Il debito del Comune di Napoli ammonta a 2,7 miliardi di euro, somma che è stata inserita nel documento di bilancio, approvato ieri dalla giunta comunale. Una situazione disastrosa che getta ombre sull’amministrazione del sindaco Luigi de Magistris che a febbraio ha evitato il default per il rotto della cuffia, grazie a un emendamento varato da Pd e M5S. Ciò non è bastato per nascondere sotto il tappeto di Palazzo San Giacomo la polvere di centinaia di migliaia di euro di cattiva gestione che solo la Corte dei Conti era riuscita a far emergere. Ma dalla sede dell’amministrazione comunale pareva che non si avesse alcuna intenzione di dichiarare il dissesto. Anzi, dopo l’approvazione del rendiconto, ieri sera la giunta ha accampato altre scuse: «Il permanere del taglio nei trasferimenti dello Stato, il cambiamento delle regole in corsa, come l’introduzione armonizzazione contabile a cui non ha fatto seguito una rivisitazione della disciplina degli enti in predissesto, rappresentano ostacoli oggettivi che rallentano il rientro dal disavanzo».

Molto più severo il giudizio di Michele Saggese, assessore al Bilancio quando a indossare la fascia tricolore era Rosa Russo Jervolino: «Ciò che è stato fatto dal sindaco e dai consiglieri comunali è una cosa gravissima. Si tratta di aver approvato, per anni, bilanci fasulli. È chiaro che il debito non è stato accumulato solo in quest’anno, ma che ci sono errori di vecchia data, sinora accuratamente tenuti nascosti». Ma come si è arrivati a questo rovinoso quadro finanziario? «Gli errori commessi sono moltissimi – spiega Saggese – primo tra tutti la cattiva, anzi, la non gestione delle partecipate. Il sindaco le ha usate come serbatoio elettorale e avrebbe dovuto, invece, metterle in sicurezza o in liquidazione».

L’ex assessore si riferisce alla scelta operata nel 2013 – e «guidata da una logica assurda e da un’ideologia incomprensibile» – di trasformare l’Arin (Azienda Risorse Idriche Napoli), che portava nelle casse comunali circa 15 milioni di euro, nell’azienda speciale ABC Napoli (Acqua Bene Comune). Manovra che ora vede i bilanci della società in rosso: si registra una perdita di 25 milioni l’anno. «Altra mossa sbagliata e priva di senso – continua Saggese – è stata mettere in vendita le Terme di Agnano e la Mostra d’Oltremare per poi fare retromarcia». E ancora «eliminare il Consorzio unico Campania con una conseguente evasione da parte dei cittadini di circa il 100 per cento».

Per il Comune di Napoli, questo vuol dire aver perso centinaia di migliaia di euro ogni anno. Cattiva gestione anche dell’Anm, l’azienda comunale di trasporto, che «andava messa in liquidazione e che invece dopo la fusione con Metronapoli continua a essere in perdita». Insomma, un errore dopo l’altro che, unito all’aver tentato di occultare per anni gli effetti devastanti di certe scelte politiche, ora trascina il primo cittadino e il suo entourage verso un punto di non ritorno. «È assurdo che stiano negando l’evidenza – conclude Saggese – Avrebbero dovuto dichiarare subito il dissesto e cercare poi di porvi rimedio. Spero in un sussulto di orgoglio da parte dei consiglieri comunali che devono assumersi le proprie responsabilità e poi chiedere le dimissioni del sindaco».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.