“Io non mi vendo, io sono napoletano”. Erano quasi le due di notte del 26 febbraio 2013. Maradona era arrivato a Napoli nel pomeriggio del giorno precedente. La sera era stato a cena nel ristorante di Giuseppe Bruscolotti, il difensore azzurro che gli cedette la fascia di capitano e che lo aveva chiamato 10 maggio ’87 in onore del primo scudetto.

Sul lungomare di via Partenope, all’esterno dell’hotel Royal Continental, c’erano un centinaio di tifosi che quella sera avevano seguito tutti gli spostamenti del Pibe de Oro. Lo acclamavano con cori da stadio, cori contro la Juventus che a fine anni ’80 lo corteggiò invano.

Diego era stanco ma si affacciò ugualmente al balcone della sua stanza al quinto piano. Poche parole, quelle giuste per infiammare i presenti: “Io non mi vendo, io sono napoletano”. Poi il delirio.

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 Gli ultimi istanti di vita di Maradona, Diego morto nel sonno: “Depresso e angosciato”

DIEGO ARMANDO MARADONA E’ MORTO – Il ‘pibe de oro’, 60 anni lo scorso 30 ottobre, è deceduto in seguito ad un arresto cardiorespiratorio mentre si trovava nella casa di Tigres (provincia di Buenos Aires): a darne notizia per primo è stato il giornale argentino Clarin. L’inevitabile “è accaduto”, scrive il Clarin, che parla di schiaffo “emotivo e nazionale” e di “triste realtà”.

Soltanto lo scorso 11 novembre era stato dimesso dalla clinica Los Olivos di Buenos Aires. Era stato trasferito in un appartamento preso in affitto non distante dalla clinica dov’è stato operato. Le condizioni dell’ex campione argentino erano state definite buone. Soltanto pochi giorni dopo il suo compleanno era stato infatti operato al cervello dopo che una Tac aveva evidenziato un ematoma subdurale, che aveva generato un coagulo in una regione del cervello.

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NAPOLI PIANGE DIEGO – È un dolore strano e paradossale, la mia prima reazione è stata piangere, come quando muore uno di famiglia”. Napoli piange la scomparsa di Diego Armando Maradona, il Pibe de oro morto nel pomeriggio italiano in seguito ad un arresto cardiocircolatorio mentre si trovava nella casa di Tigres (provincia di Buenos Aires).

È un popolo affranto quello napoletano, che si è riversato in strada, dai Quartieri Spagnoli allo Stadio San Paolo, per mostrare la sua vicinanza al suo ‘Dio’, il calciatore argentino che in maglia azzurra ha vinto due Scudetti, una Coppa Uefa, una Coppa Italia e una Supercoppa italiana.

“L’unica cosa che possiamo fare è ricordarlo e apprezzarlo come calciatore, imparando dagli sbagli che fatto come uomo e che lo hanno portato a questo triste finale di vita”, racconta a Il Riformista un giovane tifoso del Napoli, che parla di “dolore strano e paradossale” non avendo mai visto sul campo da gioco Maradona.

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Giornalista professionista, nato a Napoli il 28 luglio 1987, ho iniziato a scrivere di sport prima di passare, dal 2015, a occuparmi principalmente di cronaca. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa, ho frequentato la scuola di giornalismo e, nel frattempo, collaborato con diverse testate. Dopo le esperienze a Sky Sport e Mediaset, sono passato a Retenews24 e poi a VocediNapoli.it. Dall'ottobre del 2019 collaboro con la redazione del Riformista.