Il difensore senegalese del Napoli
“Mi hanno chiamato scimmia di merda”, Koulibaly e gli insulti razzisti durante Fiorentina-Napoli

Kalidou Koulibaly non ci sta. Non è la prima volta e si presume non sarà l’ultima che il difensore senegalese del Napoli denuncia insulti razzisti ricevuti su un campo da calcio. “‘Scimmia di merda. Mi hanno chiamato così – ha scritto il difensore africano sui suoi profili social – Questi soggetti non c’entrano con lo sport. Vanno identificati e tenuti fuori dagli stadi: per sempre”.
L’episodio ieri durante Fiorentina-Napoli, settima gara di campionato di Serie A 2021/2022. Gli Azzurri hanno vinto, sono a punteggio pieno, dopo sette vittorie consecutive. Da soli in testa. Goal decisivi di Lozano e Rrahmani. E per tutta la partiti alcuni tifosi viola hanno insultato Kalidou Koulibaly, André-Frank Zambo Anguissa e Victor Osimhen. Il senegalese, il camerunense, il nigeriano. Spina dorsale e valori aggiunti e decisivi di una squadra che in campionato finora non ha sbagliato nulla.
Se ne sono accorti tutti. Non solo “buuu” ma anche insulti. L’arbitro non ha interrotto la gara. Un addetto alle pubbliche relazioni del Napoli ha dovuto trattenere il difensore senegalese dopo gli insulti a Koulibaly. “Hai detto scimmia a me? Vieni qui a dirmelo in faccia!”, la reazione del calciatore che sui social sta ricevendo numerosi messaggi di solidarietà. Questo il brutto finale ripreso e documentato anche dalle telecamere di Dazn. “Continuate, continuate pure”, avevano invece risposto sorridendo il centrocampista e l’attaccante. Sui social Osimhen ha quindi commentato con un post: “Parla con i tuoi figli, i tuoi genitori, fai capire loro quanto sia disgustoso odiare un individuo per il colore della sua pelle”. Così come Anguissa ha condiviso uno sfondo nero con un post: “È triste vedere che nel 2021 ci sono ancora persone capaci di agire in questo modo! Per quel che mi riguarda, puoi insultarmi e chiamarmi scimmia, questo non influenzerà l’uomo che sono, perché so chi sono, so da dove vengo, sono un uomo di colore e sono orgoglioso di esserlo, e questo non cambierà mai. No al razzismo”.
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Immediate le scuse della Fiorentina con il direttore generale Joe Barone che è andato a chiedere scusa a Koulibaly e alla società avversaria definendo l’episodio “inaccettabile”. Il commento sui social network dello scrittore napoletano, tifosissimo, Maurizio De Giovanni: “Scimmia. Lo hanno chiamato scimmia. Questo superuomo. Questo ragazzo intelligente e gentile, sorridente e profondo, solidale e amorevole. Scimmia. Questo campione assoluto. E poi di nuovo il Vesuvio che ci deve lavare col fuoco, il sapone e il colera. Di nuovo. Scimmia. Certe volte vincere sul campo dà veramente più gusto. Però non basta. Che altro vi serve, uomini da niente che gestite il calcio, per chiudere uno stadio, per dare una penalizzazione? Scimmia. Venite a dircelo in faccia, vigliacchi infami. Noi scimmie siamo pronti. Per favore: nessuno dica più che è meglio ignorarli. Non è più tempo per questo”.
La Procura Figc ha aperto un’indagine sul caso degli insulti: “In relazione alle espressioni di matrice razzista rivolte da tifosi della Fiorentina al calciatore del Napoli Kalidou Koulibaly, la Procura Federale, acquisiti i referti dei propri ispettori e ascoltato il calciatore, ha aperto un’indagine. Nelle prossime ore saranno compiuti ulteriori atti istruttori acquisendo gli atti pertinenti della Questura di Firenze”.
Chi è Kalidou Koulibaly
“Sono cresciuto in Francia in una città che si chiama Saint-Dié, dove c’erano tanti immigrati: senegalesi, marocchini, turchi. I miei genitori venivano dal Senegal. In realtà mio padre è arrivato per primo, faceva il taglialegna. Sì, un vero taglialegna francese. Esistono veramente. Prima di trovare quel lavoro era andato a Parigi senza documenti e aveva lavorato in una fabbrica tessile. Sette giorni su sette, anche il sabato e la domenica. Lo ha fatto per cinque anni in modo da mettere da parte abbastanza soldi per portare mia madre in Francia. E poi il piccolo Kalidou è nato a Saint-Dié – ha raccontato in una lunga testimonianza a The Players Tribune – Quando cresci in un ambiente del genere sono tutti tuoi fratelli. Eravamo neri, bianchi, arabi, africani, musulmani, cristiani, sì ma eravamo tutti francesi. Avevamo tutti fame, quindi si andava a mangiare tutti cucina turca, o venivano tutti a casa mia a mangiare piatti senegalesi”.
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