Napoli è al centro di una narrativa che racconta di una vera e propria rinascita economica. Innegabilmente – grazie a un certo fervore culturale e mediatico – si è generato un notevole interesse verso la città, che si è tramutato in un ingente flusso turistico che ha permesso la riqualificazione di aree un tempo quasi dimenticate.

Il futuro di Napoli e il reddito basso

Tuttavia, per progettare il futuro di un’area metropolitana di 3 milioni di persone, bisogna fare i conti con la realtà di un reddito pro-capite a oggi ancora pari al 60% di quello della Lombardia o dell’Emilia Romagna, soprattutto a causa di un tessuto industriale che non riesce a inseguire la crescita dimensionale necessaria a far fronte alle sfide globali. Le svariate eccellenze industriali del territorio faticano a reperire il capitale umano qualificato che le traghetti verso l’economia del futuro, in particolar modo tramite l’adozione delle nuove tecnologie che saranno pervasive in tutti i settori.

Stimolare il capitale umano

Stimolare il capitale umano è un’impresa lunga, ma non bisogna accontentarsi di pensare a come trattenere qui i tanti talenti che trovano occupazione altrove. La Napoli del futuro deve essere quella che, già oggi, attrae le grandi aziende che operano nei settori all’avanguardia tecnologica e ad elevata produttività, generando quegli spillover positivi che creano crescita occupazionale in tutti gli altri ambiti (come spiegava l’economista Enrico Moretti ne “La nuova geografia del lavoro”, illustrando il successo della Silicon Valley). Forti di questa ambizione, bisogna essere pronti a scelte coraggiose: rinunciare ai sussidi a pioggia e favorire investimenti infrastrutturali e fiscali, mirati verso specifici settori.

Eugenio Izzo

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