Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) prevede una serie di interventi in materia di giustizia tra i quali il reclutamento a tempo determinato di 16.500 unità destinate al rafforzamento dell’ufficio per il processo sia in materia civile sia in materia penale. Si tratta di una misura destinata a modificare l’assetto organizzativo degli uffici giudiziari italiani attraverso un rinnovato vigore dell’ufficio per il processo che è chiamato a cambiare le sorti del concreto esercizio della giurisdizione: uno staff che affianca il giudice con l’obiettivo di ridurre l’arretrato civile e penale e abbattere i tempi della risposta di giustizia.

È un progetto ambizioso che, tra l’altro, risponde a una specifica richiesta della Commissione europea volta a ottenere la riduzione del 40% dei tempi di durata dei procedimenti civili, in ogni grado di giudizio, e del 25% di quelli dei procedimenti penali. Una sfida ambiziosa che è stata recepita con grande determinazione da parte del governo Draghi e che sarà destinata a modificare le sorti della giustizia in Italia. Il 6 agosto scorso è stato indetto un primo concorso pubblico per reclutare personale con il profilo di addetto all’ufficio per il processo dal quale emerge che, con riferimento al distretto di Corte di appello di Napoli, saranno 956 le unità da distribuire poi nei vari Tribunali, primi fra tutti quelli di Napoli e di Napoli Nord che, unitamente agli altri, saranno chiamati a una previsione operativa da inserire nei progetti tabellari (per esemplificare, l’ufficio per il processo è previsto nelle tabelle del Tribunale di Napoli per tutte le sezioni penali, comprese Riesame e Prevenzione, e per le sezioni civili con una prima indicazione del personale amministrativo e dei altri addetti all’ufficio stesso).

Anche in Campania, dunque, ci si prepara per quella che può essere definita una vera e propria sfida culturale che, se recepita fino in fondo, è destinata a modificare la tradizionale visione dell’esercizio della giurisdizione. Cambierà il modo di lavorare dei magistrati, che non saranno più isolati ma chiamati a operare in staff con risorse che hanno lo specifico compito di supportare il giudice nella ricerca giurisprudenziale, nella redazione di bozze della decisione da assumere e, più in generale, nella efficace organizzazione del lavoro. Lanciata la sfida, però, è tutto pronto?
Nel tempo, le prime esperienze collegate all’ufficio per il processo hanno dato buoni risultati in materia civile, mentre la scommessa è (quasi) tutta riferibile al processo penale al quale si deve guardare con grande attenzione perché si tratta di innovare lo stesso, a cominciare dalla digitalizzazione e dall’avvio del processo penale telematico che sarà di supporto fondamentale per i magistrati e le cancellerie. All’orizzonte si intravede il disegno organizzativo che è destinato a rivoluzionare il pianeta giustizia italiano e certamente – accanto alla riforma del processo penale che è quasi definitivamente approvata, a quella del processo civile che vedrà rafforzato il modello conciliativo e di mediazione, alla semplificazione dei riti, alla possibile revisione della geografia giudiziaria per un riequilibrio delle risorse sull’intero territorio nazionale (a svantaggio degli uffici del Sud, oggi gravati da uno sproporzionato carico di lavoro) – va aggiunta l’accelerazione che ha subito l’effettiva entrata in vigore e operatività dell’ufficio per il processo.
Insomma, si apre una stagione nuova che guarda con convinta decisione anche alle esperienze già effettuate con successo in vari Paesi d’Europa (primi fra tutti quelli di matrice anglosassone che da tempo hanno introdotto la figura dei judicial assistants) ma forse tutto il pacchetto normativo non basta perché quella che deve cambiare è la mentalità.
Deve cambiare, come detto, quella visione isolata del magistrato, oggi chiamato a lavorare in uno staff composto non solo da esperti di diritto ma anche da esperti in economia e informatica in vista di una migliore organizzazione anche dal punto di vista statistico e dei risultati. Ma questo non basta perché il nuovo approccio culturale impone un rinnovato dialogo tra i dirigenti degli uffici ed i magistrati e ancora un nuovo dialogo con l’avvocatura, da sempre e per sempre motore trainante davanti alle innovazioni legislative e nelle aule di giustizia.
Spero proprio che stavolta l’occasione non vada sprecata, anzi sono certo che in Campania questa sfida potrà essere raccolta con entusiasmo e passione da tutti gli attori del mondo della giustizia per dimostrare ancora un volta, qualora ce ne fosse bisogno, che il Mezzogiorno sa essere innovatore e protagonista, al di là della previsione di una Commissione per la giustizia nel Sud che non dovrebbe limitarsi a prevedere buone pratiche per gli uffici giudiziari da Roma in giù ma che, una volta per tutte e dati alla mano, dovrebbe riconoscere che gli uffici giudiziari meridionali, oberatissimi e puntualmente sprovvisti delle necessarie risorse, hanno sempre contribuito a un effettivo ed efficace esercizio della giurisdizione tanto in campo civile quanto in campo penale.