«L’amnistia potrebbe aiutare a ridurre l’attuale carico penale». A dirlo è il gip del Tribunale di Cagliari Cristina Ornano, presidente nazionale di Area ed esponente della ‘minoranza’ di Magistratura democratica. Area, inizialmente un raggruppamento delle varie correnti progressiste, è adesso un soggetto autonomo all’interno della magistratura associata. Md, infatti, all’ultimo congresso di Firenze ha deciso di proseguire per la sua strada.

Presidente Ornano, il tema dell’amnistia è stato oggetto di dibattito al congresso di Md. Può illustrarci la vostra posizione?
Noi siamo da sempre dei sostenitori del diritto penale minimo.

Ci sono troppi reati?
Sì. Lo strumento penale deve essere “l’extrema ratio” per perseguire comportamenti che recano offesa a valori costituzionalmente rilevanti, ad iniziare dalla tutela della persona e dei beni di comunità.

Ed invece?
Il problema nasce già con il codice Rocco che era ed è caratterizzato da una forte espansione del diritto penale in funzione del controllo sociale e del dissenso, ma anche il legislatore repubblicano non si è sottratto a questa deriva. La conseguenza è quella di un diritto penale ipertrofico.

Quali sono le conseguenze di questo diritto penale ipertrofico?
Come ho già detto, un carico penale nei tribunali elevatissimo.

E una volta per “alleggerirlo” si utilizzava l’amnistia…
Infatti.

L’ultima amnistia risale al 1990.
Dopo venne varato solo un indulto che non ha risolto, tranne quello del momentaneo sovraffollamento delle carceri, i problemi strutturali del sistema giustizia.

Come mai non si riesce a trovare una soluzione definitiva?
È sempre mancata una visione di sistema e una vera progettualità.

Adesso l’Europa ci chiede di fare riforme effettivamente incisive.
C’è una questione di performance. L’abbattimento del 25 per cento dei tempi per ottenere i fondi del Recovery. Ma il tema è più complesso.

Ad esempio?
Oltre ai fondi non bisogna dimenticare che se un processo dura troppo è un problema serio. Non è possibile aspettare dieci anni per una sentenza.

Se lo dice un giudice…
Guardi che io sono consapevole dei problemi che ci possono essere quando una persona ha un carico pendente. Si rischia la vittimizzazione. L’imputato, ma anche la vittima, ha diritto ad avere dallo Stato un risposta in tempi ragionevoli.

Proposte per ridurre i tempi dei processi?
Oltre ovviamente alle necessarie riforme del processo penale, occorre una riperimetrazione del diritto penale. Depenalizzare i reati contravvenzionali o delitti minori non credo possa determinare una caduta del livello di sicurezza del Paese. Penso a gran parte della materia oggi definita con decreto penale, penso a reati di parte speciale, a diverse contravvenzioni del Tulps, all’occupazione di suolo demaniale. C’è poi un tema che occorre affrontare con coraggio, senza pregiudizi e con serietà che è quello della depenalizzazione delle droghe leggere: significherebbe anche infliggere un colpo durissimo alla criminalità organizzata.

E l’amnistia?
Per tutti i reati di minore gravità. Penso ai delitti contro il patrimonio perseguibili a querela, furti nei supermercati o di energia elettrica. Spesso sono comportamenti dovuti all’indigenza ma che insieme fanno numero nei Tribunali.

Si è riaperto il dibattito sull’abuso d’ufficio. Gli amministratori pubblici chiedono che venga abolito.
L’abuso d’ufficio non ha formulazione ‘felice’. Dà luogo a incertezze interpretative. Però è un reato che non può essere eliminato. Serve sicuramente una migliore riscrittura della norma se la maggior parte delle persone che vanno a processo il più delle volte sono poi assolte. Ma, comunque, la legislazione non semplice non aiuta. Come non aiuta una burocrazia poco efficiente e l’assenza di controlli interni alla Pa.

Un primo giudizio sulla Riforma Cartabia?
Non c’è un pregiudizio negativo anche se è stato forse dato troppo peso all’elaborazione da parte dell’Accademia. Con l’avvocatura avevamo trovato all’epoca delle soluzioni condivise che potevano essere riproposte.

I due anni per l’appello?
È impossibile. Adesso sono nettamente superiori.

Premesso che la Riforma sarà oggetto di discussione in Aula, cosa la preoccupa maggiormente?
Da gip penso ai processi per citazione diretta che si vogliono aumentare. Ora vengono fissati, nella migliore delle ipotesi, nel 2024. Senza contare poi che il 60 per cento finisce con una assoluzione. Quindi tutti processi che non dovevano essere istruiti. Occorre pensare piuttosto a un meccanismo di filtro affidato al giudice per tutti i processi, anche per quelli a citazione diretta, che limiti il numero di processi che arrivano a dibattimento, ma la riforma non pare andare in questa direzione.

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Giornalista professionista, romano, scrive di giustizia e carcere