Come ampiamente prevedibile, Mario Draghi ha incassato i sì dei partiti ‘minori’ impegnati nelle consultazioni col presidente del Consiglio incaricato nel pomeriggio. Via libera al governo di “alto profilo” richiesto da Sergio Mattarella è arrivato da Azione, +Europa e i gruppi parlamentari centristi. 

Ma la prima giornata di consultazioni per l’ex presidente della Banca centrale europea ha segnato risultati importanti soprattutto per quanto accaduto fuori da Montecitorio, nei partiti con i numeri più importanti nei due rami del Parlamento. Oggi al via il secondo giorno di consultazioni del Premier incaricato.

CONTE – La prima ‘bomba’ di giornata la sgancia il premier uscente Giuseppe Conte. I una conferenza stampa fuori Palazzo Chigi, con un tavolino che tanto ricorda lo storico ‘predellino’ di Silvio Berlusconi, Conte si è rivolto a tutti. Al presidente incaricato incontrato mercoledì, auspicando “un governo politico che sia solido e che abbia quella sufficiente coesione per operare scelte politiche, che non possono essere affidate a una squadra di tecnici”. 

Ma anche alla sua ex maggioranza (escluso Renzi) il messaggio è chiaro: “il nostro progetto politico, che abbiamo riassunto sotto il nome di ‘Alleanza per lo sviluppo sostenibile’, dobbiamo continuare a perseguirlo e lavorare per il futuro del Paese perché è un progetto forte e concreto che aveva già dato buoni frutti. Offre una prospettiva reale di ammodernare il nostro Paese”. Infine quella che pare una sorta di Opa sul M5S: “Agli amici del Movimento 5 stelle dico: io ci sono e ci sarò”, ha detto Conte, indiziato di un ruolo da ministro nell’esecutivo Conte.

MOVIMENTO 5 STELLE – Inaspettata è arrivata anche la prima presa di posizione di Luigi Di Maio sull’ipotesi di governo Draghi. L’ex leader politico del Movimento 5 Stelle in una nota, ribadendo che i pentastellati “non hanno colpe” perché “non abbiamo cercato noi lo stallo, non avremmo mai voluto che si arrivasse a questo, con una pandemia in corso e le enormi difficoltà del nostro comparto produttivo”, spiega anche che “è proprio in queste precise circostanze che una forza politica si mostra matura agli occhi del Paese. Oggi si aprono le consultazioni del premier incaricato Mario Draghi, secondo la strada tracciata dal capo dello Stato Sergio Mattarella, che ringrazio”.

Per questo, secondo Di Maio, il Movimento ha “il dovere di partecipare, ascoltare e di assumere poi una posizione sulla base di quello che i parlamentari decideranno. Siamo la prima forza politica in Parlamento e il rispetto istituzionale viene prima di tutto”.

L’avvicinamento a Draghi però ha dei paletti. Per il reggente Vito Crimi è infatti intoccabile il reddito di cittadinanza, provvedimento-bandiera dei pentastellati: “Sento già qualcuno appellarsi al presidente incaricato affinché tolga il reddito di cittadinanza. Sabato prossimo andremo alle consultazioni e porteremo al tavolo il M5s con la sua storia, le sue battaglie e le sue visioni. Fra queste il reddito di cittadinanza è uno dei punti fermi. Perché, oggi più di ieri, nessuno deve rimanere indietro”.

PARTITO DEMOCRATICO – Chiara invece la posizione del Partito Democratico, che subito dopo l’entrata in scena di Draghi ha subito appoggiato la mossa del presidente Mattarella. La Direzione nazionale del partito, riunitasi in via telematica, all’unanimità ha espresso voto favorevole sull’ordine del giorno presentato e sulla relazione del segretario Nicola Zingaretti.

Per Zingaretti “sarebbe molto importante che tutte le forze dell’alleanza”, cioè Pd, M5s e Leu, “collaborassero convinte” alla maggioranza del governo Draghi, con un allargamento in Parlamento alle forze “moderate, liberali, socialiste”. Questo “aiuterebbe la stabilità dell’esecutivo, gli darebbe forza e credibilità in Italia e nel mondo”.

Unica voce dissonante quella del capogruppo dem dei senatori Andrea Marcucci, che sull’eventualità di dover votare un governo assieme alla Lega spiega: “In questi anni il leader della Lega si è distinto per una battaglia all’ultimo sangue contro le istituzioni europee, non vedo le condizioni per un appoggio al governo che sta nascendo”.

LA LEGA – Proprio il Carroccio è il partito più dilaniato al suo interno, con posizione diverse che col passare delle ore sembrano però sposare sempre più una linea di responsabilità. L’ultima parola spetterà a Matteo Salvini, ma nel corso della riunione della segreteria politica del partito sono stati molti gli interventi a sostegno dell’esecutivo Draghi, o meglio di dare una chance al governo dell’ex Bce.

A chiarire ulteriormente la situazione è stato Giancarlo Giorgetti, il più “europeista” tra i leghisti: “L’astensione è stata esclusa. O saremo a favore o voteremo contro”. Sempre Giorgetti nel pomeriggio aveva definito Draghi “un fuoriclasse come Ronaldo. Uno come lui non può stare in panchina”, ma dal Carroccio era anche arrivato l’avvertimento sul nuovo esecutivo, che non può essere “una riedizione del governo Conte con gli stessi ministri e un premier diverso”.

La doppia anima della Lega emerge dall’aut aut imposto da Salvini: “Draghi dovrà scegliere tra le richieste di Beppe Grillo e la nostre, che sono il contrario. Meno tasse o più tasse. Noi siamo liberi. Meno tasse e meno burocrazia”.

ITALIA VIVA – Il partito di Matteo Renzi dal primo minuto si è schierato col presidente incaricato, scontato infatti il sì di Italia Viva all’esecutivo dell’ex numero della Bce. Renzi ha invece smentito al Tg3 l’ipotesi di entrare personalmente nell’esecutivo: “Spazio per me assolutamente no, sono molto divisivo. Sono stato oggetto di una campagna di fake news in queste settimane, ma ho fatto questa battaglia perché ci credevo. No, non sono della partita”.

FORZA ITALIA – Draghi in giornata ha ricevuto anche un fondamentale (per i numeri in Parlamento) endorsement di Silvio Berlusconi. Per l’ex presidente del Consiglio e leader di Forza Italia, che vorrebbe guidare la delegazione di Forza Italia alle consultazioni di domani, “la scelta del Presidente della Repubblica di conferire a Mario Draghi l’incarico di formare il nuovo governo va nella direzione che abbiamo indicato da settimane: quella di una personalità di alto profilo istituzionale attorno alla quale si possa tentare di realizzare l’unità sostanziale delle migliori energie del Paese”. Un segnale chiarissimo quello di Berlusconi, che si differenzia sempre più dalla linea che sta tenendo in queste ore Fratelli d’Italia, che con Giorgia Meloni si è spinta al massimo ad una possibile astensione alla Camera e al Senato per consentire la nascita di un esecutivo Draghi.

FRATELLI D’ ITALIA – Chi dalla sua posizione non si è mossa di un centimetro è Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d’Italia non è andata oltre la possibilità di un voto di astensione alla Camera e al Senato. Altro segno di divisione arriva dal calendario delle consultazioni: il centrodestra non avrà una delegazione unitaria negli incontri con Mario Draghi.

Carmine Di Niro

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