciatore a Pechino Ettore Francesco Sequi, potrebbe aiutarci a capire qualcosa di più. Non dimentichiamo che, quando l’argomento riguardava l’incensamento del progetto della Nuova Via della Seta, l’ex capo politico pentastellato era molto più loquace e sorridente. In rete è difficile distinguere tra ciò che è vero e ciò che è falso. Alcuni video e foto non ufficiali mostrano lo stadio coperto e il China Culture Exhibition Center di Wuhan (la città megalopoli epicentro) temporaneamente convertiti in ospedali, migliaia di letti ordinati che attendono gli ospiti.

Altri siti, anche stranieri, raccontano come i centri di cremazione della città di Wuhan lavorino giorno e notte. Dal punto di vista sanitario una giusta scelta: bruciare i cadaveri per limitare la possibile diffusione del virus. Ma quanti ne sono stati bruciati? Per quanto riguarda l’intelligence è stato notato come un professore dello Wuhan Institute of Virology il 18 novembre scorso abbia diffuso notizie circa ricerche in loco sul Coronavirus. Naturalmente ciò non prova nulla. Considerando la dimensione globale del virus ciò che ora preoccupa è la sua possibile diffusione in un paese che non vanta un sistema sanitario adeguato ad affrontare tali emergenze. La domanda sulle conseguenze di una (non impossibile, considerando l’alto numero di cinesi che la popolano) diffusione del Coronavirus in Africa rimane un tema serio. Nessun allarmismo, ma il 2019-nCOv, virus globalizzato di un mondo globalizzato, potrebbe divenire il “cigno nero”, l’imprevisto non calcolato che potrebbe lasciare un segno.