Il cittadino italiano sa bene di vivere in un Paese in cui l’apparato statale è strutturalmente inefficiente ma che soprattutto è, da sempre, molto duro, e talvolta violento, con i soggetti deboli, mentre è accondiscendente con i poteri forti. In primo luogo è molto accondiscendente con se stesso: omissioni, reticenze, menzogne, coperture di ogni tipo hanno sempre caratterizzato la storia difficile della nostra Repubblica. In ogni stato democratico non bisognerebbe avere il timore di ammettere e rimediare agli errori ma ciò mai è stato fatto per i fatti di sangue impuniti che hanno coinvolto, direttamente o indirettamente, apparati dello Stato, delle sue forze armate e della sua polizia.

Colpisce dunque vedere che, per una volta, una clamorosa illegalità non sia dissimulata o negata, ma venga addirittura rivendicata: è una pessima novità che avviene nel 2020, governo di centro sinistra, e riguarda la violenta vicenda dei respingimenti dei migranti alla frontiera orientale terrestre del Friuli Venezia Giulia di cui ho scritto sul Riformista del 27 giugno. Quei respingimenti illegali continuano senza posa (coinvolgendo finora centinaia di rifugiati provenienti da alcune delle peggiori aree di crisi del mondo come l’Afghanistan, l’Iraq, la Siria) ma nella lugubre vicenda si è recentemente inserita una novità alquanto particolare: rispondendo ad una interrogazione urgente dell’on. Riccardo Magi, in data 26 luglio, il Governo ha dato risposte di eccezionale gravità perché profondamente contrastanti con principi di diritto interno ed europeo in tema di libertà e diritti umani fondamentali.

In particolare il Governo ha dichiarato che le riammissioni dall’Italia alla Slovenia a carico dei cittadini stranieri si attuano «anche qualora sia manifestata l’intenzione di chiedere protezione internazionale». Una affermazione sconcertante perché riconosce che viene impedito di fatto alle persone di presentare domanda di asilo in Italia e che le stesse vengono respinte alla frontiera violando le norme interne e il diritto dell’Unione Europea, in special modo il Regolamento Dublino III il quale statuisce che gli Stati membri esaminano qualsiasi domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo, compreso alla frontiera e nelle zone di transito. Che il Regolamento sia logoro e incapace di regolare alcunché e che vada urgentemente cambiato è fatto noto a tutti, ma finché sarà vigente e non sarà sostituto da un altro Regolamento più efficiente nonché rispettoso dei diritti delle persone, gli Stati hanno l’obbligo di rispettare le normative dell’Unione e non possono farne carta straccia.

Metto in guardia il lettore da non pensare che ciò di cui stiamo parlando sia una riammissione tra Italia e Slovenia di richiedenti asilo attraverso una applicazione errata (ma almeno un’applicazione la cui validità sarebbe sindacabile in giudizio) del citato Regolamento Dublino. Nulla di tutto ciò, ma qualcosa di molto diverso e perverso che viene illustrato nella lettera aperta che ASGI ha inviato al Governo italiano e all’UNHCR, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, il 4 agosto (lettera aperta che segue quella del 5 giugno, rimasta senza risposta): lo straniero entra in Italia, viene fermato, identificato e anche denunciato per il reato di ingresso irregolare, viene (forse) persino informato della possibilità di chiedere asilo. Ma se decide di chiedere asilo non succede nulla; nessuna registrazione di tale domanda e nessuna conseguente procedura. La persona viene prelevata con la forza caricata su furgoni in dotazione alla Polizia di Stato e riconsegnata alla polizia slovena in modo “informale”, ovvero senza alcun provvedimento che la persona abbia in mano che motivi, in fatto in diritto, questa riammissione (o forse dovremmo più correttamente chiamarla deportazione non avvenendo in esecuzione di alcun provvedimento?).

La polizia slovena non riammette un richiedente asilo che dovrebbe trattare come tale bensì riprende solo un migrante irregolare; nel fulmineo passaggio tra Italia e Slovenia il potenziale richiedente asilo non è più tale, non lo è mai stato e nulla documenterà il suo vano tentativo se non la sua voce di soggetto debole, privo di diritti e che da lì a poco sarà spedito a suon di botte fuori dall’Unione Europea tramite una catena di respingimenti tra Slovenia, Croazia e Bosnia documentata da tutti i rapporti internazionali. Tutti i passaggi tra i diversi Paesi coinvolti hanno le medesime caratteristiche: impossibilità di chiedere asilo e riammissioni senza alcun provvedimento (ovvero senza lasciare traccia). Ma oltre che a Berlino forse esiste un giudice anche a Lubiana e l’esistenza della pratica dei respingimenti a catena è stata recentemente riconosciuta dal Tribunale Amministrativo Sloveno che il 16 luglio ha sancito l’illegittimità della riammissione dalla Slovenia alla Croazia e poi dalla Croazia alla Bosnia di un richiedente asilo. Il giudice sloveno ha stabilito che la polizia non ha informato l’interessato del suo diritto a presentare domanda di protezione internazionale, in chiara violazione del diritto nazionale e dell’Ue, mentre la riammissione ha anche violato il divieto di espulsione collettiva perché al richiedente non è stato notificato un ordine di allontanamento, né gli è stata fornita l’assistenza legale e linguistica prima della sua riammissione in Croazia.

Per quanto riguarda il respingimento a catena, la sentenza ha riconosciuto l’esistenza di «rapporti sufficientemente affidabili sui possibili rischi dal punto di vista dell’articolo 3 della Cedu» sia in Croazia, dove il richiedente è stato inizialmente allontanato, sia in Bosnia-Erzegovina, dove è stato successivamente respinto. Nella lettera aperta al Governo italiano ASGI chiede di porre fine con immediatezza alle prassi che permettono le riammissioni illegittime alla frontiera italo slovena e di rispettare il diritto d’asilo degli stranieri che si presentano alla frontiera attuando il vigente diritto europeo. All’Unhcr nella sua qualità di agenzia delle Nazioni unite che dovrebbe vigilare sul rispetto del diritto d’asilo, ASGI chiede di attuare un monitoraggio diretto della frontiera terrestre che finora non c’è stato e di assumere un’aperta posizione pubblica sulla nota del Governo italiano poiché l’opinione pubblica, le istituzioni e le associazioni hanno il diritto di conoscere la posizione dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati su fatti così gravi che si svolgono non in Libia o in altri paesi in guerra, ma niente meno che nel territorio dell’Unione europea.

Cosa spinge l’attuale governo italiano di centro sinistra a macchiarsi di tanto fango al confine orientale terrestre di Trieste? Non certo una situazione di emergenza (che pure, non giustificando le riammissioni, permetterebbe almeno di comprendere meglio gli eventi) poiché gli arrivi dei migranti al confine terrestre sono stati meno di 10mila nel 2019 e nei primi mesi del 2020 sono stati persino inferiori a quelli dello stesso periodo del 2019 con numeri contenuti e assolutamente gestibili (poche centinaia di persone al mese). In questa storia opaca Salvini, che a nord est aveva tanto urlato ma con poco esito, non c’entra nulla e neppure può essere invocata (seppure priva di alcun fondamento etico) la difficoltà di uscire da una situazione preesistente e compromessa come quella libica.

I respingimenti dei richiedenti asilo oggetto di questa breve analisi sono dunque una decisione nuova elaborata ed assunta dal Governo di centro sinistra in carica; una decisione che l’illumina l’esistenza di una ideologia politica (lascio ai sociologici stabilire se auto prodotta o mutuata da altri) che si basa sullo sprezzo del Diritto e sulla indifferenza verso i diritti fondamentali di quei soggetti deboli verso i quali si è da sempre feroci e violenti quando e quanto si vuole. Per tutte queste ragioni considero ciò che sta avvenendo con i respingimenti dei richiedenti asilo al confine terrestre la più grave vicenda politica che investe la sinistra italiana (tuttora silente) e che illumina ciò che rimane della sua identità.