Nessuna missione “salvifica” nei confronti della magistratura italiana, in quel momento sotto attacco per le rivelazioni ‘shock’ dell’avvocato Piero Amara, quanto piuttosto «polarizzare chirurgicamente l’attenzione» nei confronti dell’allora collega del Csm Sebastiano Ardita, ora procuratore aggiunto a Messina. È quanto si legge nelle oltre cento pagine di motivazioni della sentenza, depositata ieri, con cui i giudici della prima sezione del tribunale di Brescia, presidente Roberto Spanò, hanno fatto a pezzi la linea difensiva di Piercamillo Davigo.

Il mese scorso l’ex pm di Mani pulite ed idolo di tutti i manettari del Paese era stato condannato ad una pena di un anno e tre mesi di prigione per rivelazione e utilizzazione di segreto sui verbali della Loggia Ungheria, resi da Amara, all’epoca legale esterno di Eni, alla Procura di Milano verso la fine del 2019. Per i giudici bresciani, in particolare, Davigo era convinto che Ardita, con il quale aveva fondato la corrente Autonomia&indipendenza e aveva scritto dei libri per Paper First, la casa editrice del Fatto Quotidiano di cui erano entrambi editorialisti di punta, fosse un “massone”, proprio come affermava Amara.

Una accusa terribile al punto, proseguono i giudici, che Davigo «iniziò a fargli terra bruciata al Csm». Ardita, da parte sua, aveva scoperto che qualcosa non andava ed infatti si era confidato con David Ermini, vice presidente del Csm, del fatto che diversi consiglieri gli avevano «tolto il saluto e lo schivavano». Alcuni componenti del Csm, come il togato Giuseppe Marra, anch’egli appartenente ad A&i, a seguito delle rivelazioni di Davigo erano addirittura arrivati a pensare che Ardita fosse «un uomo pericoloso».

Davigo, per questo motivo, è stato anche condannato a risarcire Ardita con 20 mila euro. L’ex pm di Mani pulite, invece, si era difeso dicendo di aver agito correttamente, rispondendo alla richiesta di ‘aiuto’ del pm milanese Paolo Storari che, dopo aver interrogato Amara, avrebbe voluto fare indagini per verificarne la veridicità del contenuto delle sue dichiarazioni.