Contro la guerra, dalla parte della pace, dei diritti, dell’uguaglianza, della solidarietà, del libero accesso alla cultura, della giustizia sociale, dei valori democratici. In difesa dei più indifesi. È l’Arci (1.015 soci; 4.401 circoli; 105 comitati territoriali) della quale Walter Massa è presidente nazionale. L’Arci è tra le organizzazioni promotrici della mobilitazione nazionale contro la conversione in legge del Decreto Cutro. #NONSIAMODACCORDO. L’appuntamento è oggi a Roma.

Qual è il messaggio della mobilitazione contro il dl Cutro?
Il messaggio che lanciamo con questa mobilitazione unitaria è che non c’è alcuna emergenza da affrontare sul tema migranti. Non c’è per i numeri prima di tutto. Il nostro Paese ha affrontato in questi ultimi dieci anni numeri più significativi eppure nessuno si era mai sognato di dichiarare lo stato di emergenza. L’emergenza che esiste semmai è legata alle molteplici incapacità di questo Governo nell’affrontare la delicata fase sociale ed economica che sta alimentando una sempre più marcata diffidenza nei nostri confronti sul piano internazionale. Buttarla in caciara sull’immigrazione, tornare alla stagione dei decreti sicurezza è un metodo che abbiamo purtroppo già visto e non è certamente un intervento nell’interesse del Paese né servirà ad affrontare i problemi aperti .

Dalla guerra alle Ong alla dichiarazione dello stato d’emergenza nazionale da parte del governo ed ora la determinazione ad abolire la protezione speciale ai migranti. Il “securistarimo” impera.
Mi sia concessa una premessa; non solo questa maggioranza a trazione “destra destra” è in continuità con il razzismo di stampo leghista, ma addirittura con la scelta dell’abolizione della protezione speciale introdotta dalla Ministra Lamorgese nel governo Conte II, possiamo dirci che nel duello Meloni -Salvini vince il secondo! Con buona pace del mito della leader forte che non guarda in faccia nessuno… Siamo stati catapultati improvvisamente alla fine del 2018 in meno di 48 ore. E dunque non impera nella maggioranza di governo solo il securitarismo ma una idea dell’umanità in cui “noi” (occidentali) siamo superiori a “loro” (resto del mondo). Un’idea istituzionale di razzismo che, per dirla con Primo Levi, è una forma di fascismo. E in tutto questo la domanda di fondo rimane la stessa da almeno vent’anni: cosa ha prodotto e come è stata utile al Paese questa rincorsa continua alla paura e alla caccia all’immigrato che arriva? Cosa è cambiato in bene per il Paese con le modifiche al Testo Unico sull’immigrazione introdotte con il decreto Bossi Fini ancora in vigore? Stiamo tutte e tutti meglio facendo morire nel Mediterraneo ogni anno migliaia di bambini, donne e uomini? Io aspetto sempre una risposta nel merito.

La sponda sud del Mediterraneo sta implodendo. Dopo la Libia, ora la Tunisia. Ma l’Italia e l’Europa continuano a cercare, finanziare, armare autocrati e gendarmi che facciano il lavoro sporco – i respingimenti – al posto nostro.
L’Italia – con il benestare e il sostegno dell’Europa occorre dire – ha scelto la via dell’esternalizzazione delle frontiere. Una scelta, parte di una strategia più complessiva in un contesto geoglobale in fortissima fibrillazione, che ha coinvolto progressisti e conservatori in Europa, oserei dire in modo quasi simbiotico. Davanti ad una crisi economica e sociale, ad un progressivo indebolimento dell’Europa si è scelto di fare quello che fanno le grandi potenze mondiali: comprarsi i paesi più in difficoltà per imporre una sorta di influenza economica e politica. L’Europa sta facendo da tempo la stessa cosa con un obiettivo in più: non far varcare fisicamente alle persone i propri confini, di mare e di terra, come invece avviene per soldi e merci. In più, non avendo risposte adeguate se non quella di continuare a seguire il potere finanziario, impoverendo progressivamente ceti medi e più poveri (lo dicono tutti gli indicatori internazionali) cosa c’è di meglio se non individuare un perfetto capro espiatorio come i migranti che vogliono arrivare in Europa? Perfetto perché da sempre il sotto inteso della guerra ai e tra i poveri è che se noi non ci dovessimo occupare di tutte queste persone, “gli italiani” o “gli europei” starebbero meglio. Quindi via a leggi speciali, lager di tutto punto, roulette russa in mare, tutto fatto fuori dai confini dell’Europa (non sia mai, noi siamo la culla della civiltà e del diritto) a fronte dei peggiori accordi con Paesi e milizie che chiedono solo soldi e armi per fare la guerra a qualcun altro. Vedi Libia, vedi Tunisia ma vedi anche Turchia. Con i soldi dell’Europa hanno continuato a sterminare i curdi nel silenzio più totale.

L’Arci rivendica i valori dell’antifascismo di fronte al revisionismo storico – Fosse Ardeatine, Via Rasella etc – portato avanti dalla destra al governo. Vi sentite “demodé”?
Non c’è nulla di démodé mi perdoni. Soprattutto oggi dove assistiamo a pestaggi davanti alle scuole da parte di gruppi organizzati dal partito della presidente del consiglio e a dichiarazioni spaventose di un ministro dell’interno all’indomani della strage di Cutro. O ancora ai tentativi di revisionismo culturale attraverso letture della storia a scuola totalmente inconciliabili con la realtà. Il fascismo è già stato condannato dalla storia; noi siamo qui a ricordarlo, a difendere la Costituzione Repubblicana che ha una sola origine – la lotta partigiana – e a ricordare a tutte e tutti che il 25 aprile è divisivo solo se sei fascista o ti richiami a quel modo di vivere o essere lì. Messaggio, tra gli altri, che vorremmo ricordare anche al ministro della cultura che vede “Comunisti” da tutte le parti e che organizza un convegno intitolato “Pensare l’immaginario italiano”. Un titolo per il quale ti aspetti l’arrivo nel finale di D’Annunzio con il suo Ansaldo S.V.A.. Vede, se non ci fosse da piangere, sarebbe un copione perfetto per l’Istituto Luce. Del 1930.

La guerra è entrata nel secondo anno. Armare gli aggrediti è il solo modo per arrivare a una pace giusta? E la politica?
C’è una questione che mi ha colpito in questo anno di guerra; accorgermi che le nuove generazioni non hanno sostanzialmente mai visto agire la politica e la diplomazia in un contesto di guerra. Hanno invece sempre visto governi e partiti usare le armi come risoluzione dei conflitti, in certi casi inventandosi di sana piante scuse per bombardare qualcuno. Parlo dell’Europa ma non solo. Pensiamo al conflitto nei Balcani, al Kosovo, all’Iraq, all’Afghanistan e ora all’Ucraina solo per citare i più conosciuti nel nostro continente. C’è, sentendo loro, una sorta di giustificazione all’invio di armi che parte dall’unico presupposto che se mi aggredisci devo difendermi. Concetto sacrosanto per carità ma è solo un aspetto in un contesto come quello di un conflitto. E allora uno si domanda: come facciamo a far smettere questa carneficina? Oltre a tutelare chi si difende? Ma nulla. Per molte e molti di loro può smettere solo attraverso l’annientamento di una delle due parti. Come in un film tra buoni e cattivi. Perché appunto la politica e la diplomazia sono completamente sparite in questi ultimi vent’anni, mettendo da una parte in evidenza la loro incapacità ma al tempo stesso lasciando un vuoto pericolosissimo. Quel vuoto proviamo a riempirlo come movimento pacifista e continueremo a farlo con ostinata caparbietà. Il ritorno alla società delle nazioni è dietro l’angolo e, come ci hanno insegnato da piccoli, quando due litigano, occorre dividerli non passare il coltello ad uno dei due.

Per aver sostenuto queste idee, il movimento pacifista, di cui l’Arci è parte attiva da sempre, è stato tacciato di essere “filo Putin”.
Per chi crede nella politica e nella diplomazia, questa è un’accusa fuori luogo, che non sta né in cielo né in terra. È una cosa infamante. Chi ha imparato ad apprezzare, a vivere, a credere nella politica e nella diplomazia, quello è l’impegno di tutti coloro che oggi non possono né vogliono rimanere a guardare un conflitto che peraltro rischia di estendersi, che provoca vittime da entrambe le parti, che manda a morire migliaia e migliaia di giovani. In tali contesti il nostro compito, insisto su questo, è dividere i contendenti e non di armarli ulteriormente.

Da più di un anno, l’attenzione della comunità internazionale è concentrata pressoché totalmente sulla guerra d’Ucraina. Ma nel mondo sono in corso almeno altre quaranta guerre “ignorate”. Siamo alla gerarchia degli orrori?
Papa Francesco che è sempre il più illuminato su questo altri temi che riguardano l’umanità e il suo futuro. Da tempo è in atto, per dirla con le parole di Bergoglio, “una terza guerra mondiale a pezzi”. È in atto una nuova riorganizzazione del sistema globale in cui le potenze principali – Cina, Stati Uniti e Russia in primis – stanno alimentando in giro per il mondo conflitti e non solo essi, in un tentativo di occupare militarmente ed economicamente nuovi spazi. Questa cosa può essere comprensibile per gli analisti di geopolitica, ma non può essere tollerabile da parte dell’opinione pubblica mondiale, se questa occupazione di spazi nel mondo è fatta a suon di morti, di cannoni, di missili, di armamenti di ogni genere, foraggiando peraltro un’industria che andrebbe invece fortemente ridimensionata in un contesto globale.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.