Tornano le scintille
Dopo il Recovery Fund la maggioranza si spacca, Italia Viva si smarca sulla legge elettorale

Pensavamo fosse amore per l’Europa e invece era un calesse sovranista con destinazione populismo. Mentre a Roma rimbombava ancora l’eco degli applausi senatoriali per il premier Giuseppe Conte, laureatosi statista internazionale presso il Consiglio Europeo con tesi sul Recovery Fund, ieri a Bruxelles il Movimento 5 stelle, che pur aveva esultato -rivendicandone un pezzo di paternità- per i 209 miliardi stanziati dall’Europa all’Italia ferita dal Coronavirus, ha votato contro il “Mes sanitario”, un altro aiuto promosso dall’Unione. All’Europarlamento i deputati pentastellati hanno votato un emendamento che si opponeva all’utilizzo del Mes, insieme ai colleghi di Fratelli d’Italia e Lega, sebbene Matteo Salvini avesse definito l’accordo finale sul Recovery Fund una «fregatura grossa come una casa per gli italiani». Da parte del M5S un voto “contro” gli alleati di governo del Partito Democratico e i possibili partner di Forza Italia, tutti schierati in favore di una proposta che prevede uno stanziamento di 37 miliardi, sotto forma di prestiti agevolati, per le spese sanitarie italiane.
Il Movimento sostanzialmente si è accodato al gruppo euroscettico di destra “Identità e democrazia”, che al suo interno vanta gli eletti sovranisti del Rassemblement National di Marine Le Pen e del Partito per la Libertà olandese, il cui leader è quel Geert Wilders che durante le trattative per il Recovery Fund girava per i Paesi Bassi con il cartello “neanche un centesimo agli italiani” per poi commentarne, deluso, l’esito: «Gli olandesi stanno regalando 82 miliardi di euro agli italiani che neanche pagano le tasse». Una compagnia equivoca per il M5S, che a Roma si intesta i miliardi appena stanziati dall’Unione, nell’apoteosi di un Conte che parla di “sogno europeo”. La questione ripropone il dibattito sulla natura del Movimento, rispetto all’Europa e non solo. Ieri su queste pagine il dem Matteo Orfini ha sostenuto che i pentastellati «non sono di sinistra» e che Conte -al contrario di quanto dice Nicola Zingaretti- «non è un campione del progressismo». Per il leader dei Giovani Turchi l’alleanza Pd-M5S è un “equivoco”.
Il voto di ieri all’Europarlamento sembra dargli ragione. Prova invece a mettere acqua sul fuoco -parlando con Il Riformista– l’europarlamentare Brando Benifei, capodelegazione del Partito Democratico a Bruxelles: «Con il M5s in Europa recentemente c’è stata sintonia, abbiamo votato insieme sul Recovery Fund e sull’emissione di titoli comuni. Registro una loro svolta nei rapporti con l’Unione, in chiave europeista». E il voto pentastellato di ieri contro il Mes? «Loro su questa proposta scontano ancora un pregiudizio ideologico, quando in realtà parliamo di un piano d’aiuti importante e senza condizionalità rischiose per l’Italia, che sul sistema Mes ha pure il diritto di veto». Ma hanno votato con la Lega. «È un caso, i due partiti in Europa sono distanti. Il Mes è una delle ultime contraddizioni del Movimento, ormai in evoluzione».
Quindi li aspettate nel nuovo centro-sinistra? «Aspettiamo di capire dai loro Stati Generali cosa davvero sono e cosa vogliono fare. Attualmente resistono alcune differenze, come sull’immigrazione, e non c’è mica l’obbligo di stare insieme». Lei è ligure, con Sansa nasce il modello Liguria?: «Ci sono coalizione e progetto, ma non è facilmente esportabile». Non sembra troppo interessato al “nuovo centro-sinistra” l’europarlamentare pentastellato Dino Giarrusso, che al Riformista dice: «Noi siamo alternativi a destra e sinistra, e -come successo col governo Conte- possiamo dialogare su tutto a patto che mettano al centro i nostri valori. Se qualcuno invece vuole i nostri voti per imporre candidato e programma, la porta è ben chiusa». Sembra un assist ad Orfini, sul quale però dice «È ossessionato da destra e sinistra ma governava col Nuovo Centrodestra».
E il voto contro il “Mes sanitario” con la Lega e la Le Pen? «Non esiste un Mes sanitario senza condizionalita, non è previsto dal trattato e non può esserci materialmente. Noi siamo coerenti: eravamo contrari e lo siamo tuttora, peraltro non lo richiedono nemmeno Spagna, Francia e Portogallo. Perché mai dovremmo chiederlo noi?». Il Recovery Fund rafforza il governo Conte o c’è ancora bisogno dell’ingresso in maggioranza di Silvio Berlusconi? «Noi ci teniamo stretti Conte e non abbiamo nostalgia del Caimano». Modificherete i decreti sicurezza promossi da Salvini? «Discutiamone, ma solo per migliorare le condizioni di vita dei cittadini, no ai pastrocchi». Ma la riorganizzazione del Movimento come procede? «A Paese normalizzato ci daremo un gruppo dirigente plurale, non credo sia la fase per un leader unico”. Neanche fosse Conte? “E’ un ottimo premier che non credo abbia la voglia di mettersi alla testa di una formazione politica, ad ogni modo i rapporti tra lui e M5s resteranno ottimi qualunque saranno le sue scelte”.
Mentre Partito Democratico e Movimento si studiano e si sfidano in Europa, la maggioranza di governo sbanda sulla legge elettorale. Ieri l’ufficio di presidenza della Commissione Affari costituzionali della Camera ha respinto la proposta di Pd e M5s sulla legge elettorale, il “Germanicum”. Decisivo il no di Italia Viva, schierata con le opposizioni. Il deputato renziano Marco Di Maio così motiva la scelta al Riformista: «In questo momento la priorità riguarda i posti di lavoro, non i posti dei parlamentari. Inoltre non si può parlare di legge elettorale senza coinvolgere neanche una parte dell’opposizione». I democratici non l’hanno presa bene, con la deputata Barbara Pollastrini che definisce Iv “la stampellina della Lega” e il collega Emanuele Fiano che accusa i renziani di “tradimento dell’accordo”. Finiti gli applausi e la festa post Recovery Fund, la maggioranza di governo torna al solito logorio.
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