Anche la qualità della risposta sanitaria ha parametri che permettono di valutare se ai cittadini siano realmente garantiti i livelli essenziali di assistenza (Lea). «In un anno e mezzo, migliorando l’organizzazione e programmando ospedali monoblocco, spariranno le liste d’attesa chirurgiche», ha chiarito il professore Franco Corcione, “principe del bisturi” in Italia e all’estero. I Lea controllano al microscopio la gamba della sanità campana che zoppica da anni: il Territorio. Problema che Raffaele Calabrò conosce nei minimi dettagli perché, da ex assessore regionale alla Sanità, ha lasciato un’impronta importante nel Policlinico Vanvitelli come direttore della cattedra di cardiologia. Oggi è Rettore del Campus Biomedico, lavora a Roma, ma scommette ancora sulla sanità della sua regione di origine.

«Il Territorio deve essere rigirato come un calzino per garantire ai cittadini un’assistenza efficiente e non ospedalocentrica – ammonisce Calabrò – Pensare di essere pronti dopo l’estate mi sembra un’ipotesi eccessivamente ottimistica, ma l’assistenza sul territorio può avere una nuova faccia entro fine anno. Mi sembra realistico, considerando le prime mosse da settembre». Intanto, a Napoli, ci sono dieci distretti che però sono chiusi il sabato e la domenica. E una voce autorevole come Silvestro Scotti, presidente dell’Ordine dei medici partenopei e segretario nazionale della Fimmg, ritiene che l’organizzazione dei distretti sia superata perché lontana dalle esigenze dei cittadini. «Credo che Scotti abbia ragione – commenta Calabrò – Lo schema organizzativo dei distretti è da rivedere perché quelle strutture vivono da decenni con canoni superati. I distretti hanno beneficiato di scarsi investimenti e credo che il futuro dell’assistenza sia da realizzare puntando sul medico di medicina generale, ossia sul medico di famiglia».

La Campania si è mossa prima della pandemia da Coronavirus sottoscrivendo un accordo con le sigle sindacali dei medici di medicina generale che presto lavoreranno in poliambulatori aperti ogni giorno dalle 8 alle 20: si tratta delle Associazioni funzionali territoriali (Aft). «Conosco quest’organizzazione e credo sia la scelta giusta per ridurre la visione ospedalocentrica dell’assistenza – osserva Calabrò – Al medico di famiglia è affidato un rapporto personale con il paziente, un feeling in cui il collega è chiamato a fare da ponte non solo per l’assistenza territoriale destinata a una costante crescita, ma anche per i rapporti che il suo assistito potrebbe avere con le strutture ospedaliere». Smartphone, computer, tablet. Viviamo nel mondo delle app che influenzano anche il lavoro del medico. «I vecchi distretti somigliano in parte all’organizzazione ospedaliera perché quelle dieci strutture operano in un dato posto in attesa degli assistiti. No, così non va più – aggiunge Calabrò – perché l’assistenza deve trasferirsi a casa di chi ha bisogno di cure. I poliambulatori con medici e infermieri saranno aperti tutti i giorni per 12 ore con un medico che, con l’ausilio del computer e dopo aver visitato l’assistito, potrà garantirgli cure e assistenza domiciliare garantita da colleghi medici, infermieri, riabilitatori. Sarà la sanità a raggiungere i pazienti anziani e i cronici».

La Campania paga ancora un conto pesante per la migrazione sanitaria rimborsando ogni anno centinaia di milioni a centri del Nord. Abbiamo strutture di eccellenza e buoni specialisti, ma i cittadini sono convinti che dalla Toscana in su si lavori meglio. «Stiamo vivendo un momento eccezionale e particolare perché la pandemia da Covid ha messo in evidenza tutti i difetti dell’organizzazione ospedalocentrica. Abbiamo il tempo e i finanziamenti necessari – conclude Calabrò – per realizzare gli investimenti che servono, ma bisogna lavorare su una progettualità nuova utilizzando bene i fondi del Mes. Per questo la riorganizzazione del Territorio non può essere regionale ma nazionale. Le reti dei poliambulatori, la telemedicina e la rete telematica devono tenere in costante collegamento i medici di medicina generale con i distretti e con gli ospedali. Serve un’operazione di “unità nazionale” che il governo deve realizzare con una trattativa Stato-Regioni e uguale per tutta l’Italia. Se si comincia presto, la Campania sarà pronta per fine anno».