La lotta contro la prepotenza del sistema giudiziario è affidata perlopiù a iniziative individuali anche meritorie, insomma al contributo pur lodevole di questo o quell’esponente – spesso non di prima fila, il che la dice lunga – che da destra o da sinistra si impegna sul fronte di questa causa dimenticata. Ma nessuna forza politica, né di destra né di sinistra, pone al centro della propria azione e sulla cima dei propri programmi non – si badi – la “riforma della giustizia”, che è un semplice modo di dire, ma appunto la necessità di contrastare quel potere usurpato, quel flusso di arbitrio e malversazione che si è immesso illegittimamente nel corso repubblicano facendolo sfociare nella palude cui è ridotto il nostro Stato di diritto.

Nessuna forza politica sente l’urto antidemocratico di quel potere, il quale non si produce per il moltiplicarsi di indagini sbagliate e sentenze discutibili, ma per la pretesa sovraordinata di sorvegliare l’indirizzo generale del Paese rieducandone le propensioni alla corruzione dal pulpito dell’azione penale obbligatoria, dell’infallibilità togata, delle mani pulite certificate via concorso pubblico. È una turbativa che non interferisce con questo o quel governo per il fatto che esso è colorato in un modo o nell’altro, ma con la stessa idea che un governo abbia ambizioni di autonomia da quella sorveglianza: e non sarà un caso se le più scomposte e aggressive reazioni della magistratura militante e corporata si sono registrate a contestazione di un governo partecipato pressoché da tutti.

Perché la cosiddetta “politicizzazione” della magistratura non risiede se non episodicamente nell’atteggiamento di favore verso alcuni o di pregiudizio verso altri, ma nel costituirsi del potere giudiziario in una specie di contro-governo perenne che si giustappone ai poteri legittimi e ne contesta l’esercizio non perché pendono a destra, non perché pendono a sinistra, ma se e perché si azzardano a reclamare il diritto di agire senza pagare il pizzo del benestare giudiziario. Sui motivi per cui nessuna forza politica ritiene di doversi opporre in modo convinto e sistematico a questo andazzo si potrebbe ragionare a lungo, ma non è azzardato osservare che le classi parlamentari e di governo che si sono avvicendate negli ultimi decenni, tutte nessuna esclusa, sono dopotutto il multiforme ma sostanzialmente omogeneo risultato di modellazione del sistema politico secondo lo stampo giudiziario.

Perché anche a destra, davvero non solo a sinistra, riscuoteva consenso la palingenesi repubblicana appaltata al potere della magistratura. Perché nemmeno a destra, esattamente come a sinistra, si comprendeva che nemico di quella magistratura non era il potere precario di uno o dell’altro ma, ben più forte e temibile, il diritto dell’ordinamento democratico.