Dal giudizio sul governo Draghi al futuro dell’alleanza con i 5Stelle, passando per il Congresso del Partito democratico. Una intervista a tutto campo quella concessa a Il Riformista da Luigi Zanda. Rieletto in questa legislatura a Palazzo Madama, dal marzo 2013 al marzo 2018 è stato presidente del Gruppo del Partito democratico al Senato.

Nel Partito democratico sembrano essersi aperti i “giochi” congressuali. E uno dei temi più caldi riguarda il giudizio politico sul carattere del governo Draghi. Secondo Goffredo Bettini quello guidato dall’ex presidente della Bce “non è il governo del Pd ma è un governo di emergenza nazionale”. E per lei?
Io la vedo così: il governo Draghi nasce per un appello del Presidente della Repubblica, rivolto all’intero sistema politico italiano. Di questo governo io considero il Partito democratico l’architrave fondamentale. Il Partito che garantisce la stabilità del governo e che più di tutti sostiene la linea politica del Presidente del Consiglio. Per queste ragioni politiche, ritengo il governo Draghi, governo del Partito democratico. Il che non significa, naturalmente, non vedere quali siano le differenze, anche molto consistenti, tra i vari partiti che lo sostengono. Ma questo è inevitabile in un governo di emergenza voluto dal Capo dello Stato e approvato dal Parlamento. D’altra parte, l’Italia oggi ha la fortuna di poter contare su due grandi personalità, che sono Mattarella e Draghi. L’attuale stabilità politica è anche molto merito loro. E questa condizione è percepita con molta evidenza dall’intero sistema politico ed è palpabile nel rispetto con cui sia la maggioranza che l’opposizione guardano i due presidenti.

In politica, si sa, il fattore tempo è un elemento decisivo. Nel Pd è scontro sui tempi del Congresso: prima o dopo le elezioni politiche. Cosa c’è dietro?
Guardi, l’Italia politica vive un passaggio molto delicato e mi sembra che in tutti i partiti esista la ricerca delle migliori condizioni di stabilità politica interna. La data del Congresso di un partito come il nostro non dipende soltanto dalla volontà del suo gruppo dirigente, ma anche dal calendario istituzionale: elezioni amministrative, l’elezione del Presidente della Repubblica, una eventuale crisi di governo. Fare previsioni sulla data del Congresso mi sembra un po’ azzardato.

Green Pass, Ius soli, ddl Zan: Enrico Letta rilancia e delinea alcuni campi su cui esercitare l’azione riformatrice del governo. Se non che, su tutti e tre i fronti c’è la chiusura netta di un altro azionista del governo Draghi: la Lega di Salvini. Come la mettiamo?
Sono questioni molto diverse. Il ddl Zan e lo Ius soli sono due interventi di carattere parlamentare. E spetta al Parlamento, ai partiti, alle conferenze dei capigruppo di Camera e Senato, decidere sul loro calendario. Poi sui due provvedimenti legislativi si dovranno verificare le maggioranze parlamentari. Altra cosa è il Green Pass. È una decisione del governo che va esaminata nella condizione di permanente pericolo per una pandemia che vede ancora in Italia un numero molto elevato di morti dovuti al Covid. Più di 50 al giorno. Considero negativo che in queste condizioni si cerchino d’imporre politicamente comportamenti che, come minimo, dobbiamo considerare impudenti. L’uso diffuso del Green Pass e una quanto più ampia possibile vaccinazione, sono considerati necessari dalla stragrande maggioranza degli italiani, dei lavoratori, delle imprese, del mondo della scuola, della sanità, dei trasporti e anche della gran parte della dirigenza della Lega. La stragrande maggioranza degli italiani ha compreso lo straordinario valore, sia sanitario che sociale, di queste misure. Sul Green Pass non voglio fare certamente polemica politica, ma penso che Salvini sbagli a non sostenerne la diffusione al numero d’italiani più alto possibile.

Tra meno di un mese si vota in alcune delle più importanti città italiane, a partire dalla capitale, Roma. Con quali aspettative il Partito democratico affronta questa prova e non c’è il rischio che i risultati possano avere una ricaduta sul quadro nazionale e sul governo?
Voteranno circa 20 milioni di italiani. Certo, si tratta di un voto sui sindaci e sui consigli comunali, tuttavia quando un voto è così ampio risulta impossibile non darne anche una lettura più politica. Gli italiani giudicheranno queste elezioni dal loro risultato, non dai toni inevitabilmente molto alti della campagna elettorale. Alla fine conterà la volontà degli italiani. Vedremo dopo il primo e il secondo turno chi sarà stato eletto sindaco nelle grandi come anche nelle medie e piccole città. Vedremo quali saranno i voti complessivi dei partiti. C’è però una conseguenza positiva che emergerà, qualunque siano i risultati, dalle urne…

Vale a dire, senatore Zanda?
Finalmente il dibattito politico potrà partire da numeri veri e non più da sondaggi che non possono mai dare certezze sulle opinioni degli elettori.

Il Pd si lega strategicamente ad un’alleanza con i 5Stelle di Giuseppe Conte? C’è chi sostiene a sinistra che si tratti di un abbraccio mortale o, per restare in metafora, di un matrimonio politico contro natura.
In tutti i sistemi democratici le coalizioni hanno sempre e inevitabilmente un valore tattico. Si sta insieme perché insieme si può vincere, e separati aumentano le possibilità della sconfitta. Questo vale per il rapporto Pd-5Stelle, ma non vale certo di meno nel rapporto tra i partiti del centrodestra, all’interno dei quali gli attriti sono quotidiani. Se un’alleanza tattica possa trasformarsi in alleanza strategica, lo potrà dire soltanto il tempo. Mi lasci sottolineare, però, che l’alleanza con il Partito democratico ha già prodotto nei 5Stelle delle conseguenze politiche che credo vadano apprezzate. Perché è stato proprio il rapporto con il Pd a far diventare i 5Stelle sempre più europeisti, filo occidentali e filo Nato. È quel rapporto che ha anche influenzato la loro progressiva marcia da movimento a partito politico. Non sono passaggi trascurabili.

In precedenza, lei ha fatto riferimento a due grandi personalità come Mattarella e Draghi. Da più parti, anche se magari con finalità politiche diverse, si punta su Mario Draghi come successore di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica. Altri, invece, sono propensi a un allungamento, sia pur temporaneo, della presidenza Mattarella per permette all’attuale presidente del Consiglio di portare a compimento la realizzazione dei progetti legati al Recovery fund e alla legislatura di finire a scadenza naturale. Come la vede?
Considero sbagliato aprire oggi il dibattito sul prossimo Presidente della Repubblica. In primo luogo perché molto irrispettoso nei confronti del presidente Mattarella. E in secondo luogo, perché parlarne con tanto anticipo può soltanto creare equivoci fastidiosi. Oggi qualsiasi previsione è totalmente priva di fondamento.

Alzando per un attimo lo sguardo fuori dai confini e dalle problematiche nazionali, s’incontra la tragedia afghana. Di fronte alla quale l’Europa si presenta di nuovo in ordine sparso, con il primo ministro austriaco che, in una intervista a La Stampa, afferma un “no” deciso all’accoglienza di profughi afghani. Ma che Europa è questa, senatore Zanda?
L’Europa nell’ultimo anno ha fatto grandi passi avanti con l’approvazione del Pnrr e con la creazione di un debito comune. È però giunto il momento che l’Europa progredisca anche dal punto di vista dell’unità politica. Bisogna affrontare seriamente il tema dell’unanimità del voto nelle istituzioni europee che, sostanzialmente, si trasforma in diritto di veto. E dobbiamo anche affrontare il tema della politica estera e di sicurezza dell’Europa, anche immaginando di poter avviare politiche comuni con un primo nucleo di Paesi. E non con tutti i Ventisette.

In ultimo, vorrei che lei indossasse il camice bianco di medico per definire lo stato di salute del Pd…
Il Pd è un partito di centrosinistra, europeista e occidentale, politicamente sano e leale con il governo Draghi. Una forza politica che ha una presenza qualificata in Parlamento, nelle regioni e nelle città. Negli ultimi anni ha avuto due scissioni molto dolorose, ma grazie a Nicola Zingaretti e a Enrico Letta sta tornando ad essere protagonista della politica italiana.

Avatar photo

Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.