Social spin
Cinismo volutamente spinto oltre ogni limite
Meloni, Giambruno e il libero arbitrio degli influencer (Lucarelli e Bizzarri) schiavi dell’algoritmo

Luca Bizzarri e Selvaggia Lucarelli sono due degli influencer più seguiti e bravi in questo mestiere. I loro account su X hanno da tempo sforato e di molto il muro del milione di follower. Entrambi sfidano il conformismo con una overdose di cinismo che non sempre è giustificabile o comprensibile. È successo in passato centinaia di volte ed è successo ancora in questi ultimi giorni quando i due hanno pubblicato ripetutamente opinioni e post ironici sulla vicenda Meloni-Giambruno.
Una scelta dettata dalla conoscenza del funzionamento dell’algoritmo delle piattaforme, progettato per essere cinico e tribale. Senza alcuna differenza. La natura algoritmica dei social è priva della pietas, non eleva la dignità dell’essere umano a valore morale, non si ferma davanti a nulla, al cospetto di una tragedia, di una guerra e della morte.
Anzi, il cinismo è volutamente spinto oltre ogni limite, perché riesce ad alimentare la bulimia con la quale l’algoritmo crea e consuma quei contenuti che “aumentano – come scrive Max Fisher in La macchina del caos – al massimo l’attività online degli utenti”. È il cinismo che ci tiene connessi più del dovuto e del necessario, a renderci in parte dipendenti dalle piattaforme e dallo smartphone, che in media controlliamo poco più di 150 volte ogni giorno, festivi compresi.
Questa dinamica è ben nota anche agli influencer, che in modo diverso la sfruttano per aumentare la loro audience social, in quanto vale la pena rammentare costoro non sono dilettanti allo sbaraglio, perditempo a zonzo su questa o quella piattaforma, ma l’influencer è “un professionista che grazie ai propri numeri produce valore (in termini di visibilità), e quel valore deve essere portato all’attenzione e riconosciuto dalle istituzioni ed equamente remunerato dal mercato”. Questa è la definizione chiara ed esaustiva che della professione ne dà Assoinfluncer, l’associazione italiana di categoria.
Per catturare la visibilità, merce sempre più rara per tutti, brand e influencer, e per la ricerca del like quale metro di validazione sociale del proprio mercato, Selvaggia Lucarelli e Luca Bizzarri hanno postato in due giorni sui loro account X poco meno di venti contenuti, ben 13 lei e altri 8 lui, che hanno contribuito a raddoppiare la media dell’engagement, l’indicatore principale del coinvolgimento dei follower, dei rispettivi account, risalito dallo 0,37% all’0,80% per la giornalista e dallo 0,25% allo 0.48% per l’attore-presentatore genovese.
In particolare, a spingere a fondo il pedale del cinismo salva-audience è stata proprio la Lucarelli che ha utilizzato la fine della relazione per scagliarsi contro le “amiche di sinistra”, ripostando le parole di Elena Bonetti, e contro “le finte progressiste di sinistra”, per censurare Alessandra Moretti, colpevoli a suo dire per aver manifestato sui social la loro vicinanza e solidarietà femminile alla Meloni.
Ma a differenza dei noi comuni e anonimi follower, agli influencer invece è data la possibilità di svincolarsi a volte dal determinismo della visibilità, di esercitare il libero arbitrio dal cinismo dell’algoritmo che ci confina nelle bolle cognitive e la crisi della relazione di coppia, così come il modo in cui si è conclusa, tra Giorgia Meloni e Andrea Giambruno poteva essere anche l’occasione per Bizzarri e Lucarelli di fare silenzio ed esercitare quel libero arbitrio che distingue oggi l’uomo e la donna dalle macchine, l’intelligenza artificiale da quella umana. La scelta del silenzio, che ha comunque un costo negativo per i protagonisti, può rappresentare la prima norma valoriale dell’algoretica, esempio virtuoso di come aiutare la macchina a imparare dall’intelligenza umana, a sperimentare il lato sano della fallibilità dell’essere.
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