Ammesso, e non concesso, che Conte e Grillo rimettano insieme le loro membra tronche e slogate, ridando, per dir così, vita al Movimento, mi sembrerebbe veramente fuori del mondo che il Pd gridasse alla vittoria, frettoloso di tornare sotto l’ala protettrice dei due. Se così agisse, la sinistra andrebbe incontro al suo definitivo tracollo, mangiata elettoralmente dall’ambiguo e inquietante Conte, il tutto sotto la minaccia delle invenzioni all’impronta di Grillo, dipendenti dall’umore del comico. Un disastro di facile prevedibilità. Dopo le sceneggiate cui abbiamo assistito, che rendono impraticabile un ritorno a “prima”, ecco l’occasione per mettere in campo un nuovo progetto, ammesso – e non concesso – che il gruppo dirigente ne sia consapevole, e lo voglia argomentare e far vivere.

Quale? Provo a rappresentarlo in poche righe e secondo la successione di possibili eventi. Il Pd deve anzitutto separare in modo esplicito e definitivo la propria identità e responsabilità politico-culturale dal magma pentastellato: parlo naturalmente della prospettiva di alleanza, non dell’azione di governo che coinvolge forze opposte tra loro. Il Pd deve mutare al punto da poter guardare alle sue alleanze organiche in una direzione differente: verso +Europa, Azione, Italia viva, radicali, ciò che rimane dei vecchi socialisti, tagliando fuori anche Leu, resti di una sinistra di altri tempi. Una direzione come quella indicata aprirebbe un orizzonte nuovo anche per quei pezzi di centro-destra in difficoltà sotto la sferza ancora insistente dei sovranisti, pezzi che forse tacciono per mancanza di alternativa. È mia convinzione, infine, che una iniziativa così promossa darebbe forza e voce a milioni e milioni di astenuti o indifferenti che nei sondaggi valgono intorno al 40% e che oggi non sanno a chi rivolgersi. Che cosa offrirebbe quella alleanza? Provo a dirlo.

Un massimo di vero e convinto europeismo, non come quello delle conversioni giorno dopo giorno cui abbiamo assistito, ma con una idea di Europa incalzante e progettuale. Una forza per davvero europeista ha oggi uno spazio straordinario nel vuoto che si è aperto nelle prospettive negazioniste, che neanche hanno più il coraggio di proclamarsi tali. Una forza per le riforme necessarie, in un contributo serio all’azione di Draghi, con una cultura più capace di proposta, non più subalterna alle convinzioni altalenanti del populismo pentastellato. La giustizia insegni.
Una formidabile presenza sui diritti civili, diritti umani e carceri, i temi di oggi, con l’appoggio di una cultura seria e solida, di alleati, alle spalle, in grado di saper distinguere e operare in conseguenza.

Un Pd che può riprendere in pieno la sua vocazione sociale, resa realistica e arricchita da una congiuntura che chiede, invoca, idee e proposte in vista di uno sviluppo dell’Italia post-pandemia, liberata dalle pastoie assistenzialiste del Movimento 5Stelle e dai conati demagogici di Conte-Casalino. Il tema del lavoro al centro, in modo moderno. Una sinistra che finalmente mostrerebbe di saper fare i conti con la sua storia e la realtà presente. In vista del 2023, una grande battaglia tutta da combattere. A chi sto parlando, o almeno provo a farlo? A quella costellazione che si chiama Pd di cui si vedono, nascosti tra le certezze ufficiali, incertezze e timori; e naturalmente alle forze che ho chiamato in causa, forse stimolate da una prospettiva innovativa e coraggiosa di un partito che parli a loro con un linguaggio nuovo.

Però esco fuori nel terrazzino di casa, e sento un’afa insopportabile, un sole accecante negli occhi, e mi guardo dentro. Forse ho avuto quello che si chiama un “colpo di sole”, che impedisce al cervello di funzionare secondo le regole acquisite, almeno lo spero per me, da circa 90 anni. Invio l’articolo al Direttore denunciando questo possibile stato di cose. Il Direttore sa di un altro colpo di sole -così fu definito molto autorevolmente- che ebbi già in giovane età nel 1989, in agosto, prima della Caduta del muro, denunciando su L’Unità la fine del comunismo reale e dell’età di Togliatti. Deciderà lui, allora, per ben altra emergenza contribuì a decidere per il sì.

Ma più che andare su ricordi così lontani, mi piace chiudere con un pensiero di grata ammirazione per la decisione di Mario Draghi e Marta Cartabia di recarsi nel carcere di S. Maria Capua Vetere, dove è avvenuta, e lo abbiamo anche visto con senso di orrore, una mattanza di uomini vivi, operata da chi doveva proteggerli. Furono giorni terribili, si parlava di rivolte nelle carceri abbandonate alla diffusione del Covid. Ci furono diversi morti, tutto poi annegato e silenziato nella pandemia. L’allora ministro della Giustizia Alfonso Bonafede avrebbe il dovere, oggi, di parlare, con definitiva chiarezza, agli italiani. Grandi Draghi e Cartabia, ora ho finito di ascoltarli. Che fortuna, per l’Italia, avere persone così alla direzione politica!