La selva di norme e regolamenti, le indagini e i tempi lunghi della giustizia, l’atteggiamento difensivo di amministratori e dirigenti pubblici di fronte al rischio di incorrere nel reato di abuso d’ufficio. Le cause della paralisi burocratica in cui si trova la Campania, come il resto del Paese, sono varie. Ma quanto ci costa? Uno studio della Cgia di Mestre ha analizzato i costi della malaburocrazia, scoprendo che «il cattivo funzionamento del nostro settore pubblico grava sul sistema produttivo italiano per quasi 100 miliardi di euro all’anno». Sono cifre che confermano quanto opprimente sia il peso della burocrazia nel nostro Paese e quanto rilevanti siano, in termini di maggiori oneri, le conseguenze dei ritardi con cui agisce la pubblica amministrazione.

A Napoli, in particolare, il cattivo funzionamento della pubblica amministrazione ha un costo annuo di 1,97 miliardi di euro. Il capoluogo campano è quarto nella classifica nazionale, dopo Milano che è risultata la provincia in cui il costo annuo è più alto (5,77 miliardi di euro), Roma con 5,37 miliardi di euro e Torino con 2,43 miliardi. Le realtà imprenditoriali meno soffocate dalla burocrazia sono invece quelle di Enna (87 milioni di euro), Vibo Valentia (82 milioni di euro) e Isernia (56 milioni di euro). Dallo studio della Cgia sono emerse anche delle proposte che spostano la lente sulla necessità di interventi a livello normativo: servono meno leggi ma scritte in modo più chiaro, che cancellino le sovrapposizioni esistenti tra i vari livelli di governo, che snelliscano la burocrazia e impongano un monitoraggio periodico sugli effetti che queste producono, soprattutto in campo economico.

Secondo lo studio Cgia, inoltre, è necessario premiare dirigenti e funzionari che si comportano correttamente e rendono più efficienti le proprie aree di influenza, ed è ancor più necessario intervenire per semplificare le procedure e rendere più rigidi i controlli successivi, nonché depenalizzare il reato di abuso di ufficio perché dissuade troppi dirigenti ad apporre la firma, rallentando enormemente lo smaltimento delle pratiche nell’edilizia, nell’urbanistica e nel settore degli appalti. Il condizionamento che la giustizia, con le sue indagini e i suoi tempi lunghi, può esercitare sull’azione e sull’efficienza della pubblica amministrazione è evidente in moltissime storie, e in relazione alle tematiche più varie, dai grandi appalti ai piccoli interventi pubblici.

A Positano, perla della costiera amalfitana e luogo d’attenzione a livello internazionale, il sindaco Michele De Lucia racconta: «Da anni si protrae un’indagine che riguarda una questione sul vincolo cimiteriale e finché l’inchiesta non sarà definita, in una direzione o in un’altra, noi avremo l’istruttoria di questa pratica bloccata. Ed ecco che si verificano ritardi nell’azione della pubblica amministrazione. Perché quando si assume un orientamento e sopraggiunge un’indagine a metterlo in discussione, l’amministrazione a quel punto si ferma e resta in attesa di una risposta della giustizia, una risposta che purtroppo arriva dopo anni causando enormi ritardi. Bisognerebbe, quindi, innanzitutto far sì che questo tipo di indagini si chiuda in tre mesi, quattro al massimo, altrimenti si rischia di rendere inefficace il lavoro di un’amministrazione. In Campania c’è un immobilismo legato al fatto che il 60 per cento dei problemi giudiziari riguardano questioni edilizie».

Avatar photo

Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).