Governo nel caos
La riabilitazione di Silvio Berlusconi: da Caimano a principe azzurro
“Se il diavolo ti accarezza vuole l’anima”. E’ il proverbio che sta animando in questi giorni una tormentata ma desideratissima Forza Italia, con il suo leader Silvio Berlusconi ormai passato dallo status repellente di “Caimano” ad ambitissimo partner di governo della sinistra. A menare le danze della riabilitazione per primo è stato il premier Giuseppe Conte che ha lodato l’opposizione “seria” e “costruttiva” di Forza Italia. D’altronde era già iniziata la dolce musica del Berlusconi europeista e liberale che annunciava fiero il sì al Mes in spregio agli accorati “no” sovranisti degli alleati di centro-destra Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Poi è arrivato l’endorsement del già leader della Cgil e segretario Pd Guglielmo Epifani, convinto dall’“anima liberal-democratica” del leader forzista, e che dai banchi di Leu gli ha aperto le porte di un governo comune. Quindi l’abbraccio dell’ex rivale storico, quel Romano Prodi che l’ha sconfitto due volte alle elezioni politiche: «Forza Italia al governo? Nessun tabù».
E l’odiato Berlusconi? «La vecchiaia porta saggezza». Infine è arrivato anche il bacio del più acerrimo nemico, l’Ingegnere Carlo De Benedetti con il quale il duello è stato pure imprenditoriale ed economico, oltre che politico: «Trangugio anche Berlusconi al governo con la sinistra». Insomma, contrordine compagni: il Cavaliere non è più il nemico numero uno, ma un prezioso alleato. L’attuale presidente del Consiglio, adesso sostenuto solo da Il Fatto Quotidiano, sogna i voti di Forza Italia in Parlamento. La maggioranza è in fibrillazione. Il Movimento 5 stelle è balcanizzato e schizofrenico sull’agenda politica. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che ha recentemente incontrato Gianni Letta (altra vicenda-simbolo dello sdoganamento berlusconiano), sta facendo la guerra all’avvocato del popolo, immaginando un governo diverso e logorando l’intesa con il Pd, a Palazzo e alle elezioni regionali. Conte considera Matteo Renzi e la sua Italia Viva degli alleati solo momentanei e inaffidabili, molto depotenziati in caso di ingresso in maggioranza di Forza Italia.
Il Partito Democratico, finora sostanzialmente schiacciato sulle posizioni del premier, ha mostrato i primi segnali di inquietudine. Vedasi le recenti frizioni tra Conte e Dario Franceschini, ministro della Cultura e capodelegazione dem. E alle porte ci sono il voto sul Bilancio, la decisione sul Mes, la battaglia europea sul Recovery Plan e una crisi economica e sociale che solo una maggioranza di governo robusta e coesa può sostenere. Per saldare la baracca ci vuole Forza Italia. E quindi adesso “il governo più a sinistra della storia”, per dirla con la Meloni, chiede aiuto a Berlusconi in una sorta di “C’eravamo tanto odiati” della politica italiana. Abbiamo provato a farci spiegare il sorprendente ed epocale evento dall’accademico e politologo Paolo Pombeni: «In politica nessun nemico è per sempre. Ogni tanto la Storia chiama, l’emergenza provocata dal Coronavirus chiede alle forze politiche di unirsi per affrontare la crisi e generare una forte solidarietà nazionale».
E Berlusconi sta rispondendo alla chiamata della Storia? «Sembra di sì, probabilmente ha capito che il bipolarismo fondato sui reciproci insulti come “caimano” e “bolscevichi”, e che lui stesso ha alimentato, non serviva». Ma lei ce la vede Forza Italia al governo con la sinistra? «Spero che lui scelga di servire il Paese e che non faccia come con la Bicamerale, quando dopo l’intesa con D’Alema uscì dal tavolo. Adesso ci vuole uno spirito costituente, ce lo chiedono le difficili sfide a venire». E chi sembra sottrarsi, come Salvini e Meloni? «La lega dovrebbe liberarsi di Salvini, invece la Meloni interpreta una vetero-destra. Vogliono le elezioni illudendosi di acquisire il potere, ma non credo abbiano soluzioni. E sappiano che rischiano di vincere sulle macerie». Ma cosa ne pensa Forza Italia di questa “chiamata della Storia”? Sembra ci siano più idee in proposito. I parlamentari forzisti del Nord, ostaggi del consenso della Lega da quelle parti, non lascerebbero mai il centro-destra a trazione salviniana per aderire a un nuovo governo: «All’uninominale poi non passerebbe nessuno di noi».
Qualcuno è più possibilista, aspettando la svolta di Berlusconi. Come un big azzurro secondo il quale l’ex premier è «il catalizzatore dei nuovi equilibri» e lo strumento per inaugurare una «nuova fase costituente» e fare «le grandi riforme europee». Ma con quale schema, quale governo? Una deputata azzurra risponde sibillina: «Chiaramente questa maggioranza e Conte non bastano più. Ci vuole un altro tipo di presidente del Consiglio». Un tipo alla Mario Draghi? «Il nome si fa da solo». Dichiara al Riformista di non voler andare in maggioranza Maurizio Gasparri. Per lui i recenti elogi della sinistra a Berlusconi, definito dal senatore «lo zio d’Italia» e «la versione laica di San Francesco», sono «tardivi» e no, «al governo insieme non si va». Gasparri voterebbe solo un «monocolore Berlusconi», sognando la caduta di Conte e il voto. E i colleghi forzisti che invece in maggioranza ci vogliono andare? «Non sono miei colleghi». Ma se lui chiude e Berlusconi tace, gli aspiranti alleati ci sperano. Certamente la nomina nel collegio di Agcom tramite votazione al Senato di Laura Aria, già dirigente del Mise gradita a Fi, non ha danneggiato i rapporti con il pezzo preferito dell’opposizione. Così come è stata gradita dalla maggioranza di governo l’astensione di Forza Italia in Commissione giustizia della Camera sul disegno di legge contro l’omo-transfobia proposto dal democratico Alessandro Zan, mentre gli alleati leghisti e di Fratelli d’Italia votavano contro inferociti.
Probabilmente il corteggiamento non si tradurrà in matrimonio, Berlusconi non farà il colpo di teatro e il centro-destra non si romperà, con annesse drammatiche ricadute nelle regioni in cui si governa o corre insieme. Ma intanto Forza Italia, così desiderata, rivive una nuova giovinezza e acquista una forte centralità politica. È una posizione “win\win”, chiosa uno storico senatore azzurro: «Ci cercano dalla maggioranza e dall’opposizione». Ieri sera sono state rinviate le votazioni delle commissioni perché le forze della maggioranza non hanno trovato la quadra, tra risse interne al Movimento 5 stelle e dispetti ai renziani. Pesa anche la vicenda di Autostrade, non ancora conclusa: il calo dei pedaggi, l’intervento statale di Cassa depositi e prestiti, l’uscita di scena di Atlantia, la quotazione in Borsa e l’arrivo dei nuovi soci sono eventi finora solo annunciati, sebbene in pompa magna e con lo scalpo dei Benetton in bella mostra. Qualcuno definisce il problema «solo rinviato». Tra questi Giorgia Meloni che parla di «percorso solo immaginato e ancora tutto da fare», possibilmente quando ci sarà «un altro governo». Riecco lo spettro del ribaltone, delle larghe intese. Il protagonista neanche a dirlo sarebbe Silvio Berlusconi, l’ex Caimano diventato il principe azzurro.
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