Al Fatto Quotidiano pensano di avere anche ragione. Prima occultano per 11 mesi, con la scusa di “non compromettere le indagini”, i verbali delle dichiarazioni dell’avvocato Piero Amara sulla loggia Ungheria che hanno ricevuto in busta chiusa dalla ex segretaria di Piercamillo Davigo. E poi, dopo averli pubblicati fuori tempo massimo, si lasciano andare alla facile ironia nei confronti dei quotidiani che hanno osato evidenziare questo singolare modo di agire da parte di un giornale noto per pubblicare qualsiasi velina di Procura.

Forse è il caso di ricordare che la pubblicazione di questi verbali dopo un anno ha permesso alla Procura di Milano di coltivare le accuse nei confronti dei vertici dell’Eni e del giudice Marco Tremolada che era chiamato a giudicarli, e alla Procura di Perugia di ottenere il rinvio a giudizio di Luca Palamara. Adesso, per tutti, Amara è un millantatore seriale che si è inventato l’esistenza della loggia Ungheria. Ma è sufficiente tornare indietro di qualche settimana per vedere uno scenario completamente diverso. Il procuratore della Repubblica di Perugia Raffaele Cantone, davanti al gup Piercarlo Frabotta, all’udienza del 16 luglio 2021 nel processo a carico di Palamara per corruzione, per giustificare le modifiche delle imputazioni fatte sulla base delle dichiarazioni del “pentito” Amara, infatti, aveva affermato che «la vera modifica al capo d’imputazione avviene quando viene sentito Amara e Amara viene sentito nell’ambito di un interrogatorio programmato che viene fatto nell’ambito del processo ‘Ungheria’, adesso si può dire per fortuna, e nell’ambito di quell’interrogatorio che io non dimentico perché io ero a casa col Covid ma ovviamente continuavo a seguire tutto quello che accadeva».

E poi: «Fu lui spontaneamente a voler parlare del dottor Palamara e fece quelle dichiarazioni che furono oggetto di riscontro». Cantone era talmente convinto della bontà della testimonianza dell’avvocato siciliano da aggiungere che «le dichiarazioni di Amara hanno avuto un vaglio che era quello richiesto dalla giurisprudenza delle dichiarazioni di un imputato di procedimento connesso e hanno ricevuto numerosi riscontri, numerosi riscontri all’interno delle chat e numerosi riscontri all’esterno con dichiarazioni di soggetti informati sui fatti e quindi è chiaro che quella vicenda imponeva la modifica del capo di imputazione». Se per Cantone Amara era attendibile quando parlava di Ungheria e Palamara, di diverso avviso era il predecessore Luigi De Ficchy, procuratore di Perugia fino al 2 giugno 2019.

De Ficchy, che aveva fatto dal 3 maggio 2018 la stessa indagine della quale parla Cantone, questa settimana ha fatto sapere «di aver già provveduto a denunciare per calunnia l’avvocato Amara per l’affermazione secondo la quale avrei fatto parte della Loggia Ungheria». Ed inoltre: «Smentisco di aver mai richiesto all’avvocato Amara da me mai incontrato né personalmente conosciuto di segnalare, per la conseguente assunzione, il nominativo di mio figlio Francesco allo studio legale DLA Piper di Roma struttura della quale mio figlio non ha mai fatto parte e con la quale non ha intrattenuto rapporti lavorativi di sorta». Non si comprende, quindi, come De Ficchy possa affermare che Amara è un calunniatore e Cantone possa ritenere che il “calunniatore Amara” è attendibile contro Palamara.
De Ficchy, peraltro, non aveva negato di conoscere l’imprenditore Fabrizio Centofanti, il corruttore dell’ex presidente dell’Anm che agiva per conto di Amara.

Palamara questa settimana ha presentato un esposto chiedendo di sapere come mai Centofanti, a differenza sua, non venne mai perquisito o intercettato con il trojan. L’ex procuratore del capoluogo umbro sul punto ha chiamato in causa i pm titolari del fascicolo. Per Centofanti, come è noto, non vennero chiesti neppure i tabulati telefonici. Un accertamento tecnico effettuato, ad esempio, per i giornalisti Marco Lillo del Fatto Quotidiano e Giacomo Amadori della Verità, mai indagati, in un’altra indagine a carico di Palamara e dell’ex pm romano Stefano Rocco Fava, quella per la fuga di notizie a proposito del dossieraggio nei confronti del procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e dell’aggiunto Paolo Ielo.