L’ “effetto azzurro” non riesce ad entrare dentro palazzo Madama dove oggi pomeriggio inizierà la discussione generale sul ddl Zan. Quella polverina magica fatta di concordia e pragmatismo che lo sport ha saputo soffiare sul paese in questi giorni, non trova modo di posarsi sul testo di legge che inasprisce le pene contro chi commette reati di omotransfobia e che cerca di introdurre la cultura del rispetto, a cominciare dalle scuole, per ogni tipo di presunta diversità.

Una cosa è certa: oggi non ci sarà alcun giudizio universale sul disegno di legge Zan. Comincerà invece una lunga trattativa che non è detto finisca entro la pausa estiva. «Abbiamo sei decreti in scadenza entro il 20 agosto, la maggior parte dei quali ancora al carissimo amico nelle commissioni» spiegano i tecnici del Senato. Significa che la precedenza va data a questi che sono tutti legati alla messa a terra del Pnrr. Il Parlamento era e resta diviso in fazioni con relative tifoserie. Il segretario dem fa blocco con i 5 Stelle e Leu per approvare il testo così com’è. Sarebbe la seconda e definitiva lettura. Italia viva ha chiesto di fare alcune modifiche con l’obiettivo di avere una maggioranza più larga e non rischiare, invece, di andare sotto nei voti segreti.

Le modifiche riguardano gli articoli 1,4 e 7, in sostanza la definizione “identità di genere” e la giornata nazionale (a scuola) sulla omotransfobia. In questo modo, è il concetto dei renziani, superiamo contrarietà e diffidenze di almeno due gruppi di peso e contrari: cattolici e femministe. Le destre variano da un no secco di Fratelli d’Italia al Ni di Salvini e il “vediamo” di Forza Italia. Salvini ha fatto il mediatore nei giorni scorsi, abbassando i toni e cercando il dialogo. Da sinistra gli hanno risposto che la sua è “una truffa” per affossare per sempre la legge. Ieri però il leader della Lega ha voluto rialzare la tensione: «Domani torno apposta a Roma, in Senato, per bloccare l’approvazione del ddl e difendere papà e mamma».

Ora, parliamoci chiaro, oggi non ci sarà alcuna approvazione di alcun ddl Zan. Se è vero che non ci sono tavoli né mediazioni in corso, è anche vero che il ddl potrebbe uscire dall’ordine dei lavori del Senato almeno per qualche settimana per lasciare spazio ai sei decreti che altrimenti vanno in scadenza entro fine agosto. Stamani si riunirà la Commissione Giustizia. Il Presidente Ostellari (Lega) potrebbe decidere di mettere in votazione la sua proposta di modifica. Sarebbe l’ultima occasione per portare il testo in aula con un relatore. Ma sarebbe anche una provocazione. Probabile quindi che Ostellari decida di soprassedere per evitare ulteriori frizioni.

Un altro passaggio stretto oggi è il voto sulle pregiudiziali. Dovrebbero essere tre, una per ogni gruppo: Lega, Fdi e Forza Italia. Il sospetto dell’incostituzionalità è lo stesso espresso dalla Santa Sede nella lettera di tre settimane fa. Ecco perché le pregiudiziali – per cui non si può ricorrere al voto segreto – potrebbero essere un passaggio di svolta. Matteo Renzi ha deciso di intervenire in aula proprio sulle pregiudiziali. Sarà l’occasione per l’ultimo appello a trovare una sintesi ed evitare che la legge venga affossata per sempre. Nelle votazioni sui vari emendamenti, sarà chiesto il voto segreto. E a quel punto nessun segretario o leader potrà imporre alcunché su un tema su cui dovrebbe essere lasciata libertà di coscienza. L’unico modo per evitare questa Caporetto è mediare prima. Sono solo undici i voti di scarto a favore della legge. Troppo pochi per rischiare. Anche perché nel Pd qualche senatore è già uscito allo scoperto per chiedere tempo e modifiche.

Dopo il voto sulle pregiudiziali la presidente Casellati dovrebbe sospendere i lavori e convocare la capigruppo. Per decidere il timing del ddl Zan: discussione generale, presentazione degli emendamenti (annunciati a centinaia) e poi le votazioni. Ma prima Casellati dovrà mettere in calendario i decreti in scadenza. Ecco perché dare ultimatum sul ddl Zan è solo propaganda a bassa prezzo.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.