La Nuova Camorra Organizzata poteva contare su circa mille affiliati. Era il clan che era stato formato da Raffaele Cutolo, “o’professore”, il Camorrista del film di Giuseppe Tornatore con la faccia di Ben Gazzara, il Don Raffaè della canzone di Fabrizio De Andrè. Cutolo è morto nel carcere di Parma, per una polmonite aggravata da una setticemia del cavo orale, questa la diagnosi finale. Aveva 79 anni. Era detenuto al 41-bis al reparto sanitario del carcere.

La Nco è stata fondata agli inizi degli anni ‘70, nel padiglione Milano del carcere di Poggioreale a Napoli. Il cartello ereditava le caratteristiche piramidali della Camorra ottocentesca – La Bella Società Riformata napoletana e la garduna spagnola del XIX secolo – e alcuni rituali e termini della criminalità organizzata calabrese. Con la nuova organizzazione il vertice diventava uno solo, lo stesso Cutolo, le famiglie facevano capo a lui, detto “Il Vangelo”. La piramide proseguiva con i cosiddetti “Santisti” e quindi gli “Sgarristi”, i “Picciotti” e le “Batterie”.

Le regole del “battesimo” o “fidelizzazione” sono state fissate nel “giuramento di Palillo”, un’audiocassetta con i rituali della Nco. La leggenda raccontava di tre cavalieri camorristi spagnoli che dopo l’esilio giunsero in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna e lì fondarono una “società divina e sacra”. La cerimonia includeva il taglio sul braccio e il patto di sangue. L’elenco degli affiliati sarebbe stato conservato in una delle stanze del castello di Ottaviano, paese natale di Cutolo, che aveva sempre esercitato un fascino peculiare sul Professore.

Il clan era una sorta di federazione, come una rete tra bande che gestivano un specifica area territoriale. Le fila dell’Organizzazione sono state riempite da sbandati, delinquenti della micro criminalità, da sottoproletariato urbano o delle periferie. Cutolo investiva le tangenti all’interno del carcere per assumere consenso: questa la strategia iniziale. La sua retorica, quella del criminale intellettuale che “sapeva leggere e scrivere”, si nutriva anche di una sorta di sciovinismo campano contro l’avanzata dei siciliani. Sedava anche risse e incomprensioni tra detenuti. Dopo il terremoto del 1980 le cellule della Nco cominciarono a infiltrarsi negli appalti per la ricostruzione.

“Ad un ceto delinquenziale sbandato e fatto spesso di giovani disperati, Cutolo offre rituali di adesione, carriere criminali, salario, protezione in carcere e fuori. Si ispira ai rituali della camorra ottocentesca, rivendicando una continuità ed una legittimità che altri non hanno. Istituisce un tribunale interno, invia vaglia di sostentamento ai detenuti più poveri e mantiene le loro famiglie”, recitava la Commissione Parlamentare Antimafia del 1993. Cutolo formò alleanze con le famiglie ‘ndranghetiste dei Piromalli, De Stefano e Mammoliti e con le bande lombarde di Renato Vallanzasca e Francis Turatello oltre con la romana Banda della Magliana.

A gestire la situazione fuori dal carcere la sorella di Cutolo Rosetta e i capi fidati come Enzo Casillo, Pasquale Barra, Davide Sorrentino, Pasquale Scotti, Giuseppe Puca. Ogni 15 giorni Rosetta Cutolo teneva una riunione con i capi e poi riferiva negli incontri in carcere al fratello.

La guerra con la Nuova Famiglia è esplosa a fine anni ‘70 per l’imposizione, da parte della Nco, di una tassa sulle casse di sigarette di contrabbando gestite da tutti gli altri clan camorristici. Fu la miccia che fece esplodere il conflitto: una resistenza a Cutolo era attiva da anni, soprattutto il centro storico di Napoli era sempre rimasto piuttosto autonomo. Numeri quasi da guerra civile: tra il 1980 e il 1987 furono contati circa 800 morti. La Nuova Famiglia era stata creata nel 1978, sulla base della pre-esistente “Onorata Fratellanza”, composta tra gli altri dai Giuliano, gli Ammaturo, i Maresca, i Bardellino. Anche questi si rifacevano al cerimoniale cutoliano, con tanto di giuramento sulla fedeltà e l’omertà.

La Nco si è sfaldata completamente sulla fine degli anni ’80. Con l’allargamento della Nuova Famiglia, la Nuova Camorra usciva indebolita. I blitz e gli arresti fecero il resto. L’organizzazione finì. In nome della Nco, scrive l’Agi, si continuano a esercitare le proprie attività ad Albanella, nella piana del Sele, come provato dall’inchiesta della Dda di Salerno. Proprio lì dove Cutolo si rifugiò in uno dei suoi periodi di latitanza.

Antonio Lamorte

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