Respinto il ricorso della difesa di Raffaele Cutolo per la detenzione domiciliare, dettata dai motivi di salute. Il fondatore della Nuova camorra organizzata, 78 anni, resta in carcere a Parma, dove è detenuto in regime di 41 bis. Il tribunale, che ha fatto un’ampia valutazione conferma che le condizioni del boss non sono incompatibili con la detenzione carceraria.

“Le patologie di cui è portatore Raffaele Cutolo – si legge nell’ordinanza- appaiono allo stato trattabili adeguatamente anche in ambiente carcerario“. Per il collegio, presieduto dal giudice Antonietta Fiorillo, dalla documentazione sanitaria analizzata si può dire che la detenzione di Cutolo non si svolge “con quella quota di afflittività ulteriore tale da comportare una sofferenza che eccede il livello che, inevitabilmente, deriva dalla legittima esecuzione della pena”.

In particolare si sottolinea la presenza di un piano assistenziale personalizzato, la predisposizione di presidi come il letto con le sponde e il materasso antidecubito, la dotazione di un treppiede per gli spostamenti, la presenza di un detenuto lavorante che assicura l’igiene della camera, la presenza dell’oss e il monitoraggio quotidiano di medici e infermieri.

Nel caso del boss “non appare ricorrere con probabilità il rischio di contagio da Covid-19”, scrive il tribunale di Sorveglianza di Bologna. Nell’ordinanza si sottolinea come nessun detenuto è risultato positivo al Covid nel carcere di Parma, e che le informazioni acquisite dal dipartimento di salute pubblica dell’Asl di Parma segnalano che “l’evoluzione dell’epidemia nel tempo e nello spazio, su base regionale, rientra nella curva discendente”.

In tanti anni di detenzione Cutolonon ha mai mostrato alcun segno di distacco dalle sue scelte criminali” scrivono i giudici, che ricordano un colloquio avuto in carcere il 22 luglio 2019  con il giornalista Antonio Mattone durante il quale il boss ha rivendicato la “giustezza” di alcune scelte operate, affermando di avere “fatto anche del bene”, di non aver ordinato atti delittuosi indiscriminati, a differenza dei criminali attuali.

In sostanza, ragiona il tribunale, rivendica “il proprio ruolo carismatico che aveva favorito l’unione di più gruppi“. Per il tribunale, dunque, le condizioni di salute valutate anche in ragione dell’età, non sono tali da eliminare o ridurre grandemente il pericolo di recidiva: “Nonostante l’età e la perdurante detenzione rappresenta un ‘simbolo’ per tutti quei gruppi criminali che continuano a richiamarsi al suo nome”.