La politica, in fondo, ha un solo compito: far sì che sia ancora ragionevole continuare ad avere speranza. Lo diceva Benigno Zaccagnini nel secolo scorso, ma questo concetto parla con rinnovata potenza anche a questi giorni difficili per l’Europa. Questa frase ha accompagnato anche il mio viaggio per la circoscrizione meridionale da candidato alle europee per la lista Stati Uniti d’Europa. Sindaco di un Comune lucano di 3.600 abitanti, la mia Moliterno, mi sono ritrovato davanti a una sfida epocale. Seppure il mio risultato personale sia andato ben al di sopra delle previsioni, la speranza degli Stati Uniti d’Europa – quella cioè della costruzione di un’area politica centrale moderata e riformista – sembra essersi dissolta.

Di analisi del voto son piene le fosse: nulla che non sia chiaro e non sia stato detto si può aggiungere agli esiti elettorali. Tuttavia un briciolo di sentimento tra i numeri spinge a guardare oltre. E quell’assunto di Zaccagnini deve essere vivo anche in questo post voto per chi crede nell’esistenza e nella possibilità di una casa liberale, popolare e riformista. Nessun parlamentare eletto. La disgregazione del terzo polo è la madre di questa sciagura; il rifiuto all’invito di Bonino di correre tutti insieme alle europee, l’ultimo delitto. Oggi avremmo avuto il 7,1% e almeno 6 o 7 parlamentari europei. Tra questi un leader politico generoso e capace come Matteo Renzi, molto lucido anche dopo la sconfitta nell’annunciare una ripartenza con uno slogan: terzo polo con un terzo nome. Per chi – come me – è abituato alla serietà della politica e non ai sondaggi e agli influencer, viene difficile pensare di non avere alla guida un leader come Renzi. Ma è tempo di ricominciare da zero e serve una grande capacità di ricostruire.

Il centro è morto. Il terzo polo è defunto. È tempo di far rinascere il terzo polo e di costruire il centro. Questa campagna elettorale, su un territorio vastissimo e difficile – partendo da un piccolo centro di un’area interna – mi ha portato, tra scoramenti ed euroscetticismo, a incontrare energie impensabili, bloccate ai margini della politica fatta nei talk, ma impegnate nella resistenza quotidiana per tenere insieme un paese fatto prevalentemente di realtà piccole che perdono servizi, invecchiano, si spopolano. Questo non è solo il dramma del mio Sud, ma di tutta Europa. Eppure, proprio qui ho toccato con mano capacità e speranze splendide.

Non ci spaventa la difficoltà di partire di nuovo con il progetto di questa casa di centro popolare e riformista. La speranza però non è ottimismo, la speranza è sapere che tutto ha un senso. E il senso profondo di costruire questo soggetto politico di centro è vivo nelle esigenze pratiche che pure abbiamo individuato, perché sarà decisivo per la vittoria alle prossime politiche, come lo è adesso nelle tante elezioni territoriali, a partire dalla mia Basilicata. Ma questa area centrale sarà vitale per la cultura politica dell’Europa e dell’Italia, per salvare la bellezza della politica e del buon senso. Quel buon senso che ci fa dire che buttare alle ortiche il 7%, per egoismo, è un delitto politico. Quel buon senso che ci fa pensare che è ancora ragionevole avere speranza.

Antonio Rubino

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