Giorgia Meloni finalmente si è decisa a incontrare i superstiti del naufragio di Cutro, sono passati appena 20 giorni dal momento della tragedia, ma si sa che la politica italiana su queste cose è un po’ lenta. Ci vuole il tempo per capire cosa è successo, perché è successo, quando, dove, come. Poi bisogna pensare a eventuali contromisure. Convocare i consiglieri. Chiedere, appunto, consiglio. Poi vagliare i consigli e cercare di capire qual è quello giusto. In fondo sono bastate meno di tre settimane per decidersi ad avere un incontro diretto. Ed è successo che, nella fretta, ci si è dimenticati di chiedere ai consiglieri quali fossero le cose più sagge da dire.

E così Giorgia Meloni è stata costretta, per far presto, a presentarsi un po’ impreparata. E a improvvisare. Ed è successo anche, purtroppo, che gli sono scappate le stesse frasi sconclusionate che erano scappate al suo ministro Piantedosi nelle ore immediatamente successive alla strage. Meloni ha chiesto ai parenti delle vittime e ai superstiti di dare conto della loro imprudenza, e gli ha spiegato che mettersi in mare in tante persone con una barca piccola e le onde grandi è molto pericoloso. In definitiva se il naufragio c’è stato è colpa loro. Se stavano a casa non succedeva niente. Uno dei presenti – riferisce chi era nella sala dell’incontro – ha risposto che sì, loro si rendono conto dei pericoli, ma i pericoli che corrono restando in Afghanistan, in Somalia, in Siria sono molto più grandi.

Probabilmente Giorgia Meloni questo lo ignora, altrimenti non avrebbe pronunciato una frase spericolata come quella sulla colpa delle vittime. Dare alle famiglie delle vittime la colpa di un naufragio e di una strage dovuta in modo del tutto evidente alle colpe dello Stato italiano, che non ha prestato soccorso mentre era largamente in grado di prestare soccorso, è una cosa difficile da commentare. Però qualche sobrio commento serve. Né Giorgia Meloni, né il ministro Piantedosi, né il ministro Salvini sono riusciti a pronunciare mezza parola di spiegazione sui mancati soccorsi. Non solo nella tragedia di Cutro, avvenuta a 100 metri dalla spiaggia e dopo ore di allarme, ma neanche nel naufragio di domenica scorsa al largo della Libia, avvenuto dopo 30 ore dall’allarme e nella totale indifferenza certamente della Libia ma anche dell’Italia. Niente, solo silenzio, è un’osservazione banale e un po’ stupida sul fatto che erano gli scafisti a guidare la barca naufragata e dunque che la colpa è solo degli scafisti.

Giorgia Meloni più volte in questi giorni ha ribadito che lei ha la coscienza a posto e che nessuno può pensare che il governo italiano abbia fatto apposta a lasciar morire tanti profughi. Già, infatti nessuno lo pensa. Il problema è che il governo in carica e i suoi ministri, e anche la premier, che certamente sono tutte persone molto perbene, non sono però assolutamente in grado di svolgere compiti che in alcune circostanze diventano assai complicati. In questo caso il compito era quello di impedire due naufragi, di evitare più di 100 morti, e poi di evitare di dare la colpa ai naufragi. Diciamo che la Meloni e i suoi ministri non hanno avuto proprio un comportamento da statisti. Una volta c’erano i ministri democristiani, che magari avevano la coscienza meno limpida, però erano parecchio, parecchio più bravi.

 

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.