L'intervento
Hanno vinto i decreti Salvini: Ocean Viking allo stremo ma nessuno più si indigna
La situazione a bordo della Ocean Viking è diventata insostenibile. Mentre scrivo, il comandante ha dichiarato lo stato di emergenza sulla nave che si trova nelle vicinanze di Lampedusa. Una scelta estrema dopo che le numerose richieste di un porto di sbarco, rivolte alle autorità italiane e maltesi, sono cadute nel vuoto. Intanto le condizioni meteorologiche sono in peggioramento. La disperazione, il disagio psicologico e fisico dei 180 naufraghi salvati da Sos Mediterranee crescono di ora in ora. Per 44 di loro il comandante aveva chiesto l’evacuazione medica. Alcuni hanno tentato o minacciato il suicidio o atti di violenza, riferisce la Ong.
I naufraghi erano alla deriva nel Mediterraneo Centrale e sono stati recuperati tra il 25 e il 30 giugno in quattro diversi salvataggi. La presenza della Ocean Viking ha evitato che si ripetesse quanto accaduto con la “strage di Pasquetta”, tra il 10 e il 15 aprile scorsi, quando 12 ragazzi sono morti inghiottiti dal mare a meno di 30 miglia da Lampedusa e altri 51 sono stati riportati in un lager libico dalla Guardia costiera di Tripoli. L’aspetto che più terrorizza di quella strage è che per giorni diverse imbarcazioni di fortuna con centinaia di persone in pericolo di vita, nonostante fossero state avvistate e seguite dai potenti mezzi di Frontex e di diversi paesi europei tra cui l’Italia, siano state lasciate alla deriva senza interventi di soccorso.
Esattamente un anno fa si accendeva lo scontro politico nel nostro Paese sul cosiddetto “Decreto sicurezza bis”. Ho partecipato a una dura opposizione parlamentare insieme al Partito Democratico e altre componenti dell’attuale maggioranza, che all’epoca sedevano all’opposizione. Quel provvedimento, presentato dall’allora ministro dell’Interno Salvini come un manifesto politico, venne definito come una grave lesione della nostra Costituzione, degli obblighi internazionali e dei più basilari principi di tutela della vita umana. Ebbene, anche se sugli scranni parlamentari i ruoli si sono invertiti, quel decreto è ancora lì: neppure una virgola è stata spostata. Lo spirito e il senso profondo di quel provvedimento si sono imposti e hanno vinto.
Non c’è stato nemmeno bisogno di ricorrere agli strumenti del decreto sicurezza che consentono al governo di impedire l’ingresso nelle acque territoriali alle navi che abbiano compiuto salvataggi in mare: l’omissione di soccorso sembra divenuta la condotta ordinaria delle autorità nazionali ed europee. Non vi è più scandalo, né indignazione. Le tanto evocate modifiche al decreto sicurezza – continuamente procrastinate da quando lo scorso novembre la ministra Lamorgese, rispondendo a una mia domanda in audizione, affermò di aver già pronto il testo – sono divenute un miraggio. E pensare che anche nell’esame, in corso in questi giorni, del dl Rilancio, parlamento e maggioranza avevano l’occasione di iniziare a intervenire sulle parti più dannose del decreto Salvini, approvando un emendamento che avrebbe consentito di nuovo in via permanente l’accoglienza dei richiedenti asilo nel circuito Siproimi. L’ennesima occasione persa.
Di fronte al crescente numero di vittime e delle prove degli orrori consumati nei centri di detenzione in Libia, fornite dalle organizzazioni internazionali, il parlamento dovrebbe rivendicare il proprio ruolo di controllo nei confronti del Governo e verificare la destinazione delle risorse provenienti dal bilancio statale e il loro utilizzo nell’osservanza della legge italiana e delle Convenzioni internazionali in materia di rispetto dei diritti umani, facendo luce, così, sull’attuazione concreta degli accordi Italia-Libia. La mia proposta di legge per l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sull’intesa con Tripoli, insieme ad altre analoghe, è invece rimasta nel cassetto. Al contrario, entro il mese di luglio il parlamento rinnoverà l’autorizzazione per la missione bilaterale di assistenza alla Guardia costiera libica. Solo un anno fa, esponenti dell’attuale maggioranza proponevano una risoluzione per sospenderla. Oggi vi sarebbero ulteriori motivazioni per farlo ed è ciò che proporrò formalmente alla Camera. Ma la continuità è assicurata.
Le autorità italiane sempre più spesso sono responsabili di omissioni di soccorso di fronte ai naufragi e non rispondono alle richieste di un porto da parte delle poche organizzazioni umanitarie che continuano a svolgere attività di ricerca e salvataggio in mare. Al contempo, l’Italia sostiene e supporta materialmente le autorità libiche che contribuiscono alle violazioni sistematiche dei diritti umani, senza che ciò abbia favorito minimamente la stabilizzazione o la transizione di quel paese verso un assetto più democratico. Mentre chiudo questo articolo, Sos Mediterranee continua a twittare: il proprio grido di aiuto. Un messaggio in una bottiglia lasciato nel Mediterraneo.
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