“Tutt’eguale song ‘e criature…” cantava Enzo Avitabile. E anche le loro voci lo sono. Poco importa se sono quelle dei bambini nati nella parte fortunata del mondo, se sono dei bambini strappati alla camorra o se sono le grida dei bambini che devono vivere nel terrore di morire sotto le bombe. Sono bambini, sono tutti uguali e devono essere aiutati. E così ‘a voce d’ ‘e creature’ di Napoli ha risposto alla voce tremante dei bambini ucraini che chiedono aiuto durante questa guerra folle. L’associazione guidata da don Luigi Merola e supportata da un gruppo di imprenditori partenopei ha attivato subito una rete di solidarietà per riempire un furgoncino bianco di medicine, tute da neve e alimenti.

Il furgoncino è partito da Napoli, Francesco ha guidato per ben 24 ore di fila, prima di raggiungere la città di Leopoli, una delle zone di guerra al confine con la Polonia, da oltre una settimana sotto il fuoco incrociato dei militari russi. Sparano a vista sui civili, piovono bombe e perfino uscire di casa per comprare medicine e cibo è diventato impossibile. «La nostra fondazione si occupa da diciassette anni di accogliere i bambini di famiglie “sfortunate” – racconta don Luigi Merola – qui da noi ogni pomeriggio vengono anche due bambini ucraini e la loro mamma, Marta, è in contatto con molte famiglie in Ucraina che ci hanno chiesto aiuto». E Napoli ha risposto. «Ci hanno chiesto medicine, soprattutto pomate per le ustioni perché sono stati colpiti dalle bombe – spiega il sacerdote – Ne abbiamo mandate 500, ci hanno raccontato che mille tra bambini e ragazzi sono stati feriti in questi giorni di guerra». Le famiglie che l’associazione sta aiutando si trovano nella città di Leopoli (dove di recente si è trasferita da Kiev anche l’ambasciata italiana) e come migliaia di civili in questo momento non riescono a lasciare il Paese.

Il loro è un grido disperato. «In pochi giorni abbiamo raccolto e inviato in Ucraina 250 scatole di antibiotici e 250 di antidolorifici, 500 pannolini per bimbi, 300 omogeneizzati e 300 confezioni di latte e 150 tute da neve visto il freddo che c’è – spiega don Merola – Finora abbiamo raccolto e speso più di 3mila euro». L’onda di solidarietà cresce ora dopo ora. «Tanti imprenditori ci stanno supportando economicamente e altri si sono detti pronti ad accogliere nelle loro case i profughi in arrivo. I bimbi li accoglieremo anche qui, cercheremo di distrarli mettendo a disposizione i nostri laboratori e facendoli giocare con i bimbi napoletani». Nel frattempo, tre piccole sono riuscite a superare i confini e a raggiungere la nonna che si trova a Napoli e sono pronte a unirsi ai bambini della fondazione di Don Merola. «Tante famiglie vogliono lasciare il Paese ma ora è difficilissimo ed è altrettanto complicato far arrivare gli aiuti visto che la maggior parte dei canali sono stati chiusi. La situazione lì – prosegue l’ex parroco di Forcella – è veramente drammatica, ci raccontano che ogni giorno raccolgono in strada tantissimi cadaveri. Chi è rimasto, ci spiega che piovono bombe in continuazione e non riescono più a uscire di casa. Sono disperati».

Don Merola, come tutti noi, si augura che tra qualche giorno le famiglie non abbiano più bisogno degli aiuti, ma nel frattempo il secondo furgone è pronto a partire e il prete lancia l’appello: «Chiunque voglia aiutare, si rivolga a noi, ci porti vestiti e medicine o faccia una donazione». E mentre su Leopoli continuano a cadere bombe, qui a Napoli i ragazzi nella sede della fondazione di Corso Malta (una villa sequestrata a un boss della camorra) si adoperano per confezionare pacchi e raccogliere beni di prima necessità. Una solidarietà enorme che riesce a superare quei confini blindati da un’idea assurda, e ad arrivare fin lì. «Tutti i bambini del mondo hanno lo stesso volto, gli stessi desideri e gli stessi diritti. Hanno tutti il diritto al gioco, nessuno dovrebbe sentire le bombe esplodere – conclude don Merola – Cessate il fuoco subito! Fatelo per i bambini che stanno morendo. Se non aboliamo la guerra, sarà la guerra ad abolire l’umanità».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.