Una crisi ormai doppia quella che sta vivendo la maggioranza Draghi. Alla vigilia del discorso alle Camere del presidente del Consiglio, che dopo le dimissioni respinte da Mattarella dopo il mancato voto di fiducia dei 5 Stelle al Decreto Aiuti dovrà chiarire se ha intenzione di proseguire il suo percorso a Palazzo Chigi, sono ormai due i fronti aperti nella ‘maggioranza’.

La prima, quella più evidente, riguarda il Movimento 5 Stelle. La spaccatura all’interno dei gruppi parlamentari pentastellati è evidente, con una divisione piuttosto chiara tra deputati e senatori. I primi, seguendo la linea del capogruppo Davide Crippa, sarebbero pronti in larga parte a rinnova la fiducia al premier. I secondi, con il gruppo di Palazzo Madama nettamente più vicino al fu ‘avvocato del popolo’ Giuseppe Conte, propendono per una linea dura e per un ritorno al Movimento ‘barricadero’ delle origini.

A rincarare la dose sul doppio volto dei 5 Stelle ci ha pensato Luigi Di Maio. Il ministro degli Esteri, capo degli oltre sessanta scissionisti che hanno mollato Conte per formare il gruppo parlamentare filo-draghiano di ‘Insieme per il futuro’, ha rivelato durante l’assemblea del gruppo che “il direttivo Camera del gruppo M5s ha espresso la volontà di votare la fiducia al governo Draghi, al di là della volontà dei vertici”.

Secondo Di Maio quindi, oltre a Crippa, tra i nomi ci sarebbero anche quelli degli altri membri del direttivo: Alessandra Carbonaro, Francesca Galizia, Nicola Provenza, Maria Soave Alemanno ed Elisa Tripodi. Il Movimento, anzi “il partito di Conte” come ormai lo definisce Di Maio, “ha deciso di non votare la fiducia al governo Draghi. Conte sta scommettendo sul voto anticipato, ma sarebbe un ulteriore crollo nei sondaggi”, è stato poi l’affondo in assemblea del titolare della Farnesina.

Una ricostruzione smentita da fonti del gruppo parlamentare M5S a Montecitorio, anche se allo stesso tempo proprio il capogruppo Crippa è tornato a rimarcare la necessità di votare la fiducia a Mario Draghi qualora quest’ultimo dovesse venire incontro alle richieste del Movimento, il ‘famoso’ documento in nove punti presentato da Conte al suo successore: “Ribadisco ancora una volta la mia posizione… Ascolteremo il discorso di Draghi in aula domani. Trovo chiaro – scrive Crippa – che se aprirà ai principali temi posti all’interno dei 9 punti da parte del M5S, diventa ingiustificabile non confermare la fiducia“.

Ma l’altro fronte di scontro aperto in maggioranza nasce da quella che appare come una mossa falsa di Mario Draghi. Il presidente del Consiglio, come rivelato da Il Foglio, ha incontrato questa mattina a Palazzo Chigi il segretario del Partito Democratico Enrico Letta, un faccia a faccia durato circa un’ora, seguito poi da un secondo vertice privato al Quirinale col presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Sempre Il Foglio rivela che lunedì sera Letta ha avuto un lungo colloquio telefonico con Conte, l’ennesimo tentativo dopo giorni di tensione tra ‘alleati’ di spingere l’ex premier e l’ala più oltranzista dei 5 Stelle a tornare sui propri passi e votare la fiducia a Draghi.

Conte e Letta che in realtà si sarebbero dovuti vedere domenica anche con Roberto Speranza, ma il capo del Movimento 5 Stelle era alle prese con un’intossicazione alimentare che lo ha costretto a un ricovero lampo al Policlinico Gemelli di Roma.

Un incontro che, per usare un eufemismo, non è stato particolarmente apprezzato dal centrodestra. Così all’inizio del vertice di Villa Grande, residenza romana di Silvio Berlusconi, i partiti di maggioranza hanno espresso con una nota “sconcerto” per la decisione di Draghi di incontrare Lettae non i leader degli altri partiti della maggioranza, dopo che, peraltro, era stata chiesta una verifica politica”.

Fonti del centrodestra riportano che il “premier non può gestire una crisi così complessa confrontandosi solo con il campo largo di Pd e 5 Stelle, a maggior ragione dopo una crisi causata dallo strappo di Giuseppe Conte e dalle provocazioni del Partito democratico”.

Al centrodestra hanno risposto a stretto giro sia Palazzo Chigi che il PD. Da fonti vicine a Draghi è stato fatto trapelare che Draghi ha visto Letta che “gli aveva chiesto un incontro”. A Salvini e Berlusconi ha quindi replicato la deputata e membro della segreteria Pd Chiara Gribaudo: “Da giorni l’unica occupazione del centrodestra è inviare note stampa di veto a questo e a quello, mentre spiega a Draghi chi può o non può incontrare. Serietà e responsabilità, è quello che il Pd sta facendo per evitare una crisi incomprensibile e dannosa per persone famiglie e imprese”.

La giornata di domani in Senato

Intanto è stato reso noto il cronoprogramma della cruciale giornata di domani, mercoledì 20 luglio. Draghi infatti prenderà la parola al Senato alle 9:30 per le sue comunicazioni, cui seguirà una pausa per consentire la consegna del discorso tenuto al Senato anche a Montecitorio. La discussione generale riprenderà dunque intorno alle 11 per una durata di circa cinque ore. L’esito del voto è atteso per le 19:30, visto che la chiama dovrebbe iniziare intorno alle 18:40.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia