A separarli ci sono una trentina di chilometri, politicamente parlando siamo su due pianeti diversi. Matteo Salvini impegnato a Pontida, per il rituale appuntamento del Carroccio che torna dopo gli anni di pandemia Covid, Enrico Letta è nella vicina Monza strappata a giugno al centrodestra alle amministrative, per incontrare i sindaci Dem.

È la sfida tra Lega e Partito Democratico a una settimana dal cruciale voto del 25 settembre. Un voto atteso dai due leader per ragioni simili e allo stesso tempo opposte: per Letta il tentativo di restare attaccato a Fratelli d’Italia, che negli ultimi sondaggi era dato in ‘fuga’; per Salvini quello di non farsi ‘cannibalizzare’ proprio dalla Meloni, per non perdere il suo ruolo trainante nel centrodestra.

Qui Pontida

Così sul palco di Pontida, la location scelta da Umberto Bossi nei primi anni ’90 per il raduno della vecchia Lega Nord, Salvini prova a serrare i ranghi dei suoi in vista del voto. Il ritorno dopo tre anni sul pratone in provincia di Bergamo serve a Salvini per tornare a parlare al suo popolo, ben presente con circa 40mila persone.

E sul palco Salvini lancia quelli che Roberto Calderoli chiama “i sei comandamenti secondo Matteo”. Si tratta di sei impegni che il segretario del Carroccio fa sottoscrivere a ministri e governatori del partito, le fatidiche promesse elettorali: dentro ci sono lo stop al caro bollette, la riforma dell’autonomia, la flat tax e pace fiscale, Quota 41 per le pensioni, il ripristino dei decreti Sicurezza, una giustizia giusta. E tra le promesse spunta dal palco di Pontida anche l’abolizione del canone Rai.

Una piattaforma politica che potrebbe creare malumori agli alleati Berlusconi e Meloni, in particolare il punto sull’autonomia. Non è un caso che dal palco il governatore del Veneto Luca Zaia evidenzia come “l’autonomia vale anche la messa in discussione di un governo”, annunciando barricate. 

Zaia che nel suo intervento ha più volte rimarcato la necessità di intervenire sul tema, in linea con l’esito del referendum sull’autonomia che fu votato in Veneto nel 2014: “Non ci sono più scuse. Da 50 anni che parliamo di essere ‘paroni (padroni, in dialetto veneto, ndr) in casa nostra’”.

Altri punti di discussione con gli alleati riguarda a sorpresa l’aborto, diventato una battaglia per Giorgia Meloni. Anche qui Salvini si discosta dalle parole dell’alleata, rimarcando come “bisogna proteggere la vita e dare sempre una alternativa alla donna. Ma l’ultima parola spetta sempre e solo alla donna”.

Eppure sempre Salvini prova a spegnere le polemiche interne, promettendo come “all’estero un’Italia con un governo serio, stabile, coerente, sarà molto più rispettata di un’Italia rappresentata da 38 cose diverse. La vediamo uguale su tutto io, Giorgia e Silvio, quasi tutto. E per 5 anni governeremo bene e insieme. Niente cambi di casacca, quello che c’è nel programma è sacro”.

Qui Monza

A poche decine di chilometri di distanza c’è lo sfidante Enrico Letta, in quella Monza strappata al centrodestra pochi mesi fa. Incontrando i sindaci del PD, il segretario sferza subito il raduno leghista. “Oggi con noi Monza è come una piccola capitale dell’Europa. Pontida, con tutto il rispetto per i suoi abitanti, con Salvini è una provincia dell’Ungheria. Con l’Europa o con Orban. Con la democrazia o con la compressione delle libertà personali”, è l’attacco che arriva via social. 

Quindi sul palco di Monza Letta sferza i suoi al massimo impegno in vista del voto, a credere nella rimonta sulla destra: “Non c’è nessun destino che è già scritto, se noi vogliamo che questo destino cambi e noi lo vogliamo”.

Sta a noi cambiare il destino del nostro Paese e fatemelo dire a tutti quelli che mi dicono se mi sono pentito di essere tornato in politica – aggiunge Letta – , io dico no perché ho avuto grande fortuna e la politica mi ha dato solo esperienze positive. La politica ti fa fare solo esperienze positive grazie alla nostra comunità”.

Quindi rivolgendosi a chi si sta recando a Pontida, ricorda che “l’Italia in cui è tutto il partito del Nord contro il partito del Sud, questa Italia non andrà da nessuna parte. Perché l’Italia è una e unita”.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia