Lacrime, silenzio e dolore per onorare il più grande di tutti i tempi
Napoli è zona Maradona, la lunga veglia della città: “E’ come perdere due mamme”
Difficile raccontare una giornata del genere. Dalle 17.30, minuto più, minuto meno, Napoli si è stretta intorno al suo Dio del calcio. Diego Armando Maradona non c’è più. Se ne è andato poche settimane dopo aver compiuto 60 anni. Prima l’intervenuto al cervello a inizio novembre, poi le due settimane in convalescenza nella sua casa di Buenos Aires.
Il 25 novembre è un giorno buio. Il più grande giocatore di tutti i tempi è volato via e, nonostante la pandemia, la zona rossa e uno dei periodi più difficili degli ultimi decenni, i napoletani hanno voluto ricordarlo silenziosamente in alcuni luoghi simbolo della città.
Erano in tanti ai Quartieri Spagnoli dove c’è il murales simbolo del campione argentino e dove è stato allestito un museo a cielo aperto con tutti i suoi vessilli. Maradona continuerà a vivere nella memoria di un popolo che grazie a lui è entrato nella storia del calcio e non solo. Una simbiosi senza eguali. Più forte di tutto, anche del coronavirus.
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Erano in tanti anche fuori la curva B dello stadio San Paolo, il tempio di Fuorigrotta che presto porterà il nome di Diego Armando Maradona. Sulle cancellate che precedono l’ingresso sono stati appoggiati lumini, sciarpe, foto, cartelloni. C’è chi è riuscito ad entrare all’interno, sulle scalinate, per esporre una gigantografia con la scritta “The King“.
Una veglia durata ora e intervallata da qualche timido coro perché a vincere è stato il silenzio e il rispetto per una scomparsa che pesa come un macigno. “E’ come se oggi fossero morte due mie mamme” prova a rendere l’idea un signore sulla sessantina. Un tifoso aggiunge: “Ho la sua faccia tatuata sul braccio con un suo autografo sotto. Ho aspettato ore per farmi firmare il tatuaggio ma alla fine riuscii ad avvicinarlo quando venne qui”.
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Anche nel Bronx di San Giovanni a Teduccio, periferia est della città, sono stati esposti lumini e uno striscione con la scritta “Ciao Diego” alla base del gigantesco murales che anni fa lo street artist Jorit dedicò a Maradona. Ci sono meno persone ma il via vai è continuo. Arrivi, ti fermi pochi secondi per scattare una foto, un selfie, per poi andare via.
C’è Antonio insieme alla madre. Avrà circa 6-7 anni. E’ sincero nel dire che conosce poco, pochissimo, Maradona. Ne ha sentito parlare tanto però. Ha visto su Youtube i suoi gol. “Purtroppo è stato tanto tempo fa ma so che era forte, era il più grande di tutti”.
C’è una volante della polizia che passa nella zona. Sono le 11 di sera. Gli agenti invitano con garbo, e probabilmente buonsenso, le persone a rientrare nelle proprie abitazioni per le restrizioni in vigore. “Faccio giusto una foto e torniamo in auto per andare a casa” commenta la mamma di Antonio.
E’ morto “uno di famiglia”, le cui gesta sono state e saranno tramandate di generazione in generazione. Il piccolo Antonio ne è un esempio.
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