I vertici dell’Arma dei carabinieri e della guardia di finanza avrebbero fatto parte della loggia “Ungheria”.
Lo ha rivelato l’avvocato siciliano Piero Amara, la “gola profonda” delle toghe, durante uno dei tanti interrogatori a cui si era sottoposto in Procura a Milano alla fine del 2019. Le dichiarazioni di Amara, sentito nel procedimento sul “falso complotto Eni”, furono raccolte in diversi verbali, sei per l’esattezza, dai pm Laura Pedio e Paolo Storari.

Questi verbali, divenuti famosi per essere poi stati consegnati “informalmente” da Storari a Piercamillo Davigo, rimasero sempre segreti in quanto le indagini su Ungheria non sono mai terminate, e sia Repubblica che il Fatto, che li avevano ricevuti in una busta anonima ad ottobre dell’anno successivo, si rifiutarono di pubblicarli per non “compromettere” le attività investigative dei magistrati milanesi. Un paio di questi verbali, però, sono stati depositati l’altro giorno dalla Procura di Roma nel procedimento nei confronti della ex segretaria di Davigo al Csm, Marcella Contraffatto, accusata di essere l’artefice del loro inoltro ai due giornali. Il verbale più esplosivo è del 14 dicembre e riguarda, come detto, i vertici delle due forze di polizia ad ordinamento militare.

Amara, come si legge, seppe dell’appartenenza alla loggia segreta Ungheria dei generali Giorgio Toschi e Tullio Del Sette, il primo comandante generale della finanza, il secondo dei carabinieri, da Denis Verdini, ex ras di Forza Italia poi fondatore di Ala. L’avvocato siciliano avrebbe anche personalmente conosciuto Del Sette, che ricoprì l’incarico di numero uno dell’Arma dal 2014 al 2018, dopo essere stato nominato dal governo Renzi. La formula per il riconoscimento sullo stile para massonico fra gli appartenenti ad Ungheria è descritta dallo stesso Amara: «Stringersi la mano premendo con il dito indice tre volte sul polso dell’altro e pronunciando la frase “sei mai stato in Ungheria?”». Alla frase, in caso di riconoscimento, non doveva seguire alcuna risposta. La domanda «sei mai stato in Ungheria?», aggiunge Amara, «non doveva essere ripetuta dopo la prima presentazione», mentre rimaneva sempre «il gesto con la mano».

Ma torniamo a Del Sette. «Ci siamo visti diverse volte al ristorante accanto al museo Esplora (Explora, sito a Roma nei pressi del quartiere Flaminio, poco distante dal Comando generale dell’Arma, ndr)», ricorda Amara. Insieme a loro due c’era anche il «direttore generale del Consiglio di Stato Serrao (Antonio, ndr)». I magistrati hanno chiesto ad Amara se ricordasse il nome del ristorante ricevendo risposta negativa tranne l’indicazione che era «di proprietà del direttore generale del Consiglio di Stato». Oltre a Del Sette avrebbe fatto parte di Ungheria anche il generale dei carabinieri Emanuele Saltalamacchia. Sia Del Sette che Saltalamacchia furono poi indagati nel procedimento per la fuga di notizie sull’indagine Consip, condotta dal Noe (Nucleo operativo ecologico) dei carabinieri. In primo grado Del Sette è stato condannato a dieci mesi per favoreggiamento e rivelazione del segreto. Sul fronte guardia di finanza, invece, oltre a Toschi farebbe parte di Ungheria il generale Giuseppe Zafarana, attuale numero uno delle fiamme gialle.

L’affiliazione di Zafarana è molto risalente. L’alto ufficiale, ricorda sempre Amara, doveva partecipare ad una cena di affiliazione presso la sede di Opco (Osservatorio permanente sulla criminalità organizzata) in Sicilia alla fine del 2006. L’Opco sarebbe servito come copertura per le attività delle loggia che aveva l’obiettivo di proporsi come «contropotere in grado di collocare persone di fiducia nei posti chiave, soprattutto nelle forze dell’ordine e della magistratura». Le regole per far parte di Ungheria ricordano molto da vicino quelle della massoneria. Esiste, precisa sempre Amara, «il vincolo di solidarietà e disponibilità», quello di obbedienza era «implicito nella disponibilità». Amara, come disse in una intervista, aveva registrato a futura memoria e per non essere smentito tutti gli incontri che aveva fatto con i vari appartenenti alla loggia. E sembra, particolare inquietante, che alcune di queste bobine siano state trovate nei mesi scorsi nella disponibilità della segretaria di Davigo. Come le avrà avute resta un mistero.