La Grande Rimozione è finita. Bisognava attendere l’area di smobilitazione che circonda un’intera stagione con la sua “classe dirigente” perchè la bozza del bilancio di previsione mettesse nero su bianco la cifra monstre di 2,7 miliardi di euro di debito per il Comune di Napoli, un miliardo in più rispetto alla situazione lasciata dalla giunta Iervolino. «Ente in riequilibrio finanziario pluriennale», la formula pudica utilizzata dalla giunta, eufemismo di un Comune senza guida e ormai anche senza volante che si trova in uno stato di dissesto di fatto, per quanto non dichiarato. Ogni discussione sul futuro della città non può che partire da qui. Pregevoli interventi nei giorni scorsi hanno ricostruito come si è arrivati fino a questo punto, facendo gli esempi della gestione delle partecipate, del patrimonio e altri ancora. Il tema dell’oggi è come affrontare una situazione di estrema gravità ormai conclamata e come farlo, soprattutto, a un anno dalle elezioni a scadenza naturale della consiliatura (estate 2021).

La disciplina legale vigente che prevede che la dichiarazione di dissesto da parte di un sindaco lo renda, insieme ai suoi collaboratori, incandidabile pressoché a qualunque carica politico-istituzionale locale o nazionale è l’ostacolo maggiore alla soluzione ancora oggi prefigurata sulla stampa da Nicola Oddati, responsabile Pd del Mezzogiorno. Perchè Luigi de Magistris è incandidabile per il Comune in quanto alla fine del secondo mandato, ma non intende certo lasciare la politica appare evidente che solo modifiche sostanziali a una normativa, bisognosa di modifiche per altri e ben più sostanziali motivi, può sbloccare una situazione che, diversamente, renderebbe poco credibile qualunque sfida elettorale e terrebbe lontano dalla competizione qualunque personalità di alto profilo. Tuttavia queste modifiche (legislative) richiederebbero i loro tempi e una gestione commissariale, per essere efficace, non può protrarsi per un periodo troppo breve. Nell’attesa che si sciolgano questi nodi l’unica cosa che le persone di buona volontà possono fare è pensare al futuro di questa città prescindendo dagli scenari contabili-legali.

Napoli vive una singolare latitanza di forze politiche strutturate, un problema solo apparentemente secondario. A Napoli serve un progetto di città, uno sforzo di elaborazione degno – lo dico senza retorica – di una capitale del Mediterraneo e di una grande città europea. Per avere un progetto occorre avere corpi intermedi per discuterlo e stenderlo, e una classe dirigente, proveniente da quei corpi intermedi o da altri settori della società, per realizzarlo, con un garante che sappia muoversi con sapienza tra tenuta degli opportuni equilibri, necessari aggiornamenti del progetto al mutare delle condizioni e l’esigenza di tenere viva una relazione dell’amministrazione con le forze vive della città. La stagione della società civile contrapposta ai partiti è finita, ed è finita in un misero quanto prevedibile fallimento. C’era bisogno di alternativa a Napoli e, al di là di tutto, de Magistris offriva l’occasione perchè una nuova classe dirigente emergesse al di fuori dei tradizionali, e ormai sfibrati, schieramenti. Non è avvenuto.

La stagione di de Magistris è la stagione del nulla, attraverso il nulla, che approda al nulla e lascia solo danni. Del resto una persona di qualità, equilibrata, di giudizio indipendente non avrebbe potuto resistere a condizioni così estreme. Dieci anni persi per la città, e che pagheremo a lungo. Immagino il prossimo sindaco come un dirigente politico di qualità, dotato di vision, che sappia circondarsi di persone di livello ma molto operative. Solo una politica attrezzata può dare una risposta all’altezza dell’enormità delle sfide. Napoli va inserita nei circuiti della globalizzazione. La creazione di una rete di infrastrutture materiali e immateriali degne di una grande città europea, il potenziamento dell’eccellenza universitaria e della ricerca, la cura del decoro urbano che deve trasformarsi in quella “ordinaria manutenzione del bello” cara a Vittorio Del Tufo, il rilancio delle periferie con la conclusione di grandi progetti strategici.

Non si parte da zero. Esperienze come le Universiadi, con pratiche di efficienza e molti impianti rimessi a nuovo, la sapiente direzione di tanti musei e realtà culturali, l’effervescenza di esperienze maturate attorno al rettorato di Gaetano Manfredi, l’ormai consolidata del Napoli Teatro Festival – tutti risultati non a caso non ascrivibili in alcun modo al sindaco peggiore della storia della città – indicano già una strada da percorrere fino in fondo con lucidità, pazienza e tanto qualità e livello intellettuale nell’amministrazione comunale e nei suoi addentellati.