“Mi veniva in mente, mentre ascoltavo il sindaco Nardella e il presidente Giani che le grandi trasformazioni urbanistiche in questo Paese sono sempre avvenute un po’ calate dall’alto. Penso alle tre capitali, a Roma, Torino, Firenze. Trasformazioni subìte, spesso anche non riuscite. La differenza questa volta è che con il Pnrr i grandi cambiamenti urbanistici sono stati decisi dal basso e saranno portati in fondo e realizzati da chi quei luoghi li vive ogni giorno”. La sala Zubin Metha del Teatro del Maggio di Firenze scatta in un lungo applauso da ogni fila e rango di posto.

Ci sono i quaranta sindaci della città metropolitana con le fasce tricolori in bella evidenza che poi, alla fine, diranno: “Che Dio ci conservi Mario Draghi alla guida del paese, speriamo abbia la pazienza di sopportare”. Che altrimenti, aggiunge una sindaca, “quando non ne può più gli diciamo di venire a fare un giro dalle nostre parti che qui ritrova il gusto di fare politica”. Ora al netto di qualche entusiasmo di troppo, non c’è dubbio che il Presidente del Consiglio trovi con sindaci e presidenti di Regione, di ogni latitudine, un’intesa e una cifra di collaborazione che spesso viene meno non tanto col governo ma quando deve gestire le dinamiche tutte politiche e spesso propagandistiche del Parlamento. Maggioranza e opposizione. Con poche distinzioni.

La politica che fa
Se, come ha scritto qualcuno in queste ore, Draghi e il suo staff stanno pensando ad un’operazione empatia per recuperare la perdita di quattro punti percentuali di consenso (da 52 a 48%) dopo i complicati giorni del Quirinale, possiamo dire che l’operazione è già iniziata. E più che una ricerca di empatia e consenso, Draghi ha bisogno di ritrovare il senso profondo del suo essere premier: fare le cose, realizzare i progetti del Pnrr, sbloccare il paese, incrociare entusiasmo, idee e volontà e non solo polemiche e dinamiche da campagna elettorale. È un viaggio per “l’Italia di domani” iniziato già nei mesi precedenti con i ministri del governo. Da tre settimane, anche il premier ha deciso di visitare il paese reale. Che è una prospettiva certamente diversa e più “positiva” rispetto a quella che si vede ogni giorno da palazzo Chigi.

Da quel primo mercoledì quando il premier andò in vista a Genova, città simbolo di ripartenza e rinnovamento, allo stesso giorno della settimana successiva quando salì sul Gran Sasso per poi scendere nel ventre della montagna a visitare i laboratori di fisica dove operano soprattutto fisici e ingegneri donne. Fino a ieri, giornata dedicata a Firenze dove le agende del premier e del sindaco e del presidente di Regione hanno incrociato due diverse ripartenze e rinascite. Tra il magnifico cenacolo della chiesa di Santa Maria Novella e il salone dei 500 a palazzo Vecchio è iniziato ieri il forum “Mediterraneo frontiera di pace” dove il sindaco Nardella e il cardinal Bassetti, presidente della Cei, con il collega Betori hanno convocato sessanta sindaci e altrettanti vescovi di altrettante città che affacciano sul Mediterraneo. Era il sogno, o meglio dire la visione, del sindaco santo Giorgio La Pira che negli anni cinquanta aveva capito come il Mediterraneo non dovesse essere frontiera che divide ma “un lago che unisce tutte le sue sponde”. Un incontro di dialogo e di confronto nel cuore dell’Europa – il Mediterraneo è la culla dell’Europa – mentre a poche miglia invece soffiano i venti di guerra tra Mosca e Kiev con Europa e Stati Uniti ostaggio di provocazioni e ritorsioni.

Alla cerimonia di inaugurazione il cardinal Bassetti ha ammonito: “I nostri fratelli muoiono ai confini dell’Europa per via di guerre, carestie e siccità”. Draghi ha risposto: “La convivenza, la fratellanza, la tolleranza che celebriamo in questo incontro devono realizzarsi anche oltre i confini della regione in cui viviamo. Gli eventi in Ucraina ci portano a ribadire che le prevaricazioni e i soprusi non devono essere tollerati”.
Il premier ha voluto essere presente alla cerimonia, nonostante il dossier Ucraina lo tenga impegnato ora dopo ora. E ha abbinato l’incontro laico con sindaci, amministratori, sindacati e associazioni di categoria della città metropolitana e della regione. È il tour del Pnrr che toccherà tutta l’Italia da nord e sud. Il momento in cui più di tutti trova ragione il suo stare, soprattutto restare, a palazzo Chigi.

“L’Italia siete voi, non noi”
La prima tappa sono stati i laboratori della maison Ferragamo, scelta tra le eccellenze della città. “L’Italia siete voi e non noi, andate avanti, il destino del paese è nelle vostre mani” ha detto incontrando le maestranze nello stabilimento di Scandicci. Leonardo Ferragamo, che ha fatto gli onori di casa, ha raccontato dell’emozione di artigiani e dipendenti. Il Presidente del Consiglio è sembrato all’inizio molto teso. Una tensione che si è sciolta prima davanti ai vescovi del Mediterraneo e poi una volta arrivato al Teatro del Maggio dove è stato accolto da lunghi applausi. E dalle parole del sindaco Nardella: “Grazie Presidente, vada avanti, lo faccia per noi che stiamo dalla sua parte e che vogliamo essere protagonisti di questa straordinaria occasione che ci è data dal Pnrr”. Nardella prima e Giani poi hanno illustrato i progetti chiave del Pnrr fiorentino – l’alta velocità, la tranvia, la riqualificazione di Campo di Marte, le grandi infrastrutture, dalla Siena-Grosseto all’aeroporto – e della regione.

Ogni comune è soggetto attuatore dei singoli progetti. Una riqualificazione dal basso che da queste parti non fa paura. Che solo nell’area metropolitana si tradurrà, secondo le stime, in 12.800 posti di lavoro. Il presidente Giani ha voluto sottolineare e ringraziare per “la forza e l’autorevolezza che la sua presenza restituisce al nostro lavoro”. In prima fila, nella sala Zubin Metha, l’ex premier Matteo Renzi (qualcuno lo aveva messo in seconda fila ma il cerimoniale di palazzo Chigi lo ha fulmineamente spostato) che più di tutti ha spinto per avere Draghi a palazzo Chigi. Renzi è reduce dal voto al Senato che porterà davanti alla Corte Costituzionale i metodi di indagine della procura di Firenze nell’inchiesta Open. Il cerimoniale ha scherzato un po’ con i posti: due sedie più in là l’ex ministro della Giustizia Bonafede e due file dietro il procuratore generale Marcello Viola. Tra Draghi e Renzi un saluto eloquente ed affettuoso a favore di fotografi e telecamere.

Verso la libertà
È a questa assemblea civica che Mario Draghi ha riservato l’onore della notizia più attesa: la road map verso la libertà dalle restrizioni della pandemia. Gli applausi c’erano già stati prima, quando Draghi ha nominato la fiorentinissima “Camerata de’Bardi” come embrione della lirica”, quando ha ricordato gli anni dell’insegnamento universitario alla Cesare Alfieri (la facoltà di Giurisprudenza), quando ha promesso di “semplificare e coordinare al meglio” gli interventi del Pnrr che hanno i comuni e le regioni come soggetti attuatori. La chiama “la ristrutturazione dal basso” delle città italiane. Quando arriva a dire che “il 31 marzo il governo non prorogherà lo stato di emergenza” il teatro si scioglie in un applauso liberatorio. È l’annuncio del graduale ritorno alla normalità.

“Il governo è consapevole – dice – del fatto che la solidità della ripresa dipende prima di tutto dalla capacità di superare le emergenze del momento”. Parole dirette a chi, nella stessa maggioranza, in queste ore sta giocando con le riaperture per appiccarsi sul petto medaglie, meriti e bandierine. Il governo ha già deciso di riaprire. Non sono le polemiche e i voti contrari di Lega e Fratelli d’Italia a cambiare lo stato delle cose. “La situazione epidemiologica è in forte miglioramento, grazie al successo della campagna vaccinale e ci offre margini per rimuovere le restrizioni residue alla vita di cittadini e imprese”. Applausi. Dal 31 marzo “non sarà più in vigore il sistema delle zone colorate”. Applausi. “Le scuole resteranno sempre aperte per tutti con l’eliminazione delle quarantene da contatto”. Applausi da spellare le mani soprattutto dei bambini presenti. “Cesserà ovunque l’obbligo delle mascherine all’aperto e quello delle mascherine FFP2 in classe”.

Gradualità, invece, sull’eliminazione del green pass rafforzato, “che non sarà più obbligatorio per le attività all’aperto tra cui fiere, sport, feste e spettacoli”. Il nostro obiettivo “è riaprire tutto al più presto” ma la macchina sanitaria resterà vigile nei prossimi mesi e “pronta ad intervenire in caso di recrudescenze” che ovviamente nessuno si augura. Va da sé che fino al 15 giugno resta in vigore l’obbligo vaccinale per gli over 50. Per l’eliminazione totale del green pass si andrà per gradi. A seconda del contagio. Intanto le città si preparano al ritorno dei grandi flussi turistici.

Dossier Ucraina
C’è da chiedersi a cosa si attaccheranno ora i detrattori del governo Draghi per alimentare la campagna elettorale. Intanto il premier lavora. Oggi pomeriggio è in programma un incontro digitale dei leader G7, in vista del vertice di Baviera a fine giugno. Sul tavolo la crisi Ucraina. Subito dopo il premier volerà a Bruxelles per prendere parte (ore 20) al Consiglio europeo straordinario. Stamani è in programma un consiglio dei ministri. Sarà presente anche il il ministro degli Esteri francese Jean Yves Le Drian. Come prevede il Trattato del Quirinale.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.