E così la destra, a soli dieci giorni dal voto, ha gettato la maschera. Se da una parte è granitica la certezza che l’Italia sia stata il principale beneficiario di risorse che provengono dal Pnrr, dall’altra Giorgia Meloni, con la frase “è finita la pacchia”, ha provocato un frontale con Bruxelles che ha fatto emergere la vera natura di Fdi. Qualcuno l’aveva derubricata a scivolone elettorale, fino a quando, alla prima vera prova europea si è materializzato il timore di chi immaginava l’esistenza di un conflitto tra questa destra e le istituzioni europee, mettendo sempre più il Paese al rischio di uno scivolamento  euroscettico. Infatti, il voto contrario di FdI e Lega alla risoluzione del Parlamento Europeo che censura il governo ungherese accusato di mettere a rischio i valori dell’Ue, ha confermato un asse non nuovo ma comunque pericoloso.

La plastica raffigurazione di una destra anti-Ue è nell’espressione di Giorgia Meloni: “Ricordo a tutti che Orbàn ha vinto le elezioni, quindi c’è un sistema democratico”. Con questa frase la leader di Fratelli d’Italia dimentica ad esempio che anche il listone fascista arrivò primo nel ’24, quando un socialista, Matteotti, sacrificò la propria vita perché ne aveva denunciato i soprusi. E che, se peschi nella storia, ci sono molti esempi di come si possano vincere le elezioni in modo sporco:  propaganda di Stato, corruzione, negazione della libertà di stampa. Lega e Fdi a Strasburgo hanno scelto ancora Orbàn che ripetutamente viola nel suo paese lo stato di diritto. Si rischia così di mettere l’Italia nelle condizioni di dover pagare un prezzo troppo alto e allo stesso tempo di dar vita a una conflittualità permanente con l’Europa che indebolirebbe il nostro Paese rendendolo ancora più vulnerabile e attaccabile dalla speculazione dei mercati. Il risultato? A pagare le conseguenze più pesanti sarebbero le persone più fragili: lavoratori precari, pensionati ma soprattutto i giovani e chi un lavoro ancora non lo ha. Uno scenario disastroso. Da evitare in ogni modo.