“Ancora una volta i piccoli pagano per tutti. In una vicenda così grande che ha coinvolto l’intero governo Berlusconi chi paga è un appuntato, un signor nessuno di un commissariato sperduto”. Giuseppe Nuzzo, 48 anni, di Santa Maria a Vico, ex poliziotto, ha tanta rabbia dentro per una bufera che coinvolse grandi nomi della politica e dell’alta società e che poi finì per ricadere su di lui. L’inchiesta ha un nome importante “P4” e nel 2011 coinvolse personaggi altrettanto noti come quello di Alfonso Papa, allora deputato PdL e Luigi Bisignani. Nomi dietro cui quello del poliziotto Giuseppe Nuzzo scompare ma non per gli effetti di quella bufera giudiziaria e politica.
L’inchiesta iniziò nel 2011 ed è forse una delle più pubblicamente raccontate di sempre. Diventò famosa anche per il massiccio uso delle imbarazzanti intercettazioni che trapelarono dagli atti giudiziari e di cui fu vittima anche Giuseppe Nuzzo. L’ipotesi era quella di associazione sovversiva ma tuttavia, le ipotesi accusatorie vennero radicalmente ridimensionate dai magistrati della Cassazione e del riesame di Napoli, i quali sancirono l’insussistenza degli indizi in relazione al reato. Tutta l’inchiesta fu poi completamente sgonfiata.
Cosa c’entra lo sconosciuto Giuseppe Nuzzo in tutto questo? Poliziotto da quando aveva 20 anni, il suo lavoro si svolgeva nella zona del Vasto. Era amico e fido collaboratore del maresciallo Enrico La Monica. “Un giorno il maresciallo mi chiese la cortesia di andare a ritirare un plico da un imprenditore suo amico – racconta – Quest’ultimo temeva che ci fosse un giro di mazzette dietro una serie di commesse che stava perdendo. Nel plico non c’era nessun indizio o prova per cui La Monica gli disse di andare a denunciare. Lui rifiutò per paura di avere problemi negli affari. Poco dopo però si presentò da Henry Jhon Woodcock con lo stesso plico dicendo che aveva avuto a che fare anche con me”.
“Mi iniziarono a pedinare e a intercettare– continua il racconto Nuzzo – Io lavoravo spesso con i migranti. Una donna mi chiese aiuto per far avere la cittadinanza italiana a un ragazzo che aveva la mamma italiana, una semplice procedura da fare al comune, ma non sapeva come muoversi. Nel chiedermelo disse anche che mi avrebbe fatto una regalia se serviva, cosa che non avrei mai accettato. Però questa frase fu intercettata e usata contro di me perché faceva comodo”.
“A quel punto l’indagine si divide in due filoni: il primo, quello delle presunte mazzette denunciate dall’imprenditore finito con un nulla di fatto perché il fatto non sussiste; e poi quella che presuntamente incolpava me per la questione dei migranti. Fui chiamato in interrogatorio e con mia sorpresa le domande riguardavano il maresciallo La Monica. Mi mostrarono delle foto. Erano tutte persone che io non conoscevo e che solo dopo ho saputo essere politici importanti”.
È così che per Nuzzo inizia un calvario giudiziario durato 11 anni ma che ha ancora ripercussioni sulla sua vita. Nel marzo 2011 fu arrestato per aver millantato il credito, di aver conosciuto le persone giuste per far avere la cittadinanza italiana al ragazzo, in cambio di una somma di denaro. “Mi hanno accusato anche di aver promosso un’organizzazione segreta con il maresciallo La Monica, Bisignani e Papa. Mi sono trovato indagato per associazione sovversiva. Il massimo previsto per questa pena è di 90 giorni, io ne ho fatti 88. Poi sono stato assolto definitivamente anche da questa accusa”.
Con l’arresto Nuzzo è stato sospeso dal servizio. Voleva rientrare in polizia ma lo hanno dichiarato non idoneo. “La Procura ha espresso parere sfavorevole”, ha detto Nuzzo. Si è trovato così per strada a doversi reinventare una vita intera. Nel febbraio 2016 è stato assolto per la vicenda dell’immigrazione. Ha provato a superare le prove per essere reintegrato ma niente, gli hanno affibbiato una invalidità. “Il presidente della commissione mi disse ‘Nuzzo mi dispiace, è l’unica occasione che abbiamo per buttarla fuori’. In tutto questo ero stato assolto definitivamente da tutti i reati in cui era imputato”.
Quella vicenda giudiziaria è costata molto all’ex poliziotto di un commissariato periferico. Non è stato un costo solo in denaro (adesso è costretto a vivere con una pensione di invalidità minima), ma soprattutto emotivo ed esistenziale. “Credo fortemente nella Polizia e nel mio lavoro – conclude – Sono venute meno tante certezze, non è giusto che una persona debba pagare così per delle colpe che non ha. I danni me li porterò per sempre dentro, sono ferite che ti segnano per tutta la vita”.
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